Capitolo nove

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In balia degli eventi finora giunti, io e mio fratello stiamo affidando tutto a due completi sconosciuti. Due ragazzi, anzi, per quest'epoca uomini, che sembrano conoscere virtù come l'onore, il sacrificio e la lealtà.

Sembrano non temere nulla, neanche la morte stessa. Theodote, comandate delle truppe di Corinto e Alexandre, mercenario al servizio dei corinziani. Sono due persone completamente diverse tra loro, eppure, malgrado i loro caratteri opposti e contrastanti, riescono ad andare d'accordo e l'uno si fida ciecamente dell'altro.

Sono uniti da una lealtà che, ahimè, nel nostro mondo è quasi andata perduta completamente.

Intanto io me ne sto sdraiata su un telo, appena fuori dal porto di Corinto. Ormai siamo lontani dalla chora anche se riesco ancora a percepire quel forte odore di fango e terra, che ha invaso le mie narici il giorno in cui mi risvegliai qui al fianco del mio gemello e, probabilmente, esso rimarrà nella mia memoria olfattiva per il resto della mia vita. Siamo giunti al porto proprio questa mattina e, come da promessa, è stato Alexander a portarmi fin qui. Theodote e Ares avevano fretta di arrivare prima che il marinaio cedesse la nave a qualche mercante, così loro due si misero in cammino prima del previsto. Il porto non distava molto dall'accampamento militare ma è stato complesso arrivare sino a qui nelle mie attuali condizioni. Ho rischiato di morire e, per la prima volta in tutta la mia vita, ho riflettuto sul senso della vita e quanto essa possa essere fugace.

«La triremi tra poco sarà pronta per salpare, aspettiamo gli ultimi schiavi» Mi spiega Theodote, chinandosi verso di me.

Il mio corpo è ancora molto debole, riesco a muovermi e parlare ma non riesco a camminare a lungo con le mie sole forze.

«Alexandre ti ha salvata giusto in tempo. Il morso di quel serpente può essere fatale» Dice allungando una mano verso il mio viso, accarezzandolo dolcemente.

Abbozzo un sorriso al soldato, sono molto grata anche a lui, se non avesse intrapreso una lunga camminata in piena notte, non avremmo mai avuto questa nave per poter partire verso la Focide per chiedere aiuto all'oracolo di Delfi.

«Theodote, il marinaio che si occupa della triremi vuole parlare con te» Lo richiama bruscamente Alexandre.

Quest'ultimo si avvicina mentre Theodote si allontana verso il marinaio, che è più giovane di quanto io potessi immaginare, non so avevo come l'impressione che potesse essere come il buon vecchio Poseidone.

«Come ti senti?» Mi domanda con premura il mercenario.

«Ho trascorso giorni migliori. Ma toglimi una curiosità. Come hai estratto il veleno dalla mia gamba?»

«L'ho succhiato via» Risponde scrollando le spalle, come se fosse la cosa più normale che posse accadere.

«Ho visto un anziano signore prima che...»

«Hai visto un uomo con la barba lunga e molto anziano?» Mi interrompe bruscamente, sembrando preoccupato.

«Sì. È grave?» Chiedo ingenuamente.

«Non era umano, qualcuno che non appartiene a questo mondo vi sta spiando»

Non credo che mi abituerò mai a tutta questa misticità tipica degli antichi. Nonostante io sia qui, catapultata millenni indietro nel tempo, continuo ad essere scettica riguardo l'esistenza degli Dei, nel mio mondo definiti pagani.

Per tutta la mia vita li ho studiati come esseri mitologici, inesistenti, personaggi eroici di storie mitiche e leggendarie che mi cullavano prima di addormentarmi. Ora invece ho sfiorato mani di guerrieri reali e ho visto con i miei occhi esseri che fino a due giorni fa erano solo un dipinto su di una vecchia anfora.

Black age- l'era degli Dei e degli eroiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora