Capitolo sette

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Se c'è una cosa che ho sempre odiato, quello è il campeggio, fin da bambina repellevo l'idea di dormire all'interno di soffocanti tende, insieme ad altre persone. Ricordo che quando avevo otto anni a mio padre venne in mente di farmi provare l'ebrezza di essere una scout, precisamente una coccinella, ero convinta dovessimo vendere biscotti; invece, mi ritrovai in mezzo ai boschi senza bagni e senza docce, fu un vero trauma che durò non più di ventiquattro ore perché la coordinatrice dovette chiamare mio padre per farmi venire a prendere.

Per me stare accampati qui è il peggiore dei miei incubi, sono sola, all'interno di una tenda circondata da soldati che chissà da quanto tempo non vedono una donna. Non mi sento affatto al sicuro, inoltre ho un impellente bisogno di fare la pipì.

«Come va sorellina?»

Ares si fa spazio all'interno della tenda, sarà molto più complicato riuscire a chiudere occhi qui.

«Continuo a domandarmi quando finirà questo incubo» Rispondo al mio gemello che, intuendo che ho bisogno di essere confortata, si sdraia al mio fianco, avvolgendomi tra le sue braccia.

«Finirà, te lo prometto» Mi rassicura.

«E se le cose andassero male? Se non riuscissimo a tornare a casa? Cosa accadrebbe? Papà non saprà mai cosa ci è accaduto, ne sarebbe distrutto...» In preda al panico perdo quasi la capacità di respirare. Non mi ero mai sentita così persa in tutta la mia vita, così spaventata da un futuro che non riesco più a focalizzare bene.

«Niente andrà male sorellina. In ogni caso ricordati che ci saremo l'uno per l'altro, io mi prenderò cura di te e tu di me»

«Come potremmo mai abituarci ad una vita così?» Chiedo ad Ares, mentre i miei occhi vengono offuscati da quelle lacrime che trattengo con forza da quando siamo finiti qui, in quest'epoca così lontana e remota.

«Ti ricordi quando mamma ci ha abbandonati? Ricordi quanto è stato difficile abituarsi ad una vita diversa, autonoma? Dovremmo fare lo stesso qui, me l'hai detto tu ieri di non dare di matto» Mi rammenta baciando la punta del mio naso, come faceva quand'era piccolo e papà e mamma lo obbligavano a darmi un bacio per le foto.

«Devo fare la pipì» Confesso ridacchiando e piangendo allo stesso tempo.

«Falla, ti coprirò le spalle» Mi assicura facendomi l'occhiolino.

Io e lui dobbiamo essere una squadra, un solo spirito in due corpi, dobbiamo rimanere uniti altrimenti potremmo rimanere bloccati qui per il resto delle nostre vite e la sola idea mi uccide dentro.

***

«Attento alle spalle!»

Il sole non è ancora alto in cielo, forse neanche il gallo si è svegliato, ma è evidente che qui sta succedendo qualcosa, presa dallo spavento delle urla provenienti dal campo, sobbalzo fuori dalla mia tenda, svegliando anche Ares, il quale invece dormiva profondamente.

«Forse stanno attaccando il campo» Gli urlo contro terrorizzata, guardandomi freneticamente attorno, alla ricerca di Theodote o Alexandre.

«Che succede?»

Mio fratello finalmente reagisce svegliandosi, raggiungendomi sulla soglia della tenda dalla quale non esco del tutto, rimanendo al margine di essa, mentre cerco disperatamente quei due.

«Combatti come fanciulla, Theodote!» La voce è chiaramente quella di Alexandre, ma non sembra in prenda al panico o arrabbiato.

«Mi stavo solo riscaldando» Risponde l'amico, con altrettanta tranquillità.

Sporgo maggiormente il collo per guardare meglio al di là della tenda e, non appena intravedo le due figure, mi rendo conto che stavano solamente lottando amichevolmente tra loro.

Black age- l'era degli Dei e degli eroiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora