4. Il Raccolto

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Al mattino seguente, mi sveglio tra l’odore del caffè e di brioche appena sfornate. Jackson dal salone mi invita ad andare ad assaggiare quelle prelibatezze, ma resto per qualche minuto sull’orlo del letto a pensare. Non facevo colazione con qualcuno da quando mia madre se n’è andata, forse nemmeno allora considerando che non riusciva neppure ad alzarsi dal letto. La verità è che dopo ieri sera mi sento finalmente capita da qualcuno e mi fa paura, da quando ho avuto questa enorme perdita nessuno è riuscito a comprendermi mai sul serio. Certo ho la mia migliore amica Murph e quegli imbranati di Jeremy e Bellamy, ma spesso cercano di strapparmi un sorriso piuttosto che ascoltare i miei sfoghi. Bellamy avrebbe potuto capirmi, ma il suo dolore è stato del tutto improvviso, ha perso i genitori in un incidente, mentre io ho perso mia madre a poco a poco continuando sempre a illudermi e sperare. Eppure ora non mi resta nemmeno la speranza, solo un gran vuoto e la consapevolezza di non essere più una ragazza di sedici anni simile ai miei amici, solo una finta adolescente che indossa maglie oversize vintage, ma che ha la mente di una trentenne. Jackson mi è invece sembrato così simile a me, ieri ho visto nei suoi occhi quel dolore, quella voglia di esserci per chi ha passato ciò che hai passato in prima persona, come un faro in mezzo al mare in tempesta che salva una nave. Ieri è stato il mio faro e spero che lo resti ancora per molto.

Dopo aver finalmente compreso l’importanza di avere qualcuno di così speciale nella mia vita, mi dirigo in salone per fare colazione, ma non mostro il mio affetto, non sono solita farlo e mi mette in imbarazzo.

-Non possiamo permetterci tutto ciò, questo posto sta andando a pezzi- dico rimanendo distaccata e prendendo il piatto con le brioche per rimetterle al loro posto prima di sprecarle.

Jackson sfoggia il suo solito sorriso a trentadue denti e prende il piatto dalle mie mani per rimetterlo a tavola dicendo -Da oggi possiamo permetterci tutto, hanno trovato migliaia di scorte aldilà del lago, poco più lontano di dove mi avete trovato. Gli altri sono già partiti, ma tu dormivi ancora come un ghiro, non ho osato svegliarti-

Faccio salti di gioia e lo abbraccio, è la notizia migliore che mi abbiano dato finora. Mentre sono racchiusa tra le braccia di Jackson noto che ha una maglia familiare, la maglia che Bellamy aveva lasciato qui anni fa dopo una festa a base di alcol, poiché non voleva farlo sentire ai suoi.

-Bellamy si arrabbierà un sacco per quella- dico distaccandomi dall’abbraccio per poi ridere e indicare la t-shirt.

-Non sapevo fosse sua, non ho altro da mettere- mi risponde lui abbassando lo sguardo per riguardarla.

-C’è un negozio qui accanto per i giorni seguenti, ad ogni modo tranquillo, sta molto meglio a te- gli dico ridendo.

Mi ringrazia e ci guardiamo dritti negli occhi per un minuto intenso, il più lungo della mia vita. Capisco di aver rovinato il mio intento di non dimostrargli affetto e rovino il momento dicendogli frettolosamente che è ora di raggiungere gli altri, Jackson è un bravo ragazzo, ma non sono ancora pronta a legarmi a qualcuno, forse non ho ancora superato la rottura con Noah.

Ci dirigiamo dagli altri e notiamo che sono tutti occupati a raccogliere nuove scorte da ogni albero e da ogni orto, anche i supermarket qui sono ancora pieni.

-Per quale motivo non siamo mai venuti da questa parte del lago?- chiedo non riuscendo a darmi spiegazioni valide.

-Perché voi spocchiosi del lato ovest non venite mai qui, se non per raccattare forestieri- mi risponde una ragazza dalla carnagione scura che spunta da dietro ad un pero insieme a Noah ed Emma, indicando Jackson, essendo a lui rivolto il riferimento.

-Lei è Kyla, è un’amica che ho conosciuto durante il viaggio in città, siamo venuti qui assieme ad Emma par dare una mano, se non dispiace- mi dice Noah avvicinandosi per presentarmi la nuova arrivata.

-Certo, c’è sempre bisogno di aiuto- dico fingendo, in realtà non credo che Kyla sia solo una sua amica, ma non posso mostrargli la mia gelosia ora che è finita.

Continuiamo per ore a raccogliere ogni tipo di scorta, lasciandone piccole quantità proporzionate ai pochi abitanti del lato est del lago. Per tutto il raccolto ribollo di gelosia, Noah mi ha fatto del male, ma la verità è che lo amo ancora e so che se dovesse ancora provare anche solo un pizzico di risentimento sarei tentata dal tornarci assieme e mi odio per questo. La verità è che finiamo per amare chi ci ferisce e ci fa star male perché lo vediamo come un qualcosa di impossibile, di proibito e amiamo fare cose proibite , ci fa sentire imponenti e speciali. Ci sentiamo dire sin da bambini “questo non puoi ancora farlo” o semplicemente “questo potrai saperlo da adulto” e amare, solo amare, riesce a farci sentire ancora più che adulti. Amare ci fa sentire pieni, ci fa credere di aver raggiunto la pienezza, la perfezione, ma è nell’amare che si vedono le nostre enormi imperfezioni.

Finiamo di raccogliere le scorte e ci sediamo sotto gli immensi alberi per riposare. Jackson prende delle birre, me ne passa una e mi siedo accanto a lui, mi dispiace non avergli chiesto cosa avesse passato per capirmi così tanto l’altra sera, per cui provo a domandarglielo.

-Non ho perso mia madre, ma mio padre ci ha abbandonati pochi anni fa. Da allora mia madre è caduta in depressione, non fa altro che bere e non posso dire con certezza che non abbia fatto anche uso di qualche sostanza stupefacente. So com’è vedere un genitore star male, a volte non ricorda nemmeno il mio nome, ho provato tante volte a fare qualcosa per aiutarla, ma ha toccato il fondo, non credo nemmeno si sia chiesta perché non sono a casa- mi spiega posando la sua birra vicino le radici dell’albero e togliendo il berretto grigio, che aveva anche quando lo conoscemmo, per mostrarsi meglio.

Gli mostro il mio dispiacere e lo abbraccio ricordandogli che da ora non siamo più soli, poiché ci saremo l’uno per l’altra.

-Tranquilla, quando torneremo a casa non ci sarà più nulla, niente dolore, partirò e vedrò il mondo intero- mi dice distaccandosi frettolosamente dall’abbraccio per non far notare le sue lacrime che asciuga in fretta.

-Hai un posto in più? Potrei venire con te- gli propongo sorridendo.

Annuisce sorridendomi a sua volta e in fretta ci perdiamo nuovamente in uno sguardo intenso, simile a quello di stamattina. Di nuovo la nostra conversazione viene interrotta dopo che sento il pianto poco rumoroso di Murph che è sotto un albero da sola, mi avvicino per chiederle cosa sia successo e il suo pianto diventa all’improvviso più rumoroso.

-Non riesco ad innamorarmi di nessuno, credo di essere sbagliata. Jeremy mi sembrava quello giusto, stavo per baciarlo, ma non ci sono riuscita. Non capisco cosa non vada in me, prima credevo fosse per il fatto che ho creduto troppo in mio padre ogni volta che mi prometteva che ci sarebbe stato, che mi avrebbe ascoltata o in mia madre che ha promesso più volte di non andarsene e poi l’ha fatto. Pensavo che questo credere un tempo costantemente agli altri, mi avrebbe fatto smettere di credere all’amore e in generale a qualunque cosa, ma ora capisco che è solo un mio problema- mi dice mentre continua a piangere e ad attorcigliare tra le mani l’orlo del suo vestito a fiori per il troppo stress.

-Non sei sbagliata, hai solo tanto dolore. Jeremy non doveva per forza essere quello giusto, non dovevi fartelo piacere. Non è andata e non puoi darti alcuna colpa per questo, non hai bisogno di qualcuno per essere chi sei e lo sai. Non è ciò che abbiamo passato a descriverci, ma il mondo in cui affrontiamo ciò che ci accade. Arriverà un giorno qualcuno e capirà la potenza che sei Murph Carter e tu capirai quel qualcuno, vi troverete e capirai che non sei tu quella sbagliata, ma questa vita che ci incasina e in cui sei immersa. Non hai ricevuto il dovuto amore dai tuoi genitori, ma un giorno tornerà tutto indietro, posso giurartelo- le dico facendole allontanare le mani dal suo abito per farle ascoltare al meglio il discorso.

Mi abbraccia e mi ringrazia, nei suoi occhi torna nuovamente la speranza, riesce sempre a passare da uno stato d’animo all’altro, a volte credo sia un qualcosa di reale, altre volte invece penso le venga naturale, ha da sempre dovuto abituarsi ai contraccolpi della vita e alle promesse non mantenute e ha creato attorno a se uno scudo per non lasciar intravedere il suo immenso dolore.

Jeremy è un bravo ragazzo, ma nella sua vita non ha mai dovuto affrontare grossi problemi, i suoi genitori sono degli avvocati ma nonostante il lavoro provano ad esserci sempre per lui, si amano alla follia e hanno trasmesso al figlio un’autentica gentilezza e simpatia, oltre ai comuni capelli rossi e le lentiggini solite nella sua famiglia. Magari un giorno si ritroveranno, ma Jeremy ora deve maturare e lasciar andare il suo piccolo mondo spensierato.

Mi allontano da Murph e da tutti gli altri per ammirare tutti gli alberi vuoti, spogli dei loro frutti. Non so per quanto potranno durare queste scorte, ma considerando che provengono dagli alberi e dagli orti, non presenti nel nostro lato di città, probabilmente molto. Mentre osservo il nostro faticoso e splendido lavoro, mi si avvicina Noah.

-Siamo un team grandioso- mi dice mentre pulisce le sue mani con un tovagliolo dopo aver raccolto un ultimo frutto.

-Già, siamo una squadra fantastica- gli rispondo.

-Intendevo noi due, da sempre lavoriamo bene assieme- mi si rivolge così, dimostrandosi dispiaciuto per non aver colto ciò che voleva intendere.

-Non lo siamo da tempo- non è quello che volevo davvero dirgli, ma so che tornare assieme a lui mi distruggerebbe.

-Possiamo esserlo di nuovo- mi propone.

-Hai una nuova amica ora a quanto pare- gli dico facendogli notare la mia gelosia.

-Hai frainteso, mi manchi, sono stato un coglione lo so, dovevo esserci e voglio esserci- non posso credere a ciò che mi dice, non devo farlo, me lo sono ripromessa.

-Non farmi questo- gli dico per poi voltarmi per andarmene e non continuare quella straziante conversazione.

Noah mi rincorre, mi prende per un braccio per farmi voltare e continua la conversazione, sta volta facendo avvicinare tutti per il tono di voce troppo alto.

-Ti prego Trix, ti amo, non ho mai smesso di amarti. Cambierò, ci sarò, smetterò di illuderti, le mie parole saranno reali- dice mentre si avvicina per provare a baciarmi.

-Mi ami? E dov’era il tuo grande amore quando avevo bisogno di te? Non ci sei mai stato, dovevo capirlo da quando eri con la tua ex, quella Chloe, che dall’altra parte del mondo ti tradiva mentre io ti amavo e ti attendevo, eppure tu non te ne rendevi nemmeno conto. Hai sempre scelto lei, sono stata per te solo una sciocca con cui sfogarti e la prima folle che ti è venuta dietro quando avete rotto. Volevi rompere con me da tempo e il college è stato solo una scusa più semplice per farlo, per questo motivo te ne sei andato, per questo motivo non hai potuto trovare nemmeno un pizzico del tuo dannatissimo tempo per tornare e venire a sorreggermi quando stavo perdendo tutto- gli urlo piangendo mentre lo spingo via in modo delicato per non ricevere uno dei suoi illusori baci.

-Non sei stata solo un rimpiazzo, ti ho amata, ti amo. Non ho trovato del tempo perché stare con te è difficile, è un casino- mi urla mentre io provo nuovamente ad andar via.

-Perché è un casino?- gli dico riavvicinandomi per poi continuare -Non aver paura, tanto ormai la sanno tutti, svuotati di questo enorme peso, giocatore di basket dalla vita troppo perfetta per stare con una così-

-Perché tu- dice urlando -Tu sei un casino- continua iniziando a sua volta a piangere.

-Vaffanculo Noah, la verità è che non sai amare, hai paura di farlo e sapevi che lo avresti provato dopo poco con me. Mi ero illusa e sono una sciocca per questo, perché credevo che tu potessi starmi accanto anche solo come amico, ma forse non sai nemmeno voler bene- gli urlo per poi voltarmi e andarmene.

Torno a casa sotto lo sguardo triste e sconvolto di tutti gli altri, senza nemmeno chiedere a Jackson di tornare assieme. Mi siedo accanto alla tavola e penso solo a quanto faccia male amare qualcuno che non riesce nemmeno a rendersi conto di quanto soffri, di quanto sia difficile amare qualcuno che sai che non potrà mai darti abbastanza, qualcuno che può darti solo le parole.

Ho il calendario accanto e noto per caso che sulla terra domani dovrebbe essere il giorno di Natale, nessuno se n’è ricordato, decido quindi di distrarmi con i preparativi per questa grande giornata, come faccio ogni volta che sto male per un qualcosa. Mentre aspetto che Jackson torni per farmi aiutare con la preparazione dell’albero, accendo il camino e preparo due cioccolate calde, una per me e una per quando lui tornerà. Mi perdo nuovamente nei miei pensieri mentre sorseggio la bevanda calda che mi riporta con la mente a casa e a poco a poco mi addormento delicatamente, ascoltando poco prima di chiuder occhio le chiavi che aprono la serratura.

Evergreen-la città dal tempo zero [COMPLETA] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora