Capitolo 16 - Devil in disguise

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Avevano detto loro di considerarsi a casa, ma Alex aveva smesso di sentirsi a casa già da molti giorni.

La sicurezza e il calore del suo minuscolo appartamento di Filadelfia gli sembravano un ricordo rubato a un sogno che non gli apparteneva. Una di quelle immagini che nebulose che rimangono nella testa quando ci si sveglia all'improvviso; ci si sforza per mantenerle salde, ma inevitabilmente si sfaldano pochi minuti dopo, come se neanche fossero mai esistite.

Mentre si rigirava nella scomoda brandina che gli era stata assegnata, riusciva a farsi soltanto una domanda: la sua vita di prima era stata reale o era stata soltanto l'illusione di un sogno? Era impossibile che le sue prospettive potesse cambiare così in fretta e in modo così drastico. Come si poteva passare in meno di ventiquattro ore dall'essere un umile bibliotecario a essere coinvolti con la CIA in un'operazione segreta per salvare la presidentessa degli Stati Uniti?

No, non c'era altra soluzione possibile: la sua situazione attuale doveva essere un sogno. Stava dormendo ancora nel suo comodo letto a Filadelfia e si sarebbe svegliato a momenti, pronto a riprendere la solita routine fatta di giornate immerso tra scaffali cupi e polverosi, inebriato da quel meraviglioso profumo di carta attempata.

Quella notte riuscì a dormire solo poche ore e non visitò alcun sogno.

Quando si svegliò e si ritrovò disteso sul materasso sottile nella fredda base di Annabelle, la sua prima reazione fu quella di sospirare deluso. La realtà, quindi, era proprio quella: la sua vita a Filadelfia era il sogno, quello che non avrebbe mai più potuto raggiungere.

Theresa e zio Darren dormivano in un altro paio di letti piazzati contro le pareti; il respiro pesante di sua sorella era l'unica cosa che rompeva il silenzio di quella sterile camera fatta di metallo gelido.

Una stretta al petto lo avvisò che qualcosa non andava: iniziò a respirare con affanno, annaspando alla ricerca di aria e sgranando gli occhi. Hiss gli fluttuò attorno, sibilando allarmato, come a chiedere aiuto.

Il bibliotecario di Filadelfia strinse il lenzuolo tra le dita e raccolse quanto più ossigeno riuscì a recuperare, chiudendo al contempo gli occhi e cercando di visualizzare nella mente qualcosa di famigliare. La sua scrivania negli uffici della biblioteca, ricoperta da fogli, schedari, registri e libri. Il tavolo del salotto di Pedro invaso da libri di regole e ampi tabelloni ricoperti di griglie esagonali sul quale lui e i suoi amici giocavano la sera, ritagliandosi quei momenti di spensieratezza e di evasione da un mondo troppo monotono e privo di fantasia.

Sentì le spire tiepide di Hiss avvolgersi intorno al braccio mentre il suo amico rettile tentava di dargli il suo silenzioso supporto.

Rimase immobile per qualche minuto, combattendo con la tentazione di sprecare tutta l'aria che aveva raccolto in un lungo grido di frustrazione.

Poi la sensazione d'ansia passò così com'era arrivata, all'improvviso.

Alex rantolò sommesso e si portò la mano al petto, ascoltandosi il battito accelerato del cuore. Sua sorella e zio Darren continuavano a dormire, troppo stanchi per potersi svegliare con così poco.

Lui, invece, non sarebbe più riuscito a chiudere occhio. Era impossibile capire che ore fossero, ma a giudicare dal bruciore sotto alle palpebre il suo sonno doveva essere durato non più di un paio d'ore.

Sbuffò e si mise seduto sul bordo della brandina, recuperando le scarpe che aveva infilato sotto il telaio per infilarsele rapidamente.

Aveva soltanto un modo per riprendersi la vita di prima, e non era certo rimanendo a letto a combattere con gli attacchi di panico. Era l'unico che poteva comunicare con quella donna identica alla presidentessa, l'unico che potesse capire che cosa le stava accadendo. Aveva esitato fino a quel momento per paura, per codardia e perché era certo che non gli sarebbe piaciuto ciò che avrebbe visto nei sogni di Amanda Lawson. Ma, come diceva spesso Pedro quando interpretava il suo saggio sacerdote di livello undici, "gli esseri viventi non sono fatti per vivere nella paura e nell'ignoranza". Non era tutta farina del sacco di Pedro: c'era molto di Dante in quella sua affermazione, ma Alex aveva sempre evitato di farglielo notare, anche se non era mai riuscito a smettere di chiedersi in che modo il suo amico, non proprio un patito della letteratura straniera antica, fosse arrivato a conoscere quel particolare passaggio dell'opera del celebre poeta italiano.

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