Capitolo 4. Un onesto cacciatore di taglie

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A Darren l'agente Collins non piaceva proprio per nulla.

Si era subito imposto come capoccia del loro gruppetto, iniziando a impartire istruzioni a destra e a sinistra, manco fosse la fottuta presidentessa degli Stati Uniti!

"Lasciate i cavalli, non ha senso portarli"; "pranziamo in fretta, non abbiamo tempo da perdere"; "non ha senso prendere quella via, dobbiamo risalire il fiume". Ecco un'altra cosa che non aveva senso: la loro presenza in quel posto di merda.

Era sempre troppo permissivo con i ragazzi.

Quando Theresa aveva provato a imporre a lui e al fratello quel folle piano di innalzarsi a paladini del bene e correre in aiuto della popolazione, Darren avrebbe dovuto tirare fuori le palle, trascinare la testarda ragazzina lontano da Elizabeth City e ficcarla sul primo treno per Miami. E invece no, perché era troppo remissivo... perché non era mai stato capace di negar loro qualcosa. Ci aveva già pensato la vita a togliere tutto a quei due poveri bambini. Che cosa ne sarebbe stato di loro se lui non si fosse trovato a seguire quel ricercato, anni prima?

Ecco, lo stava facendo ancora! Non riusciva a scrutare gli occhioni verdi di Thera o il volto trasognato di Alex senza sentire quella ridicola stretta nel petto che gli imponeva di dimenticare di essere un freddo cacciatore di taglie temprato da decine di battaglie. Non riusciva a sentirsi chiamare zio senza che gli occhi gli bruciassero e le lacrime iniziassero a minacciare di esondargli dalle palpebre. Da ragazzo aveva creduto che non avrebbe mai avuto dei figli, il suo lavoro era troppo pericoloso. Eppure, osservando i due ragazzi avvolti nei mantelli idrofobi forniti dalla polizia per sfidare la tempesta, non riusciva a smettere di pensarlo: lo chiamavano zio, ma quei due erano i suoi bambini. Erano vivi grazie a lui, non era la stessa cosa che avere dei figli in modo convenzionale, tutto sommato?

Forse un padre vero sarebbe stato più rigido nel fornire l'educazione alla propria prole, ma le sorelle di Galadar a cui i due orfani erano stati affidati erano state un surrogato abbastanza severo sotto quel punto di vista. No, ci aveva provato, ma semplicemente non ne era capace: lo guardavano e, senza neanche rendersene conto, la loro volontà era già un ordine per lui. Theresa voleva andare a Elizabeth City perché la sua volontà era aiutare quante più persone potesse? Perfetto: ai vostri ordini, principessa!

Aiutare chi ne aveva bisogno, tutto sommato, non era poi così sbagliato e anche Darren l'aveva fatto (talvolta) durante la vita, sebbene soltanto in casi molto particolari. Tutta una storia diversa era doverlo fare sotto l'attento sguardo aquilino di un cazzo di federale! Le pupille dello smilzo agente saettavano sopra ciascuno di loro senza tregua, e Darren poteva giurare di averlo scovato, studiandolo di sottecchi, a provare a spiare oltre il suo mantello scuro, come se i suoi sensi da sbirro di merda avessero percepito cosa si nascondesse lì sotto. Ah, col cazzo, Signor Agente Federale! Avrebbe fatto bene a tenere il naso a posto, o non sarebbe arrivato a fine giornata con entrambi i bulbi oculari.

Avevano lasciato la città subito dopo aver parlato con il capo della polizia. L'unica dotazione che avevano ottenuto erano stati quei mantelli impermeabili per coprirsi dalla pioggia torrenziale che aveva iniziato a flagellare la città; il vento era così forte che dei normali ombrelli sarebbero stati inutili.

Si erano lasciati i sobborghi del piccolo agglomerato urbano alle spalle e avevano imboccato una deserta N Road Street, diretti verso nord. La larga strada tagliava a metà un'ampia porzione erbosa e boscosa che nascondeva in parte i tetti delle prime case della cittadina a chi l'avesse percorsa arrivando da nord. Dopo aver oltrepassato dei vecchi binari arrugginiti di una linea ferroviaria ormai in disuso da chissà quanti anni, il percorso continuava per qualche centinaio di metri, prima di interrompersi bruscamente in concomitanza del ponte crollato.

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