ALEXEI

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Mi svegliai di buon'ora. A quelle che ipotizzavo essere le 9, ero già in piedi a girarmi i pollici. Dopo qualche ora di noia mortale, l'odore di incenso si ripresentò a bussare alla mia porta.
"Puntuale come il cupo mietitore, mamma."
"Alexei." mi fece cenno col capo. "vogliamo andare?" "certamente." risposi. Mi fece segno di avvicinarmi a lei, lo feci e dando un'ultima sguardo al tempio "subacqueo", in un attimo fummo una nuvola di fumo direzionata verso la Grecia.
Il viaggio fu a dir poco turbolento, ma, nello stato gassoso della materia a quanto pareva il tempo scorreva più velocemente. Anche se a tutti gli effetti non avevo la cognizione del tempo.
Ritornammo in forma "solida" in una grande piazza a diversi kilometri da un grande monte la cui vetta era celata da una nuvola. L'Olimpo. Mi guardai intorno e vidi molti turisti che parvero non notarci. "Non possono vederci vero?" chiedi rivolto a mia madre. "Esatto." "E perché?" "La loro mente non reggerebbe così noi facciamo in modo che non possano veferci." Con "noi" intendeva gli dei. Il mio sguardo si sposto da un turista all'altro fin quando non si posò su una testa dai capelli corvini. Corsi in contro alla ragazza con le lacrime agli occhi. "Lissandra." Dissi con la voce spezzata.
Per poco non cademmo entrambi per terra quando mi gettai su di lei con le mani aggrappate al suo collo. Quando riacquistammo l'equilibrio la guardai nei suoi occhi, le tonalità del blu che si mescolavano tra di loro mi ricordavano l'incessante ma calmo movimento del mare.
"Mi sei mancato brutto idiota." mi disse, un fiume di lacrime che le sgorgava sul viso. "È così che mi saluti dopo tutto questo tempo?" mi sfuggì un mezzo sorriso. Lei ridacchiò. "Scusami, mi sei mancato tanto.Sei cambiato un casino." "Bhe anche tu non sei da meno." "Già, ti sei fatto altissimo." "Adesso sei tu quella bassa eh."
Qualcuno tossicchiò di proposito.
Entrambi alzammo lo sguardo verso una figura dallo sguardo dolce e amichevole. "Signor Poseidone, da quanto tempo." dissi "il dio dei mari mi rivolse un sorriso smagliante e le rughe che si crearono vicino ai suoi occhi donarono al suo viso un'espressione ancor più bonaria." È un piacere averti con noi, Alexei."
Lo squadrai dalla testa ai piedi, il padre di Lissandra indossava una semplice tunica greca bordata d'oro e dei sandali antichi, feci un pó di fatica a non soffermarmi sulle braccia muscolose del dio del mare.
Il fragore di un tuono risuonò nell'aria, Zeus era in piedi a pochi metri da noi accompagnato da una ragazza alta più di me, I penetranti occhi celesti arrossati dalle lacrime.
"AMELIAA." Gridammo io e Liss mentre saltavamo addosso alla appena arrivata figlia di Zeus. Questa volta finimmo davvero per terra e quando ci alzammo gli dei ci guardavano, Poseidone aveva il suo solito sorriso docile, Zeus ci guardava malcelando un certo disprezzo mentre mia madre ci guardava apparentemente indifferente.
Mi alzai imbarazzato "Vogliamo andare?" dissi, una volta essermi schiarito la gola. Guardai dritto di fronte a me, rendendomi conto solo adesso dell'immensa scala di marmo che si protendeva verso la punta innevata dell'Olimpo.
I manici delle ringhiere d'oro distanti l'uno dall'altro circa 5 metri. Mi incamminai con un sospiro.
La scala mi Sfiancò.
Durante la salita, per noia
Mi misi a contare gli scalini ed arrivato ai 1.723 mi venne la nausea. Piuttosto che continuare la mia, perigliosa, scalata verso L'Olimpo, mi sarei tranquillamente sporso dalla ringhiera per poi fare un lieve salto nel vuoto. Accantonai questo pensiero e mi sforzai di proseguire. Arrivati in cima per poco non vomitai.
Io, Liss e Amelia ci fermammo davanti ad un grande arco di pietra con una grande porta di legno intagliato. I sofisticati disegni del più grande trionfo del padre degli dei: Il momento in cui liberò dallo stomaco del padre, i suoi fratelli intrappolati all'interno, con un calice avvelenato. Mi voltai verso la figlia di Zeus che osservava il legno. "Poco egocentrico paparino". Dissi sarcastico. "Non dirlo a me". Rispose lei con un sospiro esasperato. D'un tratto il portone senza maniglie si spalancò sotto i nostri occhi, rivelando, un immenso villaggio greco fatto di tetti rossi e giardini in fiore. Alle spalle delle case e dei grandi alberi che le contornavano, intravedevo un grande tetto a spiovente di quello che, a distanza, pareva marmo. I nostri genitori ci superarono incamminandosi su uno stretto sentiero di ciottoli che si diramava tra le antiche abitazioni.
Dopo aver superato l'intricata rete del sentiero di ciottoli ed un'affollata Agorà, ci ritrovammo davanti l'enorme tempio che effettivamente era di marmo, preceduto da tre scalini. Le altissime colonne ioniche che si stagliavano imponenti sulle nostre teste.Dall'interno del tempio di levava un brusio di voci, che, non appena Zeus spalancò l'ancor più grande portone, si spense di colpo. Gli dei entrano disinvolti, impettiti. Camminando per l'enorme corridoio centrale mi sentii innumerevoli occhi puntati addosso. Guardandomi intorno notai molte figure che si nascondevano dietro gli angoli del tempio. Il mio sguardo si soffermò su un giovane ragazzo che doveva avere più o meno la mia stessa età. Mi scrutava non curante di nasconderlo. La pelle così abbronzata da sembrare bronzo. Mi mise in soggezione. Non sapendo che fare, lo guardai in cagnesco. Quando si accorse che lo stavo guardando si affrettò a svanire in un anfratto della struttura.
Continuai a camminare con l'assillante sensazione di uno o più sguardi indiscreti su di me.
Svoltammo un angolo e ci fermammo. Zeus fece un cenno verso una parete. Subito il ragazzo dalla pelle di bronzo si avvicinò a passo svelto verso di noi. "Egan". La voce di Zeus squarciò il silenzio nella stanza. "Mostra ai nostri... Ospiti le loro camere".
Il ragazzo coi capelli bruni ed il ciuffo dorato fece un cenno educato e si incamminò svoltando ad un angolo del tempio. Lo seguimmo cercando di non perderlo di vista. Diamine se era veloce il tipo.
Dopo una serie di corridoi, Egan mi pareva, si fermò davanti ad una porta di legno scuro su cui era incisa la scena di un temporale. I fulmini che nel legno scagliavano scintille.
"Questa è la stanza designata alla figlia di Zeus." Amelia si soffermò un attimo ad osservare la porta poi la spinse. Prima di entrare guardò il ragazzo negli occhi "Mi chiamo Amelia." la voce dal tono gentile, affilata dal fastidio. Egan camminò fino ad un'altra porta di legno scuro che, questa volta, illustrava la scena di un mare agitato che si abbatteva impetuoso sopra una costa. "Questa invece, è la stanza designata alla figlia di Poseidone." Lissandra aprì la porta e prima di entrare disse "Okay... Ah ed io sono Lissandra."
Il ragazzo continuò la sua camminata nervosamente veloce, l'orlo della tunica stile greco sporca e macchiata che svolazzava. Gli guardai le spalle che spuntavano da sotto alla veste, erano muscolose ma non esageratamente. Il mio sguardo scese alle sue gambe ricoperte di peli scuri, i muscoli dei polpacci che si flettevano ad ogni passo. Non si fermò finché non raggiungemmo un'ultima porta. Il ciclo delle fasi lunari inciso nel legno, circondato da stelle. "E questa è quella designata al"
"Alexei, solo Alexei." lo interruppi. Entrai e mentre chiudevo la porta potei osservare il ragazzo allontanarsi.
La stanza era... Particolare:
Pavimento e pareti di marmo, un letto a baldacchino di legno nero e dalle lenzuola candide come spuma di mare, era posto al centro della grande stanza. La stanza era priva di finestre o di tende, ma, un arco scavato in una parete dava su un balconcino da cui si vedeva un prato rigoglioso. A sinistra del letto c'era una porticina con la maniglia di ottone. La porta celava un piccolo bagno col pavimento di mattonelle sui toni del blu. Un grande specchio bordato d'oro era appeso su un lavandino. In fondo alla piccola stanza vi era una vasca di bronzo.
Mi sdraia sul letto e provai a riposarmi. Chissà quanto tempo dopo qualcuno bussò alla porta svegliandomi. Mi stropiciai gli occhi ed aprì. Egan era in piedi davanti a me, indossava una tunica nuova di zecca. "Vestiti... Per favore."
"Zeus vuole vedervi." Al braccio portava appesa una tunica bianca bordata d'oro ed un asciugamano per il corpo. Entrò nella stanza e mi porse la tunica al cui interno vi erano dei sandali in cuoio. "Prima devo farmi una doccia." dissi ancora intontito. Presi la tunica e mi diressi verso la porta del bagno. Di sfuggita la voce di Egan che diceva che l'abito greco si chiamava "chitone". Entrai nel bagno spostandomi verso la vasca di bronzo. Egan entrò nel bagno in tutta fretta e mi diede una spallata distratta. Si fermò solamente dopo aver aperto l'acqua nella vasca, l'antico rubinetto da cui sgorgava l'acqua limpida, una volta piena si mosse a disagio mentre si spostava dietro di me. Mi avvicinai alla vasca e feci per togliermi la maglietta. Quando la maglia arrivò a metà busto mi blocca. Guardai dritto verso il muro del bagno, indugiai, poi lo guardai senza girarmi. "Scusami, potresti... Potresti uscire?" lui mi fissava. Parve risvegliarsi da un sogno. "oh si si, scusami." detto questo il ragazzo si voltò ed uscì dalla stanza. Mi lavai nella vasca piena fino all'orlo. L'acqua bollente era piacevole sulla pelle. Era da tempo che non mi facevo un vero bagno e quando qualcuno bussò al bagno fui molto tentato a rimanere nella vasca ignorando i colpi sulla porta. Mi convinsi ad alzarmi. Afferrai l'asciugamano che Egan mi aveva e me lo attorcigliai in vita. Mi avvicinai a passo svelto alla porta. "Si?" chiesi. "Fai presto per favore." rispose Egan.
Mi vestii in tutta fretta e aprì la porta.
"Andiamo."
Uscimmo dalla stanza e nel corridoio ci trovammo davanti a Lissandra e Amelia che indossavano anch'esse delle tuniche bordate. Egan si infilò dietro un angolo. Lo seguimmo cercando di stargli al passo. Ci fermammo davanti ad un grande portone che si chiudeva dietro Egan.
"Quel bagno ci voleva proprio eh" disse Lissandra."Già!" concordò Amelia. "Decisamente." aggiunsi. "Erano tre anni chei lavavo con tre brocche d'acqua su cinque." Osservai la porta e una sensazione familiare affiorò nel mio petto. Aprimmo la porta e ci infilammo nella grande sala.
La sensazione familiare si riconfermò nel vedere i grandi troni scolpiti nel marmo in fondo alla stanza. Davanti alla porta di ingresso, una grande tavolata da sedici posti, era apparecchiata con delle semplici ma eleganti tovaglie. I ricami d'oro vero. Il tavolo era posto in orizzontale rispetto alla porta puntando ai dodici troni formato gigante. Egan si posizionò oltre il tavolo, affianco ad una colonna decorativa incisa in un muro. I suoi occhi brillavano nella penombra. Amelia, Lissandra ed io, arrancammo a fatica, per l'imbarazzo, verso il bordo del tavolo. Mi sedetti a capotavola, Amelia alla mia sinistra e Liss alla mia destra. Dall'altro capo del tavolo, Zeus mi fissava. Lo sguardo torvo ed un barlume di nervosismo negli occhi blu come un cielo nuvoloso. Il tavolo era illuminato da una luce che arrivava da un punto non meglio precisato. Di fianco ad Amelia e Lissandra, sedevano un giovane ragazzo moro dai capelli ricci e lunghi ed una giovane ragazza dai capelli scuri e dagli occhi argentati. Dioniso ed Artemide.
Sospirai. "Gli dei dell'Olimpo signori e signore. Aspettate qualcuno manca all'appello... Dov'è Apollo?" "Il dio della musica sta tornando da..." Zeus si schiarì la voce. "da un viaggio" disse non senza un certo disprezzo. Dalla mia sinistra uno sbuffo divertito. Mi voltai a guardare Egan che sghignazzava da sotto ai baffi.
"Beh!" incalzò Lissandra. "di cosa ci volevate parlare?" "desiderate qualcosa?"chiese Zeus."su, arriviamo al punto." Il sovrano degli inferi parlò dalla sinistra del padre degli dei. L'unico a parlare fui io. " un tè ai frutti rosso ed un pó di miele. Bollente." dalla penombra una figura scattò verso la porta evitando lo sguardo degli dei. Dopo poco Egan entrò nella sala con un piattino di porcellana decorato su cui era poggiata una tazzina. Posò il piattino davanti a me e si riposizionò affianco alla colonna. Io e Liss ci scambiammo un sorriso divertito. "sapete, Alexei crede che nel tè si possa vedere il futuro." disse. "sono solo frammenti, ma, si!" Zeus si sistemò sulla sedia di legno e pelle."siamo ad un passo dalla guarda santa." "oh, beh." porsi le mania coppa attorno alla tazza fumante. Il liquido scuro e rossastro turbinò e delle immagini mi vorticarono d'innanzi agli occhi:
Un'ascia, sei corvi in volo, due appollaiati sul ramo di un albero innevato, una squadra di donne alate con le armature scintillanti, una donna dai capelli rossi, tatuaggi dalle linee verdi sulle braccia, un nodo gordiano.
Ridacchiai e fissai dritto negli occhi Zeus. "gli dei norreni, ma davvero? Wow, siete davvero davvero incredibili." Zeus parve irritato. "aspetta, spiegati meglio." disse Amelia "beh, Amelia, i nostri amatissimi parenti divini, si sono messi contro agli dei della mitologia nordica. Oh aspettate, gli dei della mitologia nordica esistono davvero?"
"si, decisamente si." rispose Zeus
"perché non sapevamo nulla degli dei norreni? E perché proprio adesso ci dichiarano guerra?E almeno sono stati loro a dichiararsi guerra?" chiese Lissandra. L'espressione tetra e seria, celava una vena di esasperazione.
"è ovvio che non siamo stati noi!" sbottò Zeus." la storia che vi stiamo per raccontare è motlo molto antica, così tanto che persino noi l'abbiamo dimenticata. Tutti tranne Ecate."
Il vestito della dea della magia, rivelò una nuova stella che sfavillò di luce biancastra ferendo Ares in un occhio. Il dio grugni furioso. Mamma prese parola:"dei dell'Olimpo e divinità norrene sono sempre coesistite e si sono sempre scontrate. Il primo contatto tra le nostre realtà, avvenne subito dopo l'ascesa al trono del minore tra i figli di Crono." la dea parlava come se nella stanza ci fossimo solo noi tre e lei.
"ingaggiammo una sanguinosa battaglia contro i nordici. Guerre di potere per controllare i territori." la voce di Ecate era ipnotica e man mano che il racconto continuava, la mia mente e la mia vista si offuscavano.
"alla fine venne istituita una tregua e venne eretta una barriera a segnare il confine tra i nostri mondi."

Spazio autori:

Ci dispiace per i due giorni di ritardo.

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