Una chiamata dal passato.

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Quartier Generale degli Avengers, due anni fa.

È il momento di levare le tende.
Devo andarmene da qui, fuggire da una situazione che non mi appartiene. L'esilio, l'ombra, lo stare nascosta ha sempre fatto parte di me. È sempre stata l'essenza della mia esistenza. Per quanto ora sarà più complicato passare inosservata, dato che Tony mi ha presentata al mondo con la conferenza stampa, rimango comunque esperta nei travestimenti. Devo andare a prendere il mio posto nel mondo. E il mio posto è con Bucky. Lo cercherò, lo troverò. Non so come, ma lo farò.
Prendo così la mia valigia dall'armadio, ci metto dentro qualche bandana, qualche vestito e anche qualsiasi cosa trovi nella stanza che possa servirmi, anche la mia uniforme, le armi che mi ha dato Tony... non si sa mai.
Chiudo la valigia e lascio la stanza, cercando di continuare a fare il minor rumore possibile. Dato che tutto è silenziosissimo, ogni rumore può sembrare un boato, anche se è minuscolo. E io voglio andarmene nell'ombra, esattamente come ho scelto di passare il resto della mia vita. Arrivo alla porta di servizio sul retro per uscire dalla struttura e andarmene indisturbata e ecco che davanti c'è uno zaino nero. Lo apro e dentro ci sono soldi, tanti soldi, bandane, cibo, un set bianco di coltelli, due pistole e delle ricariche, un cellulare... e un biglietto. Lo apro.
"In caso ne dovessi aver bisogno. Buona fortuna" e di seguito un numero di telefono. Non c'è scritto di chi sia. Presumo sia il suo.
"Addio, Tony. Grazie per tutto. Adesso devo andare a cercarlo. E lo troverò. A tutti i costi."
Così, me ne vado senza voltarmi indietro.

-

Da qualche parte in Scozia, oggi.

Anna è una bambina tranquilla. Piange veramente poco, non si lamenta mai ed è super socievole. Sta con tutti. Ha un amore particolare, però, per Steve. E si vede benissimo che questo amore è ricambiato. Infatti, Steve ha legato alla sua cintura della divisa il suo ciuccio, che lei ha sempre sputato, non volendolo. La cosa più bella del mondo è vedere come corre tra le braccia aperte di Steve e lui la stringe delicatamente a sé, con quelle braccia muscolose che possono spezzare in due un ceppo di legno senza problemi.
Anna ama correre tra le braccia aperte delle persone, ma quando si tratta di Steve corre più velocemente. Come madre forse dovrei essere gelosa, ma no, il loro rapporto è una delle cose che preferisco in questa vita in esilio. E poi Anna è un pezzo di Bucky, così come lo è Steve. E io lo rivedo nei loro sguardi d'amore che si rivolgono. Questa per me è la cosa più bella del mondo.
Ora ecco che Steve sta giocando con Anna. Lui solleva il suo corpicino per aria con cautela e poi la riprende e lei ride. Si stanno divertendo. Io, seduta in disparte vicino al Quinjet, li osservo con un sorriso sulle labbra.
-Sono sicuro che a Steve manchi questo - dice Sam, venendo a sedersi accanto a me.
-Cosa?
-Guardalo. Hai visto quel sorriso? È felice, si vede. Si sente completo da quando ci siete voi due.
-Che intendi dire?
-Beh, nel 1945 non si è solamente lasciato dietro il suo passato e il suo presente. Avrebbe avuto anche un futuro allora, esattamente come quello che tutti gli uomini sognavano a quei tempi: una casa con un vialetto e una macchina parcheggiata proprio lì davanti al garage, magari anche di un modello all'ultima moda, un giardino verde con sopra dei bambini a piedi nudi a giocare e calpestare l'erba appena tagliata... e una moglie lì, ad attendere sul portico il suo ritorno dal lavoro con in mano un vassoio con sopra una limonata appena fatta con ghiaccio. Beh, c'è da dire che Peggy non sarebbe mai stata quel tipo di moglie, ma credo di aver reso l'idea. 
-E cosa c'entriamo io e Anna in questa visione?
-Steve ha amato Peggy alla follia. Penso che non abbia mai smesso di amarla. Spesso lo sorprendo a guardare la sua foto, quella che si porta sempre dietro. Però vedo qualcosa di diverso in lui. Credo che sia pronto ad andare avanti, ad accettare quello che la vita gli offre, lasciandosi alle spalle quello che non può avere. 
-Io voglio bene a Steve, ma...
-Anche lui ti vuole molto bene. Ma sta' tranquilla. Non mi riferivo a te in quel modo. Però grazie a te ha capito che può comunque realizzare quel sogno, anche ora in questa nuova epoca. E che non è necessario lottare, sentirsi utili, proteggere il mondo per essere felici e in pace con se stessi. Se ci pensi, prima di adesso che siamo costretti ad una vita in fuga e lontani da missioni, battaglie o cose così, non ha mai avuto una vita vera. Non dopo il siero, almeno. Tu e lui non siete così diversi. Eravate entrambi armi al servizio di qualcuno. Adesso avete un po' di pace. 
-Sì, Sam. Credo tu abbia ragione. Anche se è un po' difficile farsi una vita in esilio. 
-Non durerà per sempre. 
Torniamo a guardarli continuare a giocare. Ora Steve poggia Anna in terra, rivolta verso di me. Lei, non appena mi vede, ecco che corre nella mia direzione. Così io mi accovaccio, allargo le braccia e la stringo non appena che con le sue braccia minuscole arriva ad abbracciarmi. Le dò un bacio soave su quella testolina piena di capelli neri. Ed ecco che mi guarda con quegli occhioni azzurri e sorride. 
-Ti sei divertita con Steve?
-Sai, dopo aver lottato contro alieni, robot e super soldati, non credevo che una bimba di due anni potesse sfinirmi - commenta Steve, sorridendo.
-Menomale allora che l'Hydra abbia usato solamente il Tesseract contro di te - dico.
-Sì, che vuoi che sia un congegno alieno super potente contro una bambina di due anni che vuole giocare. 
Ridiamo. Anna mi prende la mano e mi tira, indicando con l'altra mano l'interno del Quinjet dietro di noi con il portellone aperto. 
-Cosa c'è, Anna?
Fa qualche versetto continuandomi a tirare verso il Quinjet. Allora mi alzo e mi faccio trascinare dentro, fino a che non mi porta al mio zaino, che è posizionato troppo in alto perché lei possa arrivarci. Allora allunga le mani, facendo qualche salto. Quindi lo prendo e lo apro, sapendo già cosa vuole. Sta cercando il suo giocattolo preferito, un piccolo orsacchiotto marrone con un papillon rosso, il suo migliore amico. Allora lo prendo e glielo porgo. Lei lo afferra e comincia a masticare l'orecchio destro del peluche, come sua abitudine. Ed ecco che un suono improvviso mi distrae. Un suono strano, che non avevo mai sentito prima di allora. Viene proprio dal mio zaino. "Che cos'è?" mi domando. Inizio a cercare, tirando fuori alcune cose tra cui una felpa, qualche soldo, la divisa, qualche bandana, qualche coltello bianco, le pistole e altre armi, stando attenta a mettere tutto quanto fuori portata di Anna, che è qui accanto a me. Sono tutte cose che mi diede Tony quando me ne andai dal Quartier Generale. Ed è proprio una di queste che fa quel rumore. Il cellulare. Non l'avevo mai sentito suonare. Un numero non salvato il rubrica sta chiamando. Del resto, ho solo il numero di Steve in elenco. Rispondere non è una buona idea, probabilmente. Ma quel numero chi altro poteva averlo se non Steve... e Tony? Mi fido di Tony, non lo avrà dato a nessuno sicuramente. Quindi quel numero dev'essere suo. 
-Pronto? 
-Pronto chi parla? - risponde una voce di uomo che non avevo mai sentito prima.
-Sei tu che stai chiamando, si presuppone che tu sappia chi sono. Sennò perché hai fatto il numero?
-Sì, beh, questo non è il mio telefono. Io sono Bruce Banner e questo è il telefono di Tony Stark.
-Salve dottor Banner, ho sentito parlare di lei. Perché ha il telefono di Tony?
-Beh, è complicato. Mi scusi, volevo parlare con Steve Rogers, sul telefono questo numero era salvato con il suo nome, pensavo...
-Sì, è qui con me.
Tony. Il classico Tony che vede lontano anni luce rispetto al suo tempo. Sapeva che me ne sarei andata quindi mi ha preparato lo zaino. Sapeva che avrei avuto bisogno di aiuto prima o poi essendo incinta e quindi, invece di segnare il suo numero sul foglio, ha segnato quello di Steve, sapendo che solo lui sapeva dove fosse Bucky e che quindi mi avrebbe aiutato nella ricerca. E ora scopro che ha salvato il numero del cellulare che lui stesso ha comprato per me con il nome di Steve, sapendo che sarei stata con lui e per evitare che se qualcuno avesse preso per qualsiasi motivo il cellulare di Tony, trovando il mio nome e numero nella rubrica mi avrebbe rintracciato. D'altronde, ci sono ancora persone che mi vogliono morta. Non ho ancora dimenticato quell'uomo che mi ha sparato alla conferenza stampa che avrebbe dovuto presentarmi al mondo come nuovo Avenger. L'esilio, però, è stato un buon modo per non pensarci.
-Oh. Potrebbe passarmelo?
-Un secondo. 
Metto tutti gli oggetti che avevo tirato fuori dallo zaino al loro posto, lo chiudo bene e lo metto fuori portata dalla bimba e corro fuori da Steve che in questo momento sta parlando con Natasha e Sam.
-Steve. E' per te. 
-Per me? - chiede Steve.
-Qualcuno ti ha chiamato? - chiede Natasha. 
-Che significa? - chiede Sam. 
-Non lo so - dico, porgendo il cellulare a Steve. Lo prende e risponde. 

-

Autostrada nei pressi di Bucarest, Romania, due anni fa. 

Il dolore è stato molto forte, ma ora vedere quella boccuccia dalla forma così familiare è un dolore lancinante. Ha la forma della bocca esattamente come quella di suo padre. La conosco troppo bene quella bocca. Automaticamente, le lacrime mi rigano le guance. 
-Cosa c'è? - mi chiede Natasha, asciugandomi lacrime e sudore. 
-Ha la bocca di suo padre. 
-Assomiglia molto anche a te. 
-Ho portato un po' d'acqua calda e delle coperte per lavare la bambina - dice Sam, arrivando a me alla macchina dove sono sdraiata. Sono nei sedili posteriori della macchina che ho rubato al mio arrivo in Romania. Ovviamente ho sporcato tutto con il parto. Natasha è seduta dietro di me, in modo da sostenermi la schiena. 
-Grazie, Sam - dico.
-Dalla a me, me ne occupo io - dice Natasha, togliendosi da dietro, uscendo dalla macchina e prendendo la bambina. Ecco che quindi Natasha e Sam scompaiono ad occuparsi della bimba. Steve, invece, è appoggiato al bagagliaio dell'auto. Vedendo che i due se ne stanno andando, viene verso di me.
-Come stai? - mi chiede. 
-Ora molto meglio, grazie.
Sorride, in risposta. 
-Come facevi ad avere il mio numero?
-Me lo ha lasciato Tony. Non sapevo però che fosse il tuo numero, credevo fosse il suo. 
-Quando me ne sono andato, gli ho spedito un telefono con il mio numero salvato in rubrica. In caso avesse avuto bisogno di contattarmi, un giorno. L'ha vista lunga, a quanto pare. 
-Perché dici così? 
-Per te sarebbe stato molto più utile avere il mio numero, piuttosto che il suo. Tu stavi cercando Bucky e io so dov'è.
-Lo sai?
-Certo che lo so. E' in Wakanda. Pensano di poterlo liberare da tutto quello che l'Hydra gli ha messo in testa. 
Faccio per alzarmi e uscire dalla macchina. 
-Ferma, che stai facendo?
-Devo andare da lui.
-Aspetta.
-Devo andare da lui!
Lui entra in macchina e mi afferra, bloccandomi. 
-Ti ci porterò, te lo prometto. Ma ora hai bisogno di riposo. Ti prometto che ti porterò da lui.
-Me lo prometti?
-Sì, te lo prometto.

La Pienezza del Tutto. || Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora