Capitolo 4

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Il petto bruciava a causa degli sforzi degli ultimi minuti.
Avevo giocato la partita peggiore della mia vita e mi sentivo estremamente demoralizzato e affranto. Avrei voluto spiccare come un giovane promettente tra i giocatori dell’Atalanta, ma in campo avevo dato unicamente il peggio di me, dimenticandomi di ogni consiglio tecnico.
Passai un asciugamano sui capelli bagnati, mentre mi rimbombarono nelle orecchie le parole di Alessandra: "devi fare di più".
Non ci ero riuscito e avevo le gambe e il cuore a pezzi; nel calcio, l’errore di un singolo viene pagato dall’intera squadra e io, in quel momento, provavo una paura matta; le mie cazzate potevano aver trascinato i miei compagni nella sconfitta più becera.

Chiesi al mister di poter andare negli spogliatoi perché non mi sentivo bene. Era contro ogni tipo di fair play il mio atteggiamento, ma l’esigenza di crogiolarmi nell’autocommiserazione, evitando parole di conforto, superava la mia educazione. Non meritavo comprensione, ma solo biasimo e ne ero cosciente.
Aprii il telefono, sperando che Alessandra mi avesse scritto delle frasi tenere e innamorate per farmi sorridere e riprendere dal brutto momento; inutile specificare che trovai solo una chiamata di mia madre. Non volevo sentire la sua voce piena filiale dispiacere e le sue frasi di circostanza.

Presi a calci la panchina dello spogliatoio, rischiando di farmi seriamente del male. Stavo affondando nel rimpianto e non era giusto. Dovevo solo ritrovare dentro di me la motivazione e la forza di volontà che mi avevano portato così lontano. Sapevo che in parte era colpa della relazione con Alessandra che non mi lasciava un attimo sereno, ma che comunque provavo ancora a trascinare.

Mi sedetti sulla panchina, chiudendo gli occhi e pensando a poche mattine prima, quando, dopo aver fatto l’amore con passione e con tanta voglia di farci male a vicenda, aveva avuto il coraggio di dirmi che prima ero diverso e che ero cambiato anche sotto quell’aspetto. "Non riesco a sentirmi soddisfatta con te. Mi sento quasi una prostituta che usi per venire." Io la vedevo solo come una donna con cui condividere l’intimità, mai come un oggetto sessuale a cui dedicare un paio di ore.
Mi ferirono quelle parole e la mia mente me le ricordò per giorni. Odiavo la mia fragilità di fronte alle parole della mia ragazza. Mi faceva sentire piccolo e insicuro, come se non fossi mai abbastanza. Inevitabilmente, avevo trascinato tutto quel malessere sul campo da calcio, come se fossero due elementi intercambiabili. Ero sempre stato bravo a scindere la mia vita personale con la mia professione, ma in quel momento qualcosa non era andato per il verso giusto e mi stavo giocando ogni possibilità di essere convocato con la Nazionale per le prossime partite.
Ero vuoto e solo come non ero mai stato; continuavo a valutare ogni cosa, a chiedermi dove effettivamente mi avrebbero portato le forze che stavo continuamente investendo con la mia ragazza e se ne valesse veramente la pena.
Mi tolsi la maglia, lanciandola verso il muro e mi coprii gli occhi pieni di lacrime. Stavo mandando a puttane tutto e non sapevo come bloccare la caduta lungo il precipizio del fallimento, sia calcistico che personale.

"Ma quale scusa e scusa. Io sto cercando un bagno" sentii quasi urlare dal corridoio.

Era una voce femminile e delicata che ebbi la sensazione di riconoscere. Scossi la tesa, confuso. Cercavo il più possibile di trovare parole di scuse da rivolgere al mio mister e ai miei compagni. Sapevo che era mio dovere farlo e avrei fatto di tutto per poter riacquistare la stima che i miei compagni mi avevano riservato fino a quel momento.
"Che caratterino" pensai tra me e me. Mosso dalla curiosità, decisi di aprire la porta per vedere cosa stesse accadendo nel lungo corridoio, solitamente riservato alla camminata degli atleti prima di scendere in campo. Non appena uscii fuori, vidi una ragazza dai capelli lunghi e castani che riconobbi subito. Quegli occhi vispi e grandi erano difficili da dimenticare e il suo cipiglio si fece ancora più profondo mentre sia il responsabile della sicurezza che lei si giravano verso di me.

Irresistible  - Matteo PessinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora