Capitolo 10

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Mi sentivo completamente tramortito. Ero circondato da giornalisti che mi riempivano di complimenti e che si congratulavano con me. Stavo vivendo un momento magico; il mister, i miei compagni di squadra e, soprattutto, Viola mi trasmettevano moltissima sicurezza continuando a ripetermi quanto fossi stato bravo nell’intuire quel gol e quanto fossero fieri di avermi con loro.
Ero al settimo cielo: ero il primo italiano della mia squadra a realizzare un goal in Champions League e non l’avrei mai saputo se non me lo avessero fatto notare. La consideravo una bellissima medaglia per la mia carriera e non vedevo l’ora di condividere la mia gioia con la ragazza per cui stavo perdendo la testa.
Viola mi aspettava in macchina, mentre io terminavo le interviste e salutavo i miei compagni che avrebbero festeggiato insieme in un locale di Bergamo. Io preferivo di gran lunga continuare la mia celebrazione personale con lei.

Alessandra era a Venezia per motivi lavorativi ed io non potevo esserne che felice, perché avevo avuto l'occasione di invitare ad uno dei match più importanti della mia vita la ragazza a cui pensavo ogni giorno e dalla quale avevo provato ad allontanarmi per un po’.
Tuttavia, me ne pentivo ogni giorno di più perché, anche se per un brevissimo lasso di tempo, non avevo potuto vedere il suo bellissimo sorriso, sentire la sua voce calma e gentile che riusciva a tranquillizzarmi e confortarmi come nessun'altra e immaginare quanto ci fosse rimasta male per il mio essere stato così stronzo, non faceva altro che peggiorare le cose.
Dopo aver fatto l’amore con lei, nello spogliatoio atalantino, sentivo che non avevo più possibilità di resisterle. Soprattutto, non vedevo l’ora di poterla avere ancora tra le mie braccia e amarla più forte di quanto non avessi fatto poco più di mezz’ora prima. Mi sentivo insaziabile e il corpo di Viola, il suo sguardo pieno di piacere, lussuria e tenerezza non voleva abbandonarmi, neanche mentre camminavo velocemente verso la macchina per raggiungerla.

"Eccoti, finalmente. Penso sia meglii che io torni a casa. Mi accomp-?"

"Nessun passaggio, Viola. Stasera rimani da me. Sempre che tu sia d’accordo."

"Perdonami, Matteo. Ma la tua ragazza? Mi sento già abbastanza una merda per essere stata con t-"

"La mia ragazza è a Venezia e anche io ho le mie colpe. Abbiamo fatto l’amore e lo abbiamo fatto in due. Non mi pento di niente, Viola. E tu?"

"Non potrei mai, Teo. È stato il sesso più bello e intenso della mia vita, onestamente."

"Sono felice perché vale lo stesso per me, piccola Viola. Ora andiamo."

******

"Accomodati pure. Vuoi qualcosa da bere?"

L’aria tra me e Viola era piena di tensione. Sentivo il mio desiderio farmi tremare le mani e rendermi mentalmente poco lucido.
Era bellissima, lì in piedi con un paio di jeans e la mia maglia. Averla vista lì, sugli spalti, ad esultare con gli occhi lucidi e il mio numero e il mio cognome sulle spalle non aveva prezzo e ora ero più impaziente che mai di replicare quello che era successo poche ore prime.

"Un bicchiere d’acqua."

Sorrisi con tenerezza, sentendo la sua voce essere leggermente inclinata alla fine della frase.
Evidentemente anche lei sentiva il bisogno di stare con me quanto più possibile. Speravo con tutto il cuore che quel desiderio impellente di stare sdraiati pelle contro pelle fosse corrisposto, perché non vedevo l’ora di annusare le mie lenzuola e ricordarmi del suo meraviglioso profumo.

"Ecco a te."

"Stai tremando, Teo."

"Anche tu."

Le sorrisi, accarezzandole la guancia con i polpastrelli. Le lasciai un bacio sulla fronte, facendola arrossire e il mio cuore si riempii di una gioia indescrivibile, superando addirittura la felicità provata quella sera, quando il mio sinistro era arrivato dritto in porta. I suoi occhi grandi erano fissi nei miei e le sue mani delicate circondarono i miei polsi, in una preghiera silenziosa.
Voleva essere mia ed io suo, fin quando ne avremmo avuto la possibilità e io non vedevo l’ora di amarla per tutta la notte e anche di più se avessi potuto. Mi sentivo incandescente e vedevo le guance di Viola arrossire sempre di più e mi meravigliai ancora di quanto fosse bella, dentro casa mia, con la mia maglia addosso e il desiderio di stare con me sempre presente dentro quello sguardo profondo ed intenso che mi rendeva instabile.
Mi sentivo un ragazzino immaturo; Viola mi spiazzava con la sua sincerità silenziosa e le sue labbra carnose erano una tentazione troppo grande a cui resistere.
Le presi la mano per farla alzare e subito il suo corpo delicato aderii al mio petto. Le sue braccia mi circondavano il collo e mi trasmetteva una sensazione di pace che non provavo da mesi.

Irresistible  - Matteo PessinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora