Rimani

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La mia goffaggine, che sembrava essersi volatilizzata come per magia per giorni, si ripresentò più forte di prima, ricordandomi, e ricordandogli, che pericolo ambulante io fossi. L'acqua minerale che stazionava sul nostro tavolo, sembrò prendere vita propria quando, al fine di riempire il suo bicchiere in un gesto di galanteria,   buttai metà del suo contenuto sul mio vestito facendomi saltare come un canguro australiano. L'acqua in questione, finì dappertutto, ma soprattutto sul mio seno nudo coperto solo da quel velo bagnato che era quel vestito, facendolo aderire come una seconda pelle.

Anche Dario, si alzò di scatto venendo in mio soccorso tamponando quel velo che divideva lui e il mio seno. Dapprima la sua presa fu decisa, e soprattutto deciso ad asciugarmi, ma poi passando più volte sopra i miei capezzoli che sembravano il marmo di Carrara ebbe un'attimo di esitazione. 

La mia mano che accompagnava, involontariamente i suoi movimenti, si fermò con lui al seguito.

« Anita, credo che sia meglio che tu finisca da sola. Altrimenti non risponderò più di me stesso! »

« Sì, penso che andrò in bagno ad asciugare il resto! », lasciai immediatamente la presa, e con un sorriso da ebete di diressi verso il bagno. 

Pettinai i capelli all'indietro e continuando a ridere da sola mi avvicinai a quel bagno dorato pieno di stucchi. 

Asciugai alla meno peggio il vestito, e dirigendomi al nostro posto trovai un biglietto.

- Ti aspetto fuori. -

Mi guardai intorno cercandolo con lo sguardo e il cuore in gola. I miei occhi si posarono verso le grandi finestre a vista trovandolo appoggiato alla doppia ringhiera e con la sigaretta stretta tra i polpastrelli.

La leggera brezza della sera mi accarezzò i capelli oltrepassandomi portando con sé quegli ultimi timori.

Mi avvicinai a lui stringendo il mio cappotto nero sorridendogli. Lui portò nuovamente la sigaretta sulla bocca aspirando il fumo per poi buttarlo alla sua sinistra sorridendo provocandomi quel solito brivido. 

Continuai con andatura leggera sorridendo e ricordando il pomeriggio passato con lui. Dopo pranzo restammo seduti al nostro tavolo per ore. Parlammo e ridemmo di tutto. Dalla sua tendinite al polso e il morbillo preso in prima elementare, al mio ginocchio sbucciato al catechismo e l'appendicectomia fatta due mesi prima della laurea. Ci eravamo aperti come non mai, e adesso, avevo aggiunto un importante tassello al mosaico Dario. E più lo conoscevo in profondità, e più capivo che lui era davvero l'uomo perfetto per me. 

Arrivai davanti a lui stringendo il labbro inferiore portando le mie mani all'interno del suo cappotto a livello dei fianchi. I suoi occhi cristallini illuminati da quel tramonto che segnava la fine della giornata, ma non la fine del nostro incontro. 

Il sole dipinse il cielo di rosa mostrandoci uno spettacolo mozzafiato. Mi sentivo sul tetto del mondo in tutti i sensi, e lui mi guardava come se fossi la cosa più bella che avesse visto.

Quello che ne venne dopo fu un turbinio di passione. Iniziammo a baciarci dappertutto: dentro l'ascensore, nella hall, in macchina e infine davanti al portone di casa mia. Eravamo un fiume in piena, pronti a lasciarci andare agli istinti più reconditi, e a quel volersi appartenere a tutti i costi. 

Le sue mani sapienti, viaggiavano sul mio corpo procurandomi brividi sparsi e gemiti incontrollati. Strisciavo lungo il muro bianco del corridoio che dava sul mio pianerottolo trascinata da lui e dalle sue labbra impetuose sulle mie. Ci fermammo solo di fronte alla mia porta, sbattendoci contro.

L'apnea forzata, dettata dai suoi baci infuocati, mi fece perdere il controllo di me stessa. Strinsi la sua nuca tra le mie dita della mano sinistra, mentre con l'altra scesi giù fino ad arrivare alla patta dei suoi pantaloni accarezzando con veemenza quello che ci stava dietro.

Ogni Parte Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora