24: Una nuova vita

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Lo schiavo di Lilitu entra in camera e deposita, sopra il comodino ricoperto d'oro, un prezioso calice con dentro del rosso e fluido sangue.

Aspiro il contenuto del bicchiere a piene narici, ne assaporo lentamente il contenuto alla stregua di un sommelier che degusta un pregiato vino.

<Per voi padrone> mi dice senza alzare lo sguardo da terra ma continuando a tremare come una foglia abbattuta dal vento.

<Come ti chiami?> gli domando apatico come un'automa.

Questo strano senso di malessere dura da molti giorni, sono vuoto come un sacco, fisicamente non mi sono mai sentito meglio, ma psicologicamente sono a pezzi.

Sono trascorse due settimane dal mio ingresso in questa villa eppure nessun frammento degli ultimi mesi riemerge dalla nebbia fitta del mio cervello.

Ogni tanto, durante la notte, vedo aleggiare dei vampiri che mi chiedono di aiutarli e permettere loro di localizzarmi.

La visione termina sempre allo stesso modo, cioè con l'angelico viso della ragazza che sussurra dolcemente il mio nome.

Solo in quei pochissimi istanti in cui la vedo il mio cuore si placa ed uno strano senso di pace pervade la mia anima.

<Ramon, padrone>

La voce dello schiavo mi ridesta dai miei tortuosi pensieri.

<Ramon tu eri presente alle mie nozze?>

Il ragazzo sbianca ancora di più, barcolla leggermente e si aggrappa al comodino quasi fosse un'ancora di salvezza.

<Esci immediatamente da questa stanza>

Lilitu si avvicina sinuosa e letale al ragazzino che fugge quasi avesse il fuoco sotto i piedi.

<Cosa gli è preso?> le chiedo incuriosito dallo strano atteggiamento del giovane.

<E' solo uno stupido umano, mio adorato sposo. Non pensare a quell'insulso essere. Pensiamo a noi due piuttosto>

Afferra il calice con il sangue e me lo porge con un radioso sorriso.

<Bevi mio adorato> mi dice quasi controllando i miei movimenti.

Deglutisco lentamente il contenuto, il sapore è buono, ma su di me ha uno strano effetto. 

Subito dopo aver bevuto mi assale un senso di torpore ed una sonnolenza che non riesco a vincere.

<C'è qualcosa disciolto in questo sangue> biascico le parole mentre lotto con le mie stesse palpebre che, inesorabili, si chiudono offuscando gli oggetti davanti a me.

<Non c'è nulla mio adorato. Eravamo soli contro sei terribili vampiri, ci hanno assalito ed hai riportato gravi ferite. Devi solo riprenderti. Vedrai che con il passare dei giorni sarai di nuovo in perfette condizioni>

Sento la testa svuotarsi e le parole di Lilitu farsi lontane, giro il capo sul cuscino e mi lascio andare al sonno rigeneratore.

La luce del sole filtra attraverso le finestre, le cui tende svolazzano leggiadre a causa della lieve brezza mattutina.

Apro gli occhi e mi alzo faticosamente dal letto, Lilitu è nuda e dorme profondamente.

Osservo attentamente la demone, il cui corpo dovrebbe far scaturire in me istinti sessuali che, al contrario, non emergono.

Nessuna fibra del mio corpo reagisce e questo mi turba perché noi vampiri siamo un tutt'uno con la nostra compagna.

Lei apre gli occhi e si stira come un gatto che si è appena ripreso dal suo sonno profondo.

<Ho fame> dice sussurrando appena le parole.

Scende dal letto, tira una corda e, dopo pochi istanti, sento bussare alla porta della camera da letto.

<Entra> ordina perentoria alla figura al di là dell'uscio.

La giovane donna, ancora più pallida dello schiavo, entra quasi in punta di piedi.

Lilitu le fa cenno di sedersi sulla sponda del letto e la schiava ubbidisce tremando vistosamente.

La demone si avvicina inesorabile alla ragazzina, che ora piange a dismisura, le scosta i capelli dal collo e le annusa la diafana pelle.

Il corpo di Lilitu si trasforma, la sua pelle generalmente color dell'ambra assume una tonalità verdastra ed i denti sono divenuti affilati come rasoi.

Sembra quasi uno squalo e la visione mi fa inorridire!

Conficca i denti nella schiava che grida di dolore.

Osservo la scena senza problemi, ma all'improvviso qualcosa si muove nel mio animo scuro come la notte.

Una frase risuona nella mia testa <promettimelo Tristan> ed il viso della creatura angelica dei miei sogni compare nitido davanti a me.

Allungo la mano e strappo la schiava dalle grinfie di Lilitu.

<Vattene>le ordino buttandola fuori della stanza senza alcun riguardo.

Mi sussurra <grazie padrone> e fugge veloce come una gazzella.

<Dov'è finito Ramon?>

Sento la rabbia montare dentro di me, so che qualcosa non torna in questa vita con la mia sposa, ma non riesco a capire cosa sia.

<Da quando in qua ti preoccupi della vita degli schiavi?>

Ruggisce come un leone in gabbia, si avvicina a me, i suoi occhi mutano di colore mentre la bocca si muove veloce recitando una strana nenia.

La nebbia mi riavvolge ed i pensieri scompaiono come un segno di matita cancellato da una gomma.































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