5. Sei stato bravo

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Niccolò, con le labbra serrate e la paura che gli stringe lo stomaco, si muove tenendosi a pochi centimetri da April.

Mentre camminano gli sembra di avere mille occhi puntati addosso, anche se sa benissimo che per strada non c'é anima viva.
La castana, molto più rilassata di lui, ignora completamente l'entrata principale e gli fa cenno di seguirla in un vicolo, dove si inginocchia di fronte ad una seconda porta.

Con la lingua tra le labbra e la pistola sottobraccio smanetta per un po' con la serratura, finché non scatta con un cigolio sommesso.
Niccolò la guarda ammirato, ma non dice nulla.

"Quanto mi piacciono i posti così" esclama April con un sorriso soddisfatto in volto.

Furtiva entra nel negozio ed aspetta che Niccolò faccia lo stesso, prima di accendere la torcia e richiudersi la porta alle spalle.
Non ci sono né allarmi né telecamere: è il posto perfetto per un principiante.

"Puoi fare qualunque cosa, tranne aprire le finestre o accendere le luci. Muoviamoci" sussurra poi, indicandogli gli scaffali pieni di computer e portatili.

Niccolò sbuffa, e si guarda attorno smarrito: chi l'avrebbe mai detto che lui, incapace di fare del male ad una mosca, si sarebbe ritrovato a rubare?

Dubbioso afferra qualche PC e lo studia più da vicino, domandandosi se soddisfi o meno le richieste di James: ce ne sono di tutti i tipi, e lui è troppo agitato per riuscire a ragionare.

"Che dici, meglio rosso o blu?" la voce sarcastica di April lo fa trasalire, mentre lei glieli toglie dalle mani e li nasconde nello zaino, senza nemmeno starli a guardare.

"Veloce, dai. Non abbiamo tutta la notte."

Per i suoi gusti hanno già perso fin troppo tempo tra quelle quattro mura, e ad ogni secondo sprecato corrisponde una possibilità in più di venire scoperti.

"Prendi i soldi dalla cassa ed esci. Ti aspetto fuori." gli ordina subito dopo, tornando verso la porta e socchiudendola piano.
Vuole lasciarlo solo e vedere se riesce a cavarsela per più di dieci secondi.

Niccolò la guarda uscire e abbandonarlo lì, inesperto e completamente nel pallone.
Con un sospiro si impone di darsi una calmata, e cerca con gli occhi il registratore di cassa: in fretta si avvicina ad esso e lo apre, maledicendo quel rumore metallico che, nel silenzio della notte, suona più forte di uno sparo.

Con le mani che tremano incomincia a raccogliere le banconote e, ad ogni foglio verde che stringe tra le mani, sente il respiro farsi sempre più corto.
Cosa sta facendo? Cosa direbbe sua madre, se potesse vederlo? Cosa ne è stato dei suoi valori, di tutto quello che gli è stato insegnato?

Questi pensieri gli vorticano davanti agli occhi, obbligandolo a sorreggersi con una mano al bancone per non finire steso a terra.
Fatica a respirare e la sua pelle, troppo stretta dai vestiti e dalla carta delle banconote, incomincia a sudare.

Sa che è il momento peggiore per abbandonarsi al panico, ma non ha ancora imparato a controllare le sue emozioni.
Con un lamento lascia cadere tutti i soldi e si appoggia al muro dietro di sé, con il fiato corto e il cuore che gli rimbomba nelle orecchie.

"Che cazzo stai facendo?!"

April, dopo averlo aspettato per cinque minuti buoni, ha cominciato a preoccuparsi.
Di corsa è rientrata nel negozio, e lo ha trovato così, immobile, con lo sguardo perso nel vuoto e i soldi sparsi attorno ai suoi piedi.

"Io...io n-" farfuglia Niccolò, tremando e respirando a malapena.

"Esci. Finisco io." sbotta April spingendolo via, inginocchiandosi immediatamente a terra per sistemare il disastro fatto.

Mentre raccoglie alla rinfusa le banconote avverte uno strano nervoso montarle addosso, dovuto alla spiacevole sensazione di non avere tutto sotto controllo.

Se fosse stata da sola a quest'ora avrebbe già finito e sarebbe già passata alla seconda parte delle sue uscite notturne, ma stavolta non è andata così.
Non potrà più andare così.

All'appello, tra l'inesperienza e il terrore delle armi, ci mancava il farsi prendere dal panico senza una ragione apparente, pensa spazientita.

Una volta che ha intascato tutti i soldi si tira in piedi e si guarda attorno, notando con piacere che, oltre alla cassa, Niccolò non ha avuto il tempo di combinare altri guai.

Silenziosa come sempre torna nel vicolo e chiude definitivamente il negozio, prima di voltarsi verso il moro.
Nonostante il nervoso, però, vederlo seduto a terra con la testa nascosta tra le ginocchia e la schiena scossa dai singhiozzi riesce ad addolcirla all'istante.

"Ehi..va tutto bene. Sei stato bravo." sussurra abbassandosi alla sua altezza ed accarezzandogli titubante il braccio, senza sapere cos'altro fare.
Sono anni che non consola qualcuno.

"Scusa, scusa io.." incomincia a dire Niccolò, asciugandosi il viso con la manica della felpa e rabbrividendo per il freddo.

"Non ti preoccupare. Adesso però allontaniamoci da qui." lo rassicura lei con una pacca sulla spalla, senza riuscire a nascondere l'impazienza nella voce.

Niccolò lo nota, ma non ci presta attenzione.
A fatica si alza e si incammina sulla strada del ritorno, ma dopo qualche passo è costretto a fermarsi: April è rimasta immobile, e non accenna a seguirlo.

"Non..non torniamo?" domanda confuso, con la voce ancora rotta dalla paura.

"Tu vai, e porta questi in camera. Io arrivo subito." risponde la castana sbrigativa, per poi sfilarsi lo zaino dalle spalle e passarlo tra le mani di Niccolò.

Quest'ultimo lo afferra e aggrotta le sopracciglia, senza muoversi di un millimetro.

"Dove vai?"

"Non ti preoccupare."

"Ma.."

"Niccolò, qual'era la prima regola? Fatti gli affari tuoi. È meglio, sia per me che per te." April non sopporta già più questa discussione, e vuole andarsene da lì il prima possibile.

Sa benissimo che il modo peggiore per sviare i sospetti di qualcuno è proprio quello di continuare a negare l'evidenza, ma stanotte ha più fretta del solito.
È quasi l'alba, e deve fare in fretta se...se vuole vederlo.

Senza aggiungere altro gira i tacchi e si dirige veloce verso il bivio più vicino, sperando che Niccolò lasci perdere.
Quest'ultimo resta a guardarla confuso e perplesso, ma poi molla il colpo: sa che non ha altra scelta.

Non sono passati nemmeno due giorni da quando era tranquillamente immerso nella sua vita senza scopo, ma queste quarantott'ore hanno avuto il potere di stravolgere ogni cosa.
Adesso, però, ha solo bisogno di dormire.

Non ha ancora chiuso occhio, fatta eccezione per lo svenimento, e si sente completamente distrutto, nel fisico e nella mente.

Forse, se non sentisse ancora il bruciore alla nuca e i brividi lasciati dal panico, dubiterebbe di essere ancora vivo.

𝐀𝐠𝐚𝐢𝐧𝐬𝐭 𝐭𝐡𝐞 𝐰𝐨𝐫𝐥𝐝Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora