" Happy " buble

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Ne io e ne Kurt ci cercammo più.
Dalla sera del 13 Gennaio non ci eravamo ne più visti e ne più sentiti ed effettivamente era meglio così. Ci
eravamo spinti oltre ma veramente troppo oltre, la colpa fu sicuramente dell’alcol e assieme ( nel senso di noi due da soli ) non avevamo mai bevuto tanto. Ok, cerco solo un capo espiatorio. Non eravamo poi così ubriachi! Eravamo abbastanza lucidi da essere nel pieno delle nostre facoltà mentali, insomma non si può dire di essere stati incapaci di intendere e di volere.
Di sicuro, almeno io, non ho mai saputo se lo facemmo per bisogno, per necesità, per rabbia o frustrazione o se lo avevamo voluto al cento dieci per cento. Lui, sapevo per certo, che era molto più confuso di me e ciò mi faceva sentire incredibilmente in ansia e soprattutto in colpa. Quel povero ragazzo era già veramente tanto confuso di suo e aver aggiunto altri pensieri nella sua testa mi uccideva.
Per non avere la tentazione assurda di cercarlo purtroppo mi disconessi dai radar dei Nirvana nonostante ciò implicava tenere anche Shelli lontana, e questa era la cosa che mi dispiaceva di più. Per una volta che avevo trovato un’amica sincera che non mi giudicava o criticava dovevo necessariamente evitarla.
Stavo davvero male. Stavo male per me, per Kurt, per Shelli e anche per George. Ai sensi di colpa che avevo per essere andata a letto con il mio migliore amico ( per cui già era sbagliato provare qualcosa più forte del bene ) sposato, con figlia e situazione già molto complicata a casa a causa di problemi legati a droga, a situazioni irrisolte, troppi interessi economici e ad una situazione sociale e popolare forse realmente mai voluta, si aggiunsero i sensi di colpa per aver discusso precedentemente con il mio migliore amico in assoluto per una stupidaggine per la quale l’avevo perfino trattato malissimo e il fatto che lui non mi avesse urlato contro o smesso di parlarmi mi faceva infuriare di più con me stessa.
Lui con me si comportava come se nulla fosse successo, ma almeno quella volta invece di far fare le cose al tempo chiesi scusa per prima, lui mi sorrise dicendo di apprezzare le mie scuse soprattutto perché insolite e tutto tornò almeno con lui alla normalità.

Uscii dagli spogliatoi vestita, lavata e profumata. Il borsone sulla spalla mi risultava un po’ pesante, ma importava poco. Mi sentivo davvero rilassata. Allentare con Kurt mi aveva dato la possibilità di concentrarmi di più dulla ginnastica artistica, come dire il rovescio della medaglia. Passavo in palestra anche molto più tempo e stavo velocizzando di gran lunga la mia preparazione. Mi diressi verso l’uscita quando mi sentii
chiamare. Mi voltai e vidi Clarissa corrermi incontro.
Clarissa era la mia preparatrice qui a Seattle, era molto simpatica e preparata, ma non so perché ho sempre preferito lavorare con gli uomini. “ Hey Rosemary “ esordì recuperando fiato, io sorrisi e lei continuò: “ Speravo di trovarti quì in palestra ancora. Ti ha risposto la federazione “
“ Davvero? “ chiesi entusiasta
“ Sì “ rispose e mi porse il plico. Io allora lo aprii e saltellai dalla contentezza. Quindi ci abbracciammo e disse: “ Sei stata ammessa! “ io non riuscivo nemmeno a crederci, un corso di due mesi presso il centro federale dell’USAG e ciò signfica che potevo smettere di lavorare per la Geffen, che ultimamente era diventatao più estenuante che soddisfacente.
Entrai in macchina due minuti dopo più euforica del normale. George guardò Jane Pierre e dopo aver abbandonato il vialetto chiese: “ Natale è arrivato con dieci mesi di anticipo? “
“ Probabile “ risposi
“ Mi dirai prima o poi cosa c’è di tanto bello da essere euforici o devo sopportarti fino a casa con i tuoi sogghigni improvvisi? “ domandò, io sorrisi però senza rispondergli. Dallo specchietto retrovisore vidi le sue sopracciglia sollevarsi come a dire < Allora? > ma restavo zitta battendo le mani. “ Penso che dovrai aspettare
di tornare a casa “ gli disse Jane Pierre accarezzandogli la gamba. Li guardai con tenerezza e con un groppo in gola.
George mi parlò di lui il 14 Gennaio ( e... non... posso... proprio... dimenticarlo ) e me l’aveva fatto conoscere poco dopo presentandomi come la sua < piccola vita >. Jane Pierre era davvero tanto simpatico, era educato, raffinato e soprattutto moderno. George adorava gli uomini così e Jane Pierre, a cui piaceva leggere, disegnare e preparare dolci ( buonissimi tra l’altro ), gli interessava davvero tanto e voleva che la cosa funzionasse. Anche io volevo che la cosa andasse bene perché in fondo lui piaceva molto anche a me. George se lo meritava l’amore della sua vita davvero tanto. E poi io avrei potuto sempre rendere abitabile la mansarda, alla fine mi bastava anche solo una brandina e un’asta per appendere qualche abito.
Li costrinsi a sopportare la mia euforia fino al dolce: quella sera baklawa, quando mi alzai in piedi e dissi: “
Ho un annuncio da fare “
“ Ti sei fidanzata? “ chiese George, il suo ragazzo sorrise accarezzandogli il braccio e risposi: “ No “
“ Oh peccato! Ci speravo! “ esclamò
“ È qualcosa di meglio “ dissi
“ Oddio! Ti sposi direttamente? “ chiese ancora George
“ Dai smettila! “ lo riprese Pierre
“ L’accademia allenatori di ginnastica artistica della Federazione Nazionale mi ha accettata! “ annunciai, George si alzò urlando e mi raggiunse abbracciandomi. Iniziammo a saltare sul posto quando si alzò Pierre e disse: “ Avete... spumante o champagne in frigo? Dobbiamo festeggiare! “ io e George non lo sentimmo ne andare e ne tornare. “ Solo vino bianco. Vabbè ci accontentiamo! “ disse, ma George gli tolse la bottiglia dalle mani, la poggiò sul tavolo e se lo trascinò a saltare con noi.
Mangiammo il dolce, bevemmo vino e poi accendemmo lo stereo a palla. “ A morning I wake up before I put
on my make - up I say a little prayer for you! “ iniziai a cantare salterellando in maniera scomposta, allora Pierre mi raggiunse e disse: “ No, tesoro. Aretha è Aretha e si deve saper ballare oltre che cantare! “ così mi prese e mi insegnò a muovermi sulla musica di Aretha Franklin. Cercammo di coinvolgere anche George, ma era proprio svogliato quella sera. La cosa però si fece solo più divertente ed esilarante. Cademmo stremati sul divano dopo il sesto ballo... eh sì, era proprio una serata che mi piaceva quella. Già solo così mi potevo dire contenta della mia vita nonostante tutto.

Come detto mi ero completamente distaccata dal canale dei Nirvana, non perché non mi interessavano più ma perché mi faceva pensare di meno a lui, tuttavia era una mezza bugia perché di pensarlo lo pensavo, l’unica cosa era che non mi dava la tentazione di cercarlo. Capivo la sua situazione e sapevo ce doveva prendere importanti decisioni per la sua vita così mi limitai solo a mandargli un piccolo pensiero per il suo compleanno con un bigliettino in cui figurava scritto solo < Buon ventisettesimo compleanno! Sei sempre
nei miei pensieri XXX > e glielo feci dare da Dave che, come al solito, non fece domande. Ultimamente mi ero data alla serigrafia con George e Pierre così gli disegnai una t-shirt ricopiando la copertina di uno dei suoi album preferiti. Niente che non avrebbe potuto trovare in qualche negozio di dischi e/o emporio specializzato, lui mi mandò una rosa come simbolo di ringraziamento e nel biglietto aveva disegnato solo un cuore. Per il resto non sapevo più cosa gli stava succedendo o cosa stava vivendo sapevo per certo che lo sarei andata a cercare due minuti dopo. Può sembrare che non riuscissi a pensare ad altro ma gli allenamenti in accademia mi tenevano abbastanza impegnata da farmi arrivare così stremata a casa che crollavo prima
ancora di essere a letto, George e Pierre mi chiamavano la nuova bella addormentata in quel periodo.
Davvero dei simpaticoni!

Angolo autrice
Possiamo dire distanti ma vicini?
Ad ogni modo scusate per la lunga assenza cercherò di essere più presente!

This Is My Kurt CobainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora