Capitolo IV.

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Erano le quattro del pomeriggio, il sole era alto in cielo e la mia unica voglia era quella di sprofondare nel divano senza uscirne più.
Mia madre sarebbe tornata tardi dal lavoro, stessa cosa papà, Federico era andato all'università e la mia migliore amica era andata a casa per studiare in fretta e furia, e poi tornare a farmi compagnia.
Non so perché l'avevo fatto restare, né cosa stesse pensando Federico mentre glielo chiedeva anche a lui, ma fatto sta che in quel momento lui era seduto accanto a me a guardare un film, con una scatola di gelato in mano.
« Gelato? »
Chiese Gabriele indicandomi la vaschetta alla stracciatella tra le sue mani. Beh un pensierino sul gelato lo avrei potuto fare, soprattutto dato che la stracciatella era il mio gusto preferito.
« Sì. »
Risposi concisa, prendendo tra le mani la vaschetta, il mio unico amore. Probabilmente sarebbe stato meglio essermi fidanzata con lei, almeno ero sicura che non mi avrebbe mai tradito.
Stavo mangiando il gelato davanti ad un episodio di Pretty Little Liars quando suonarono il campanello. Mi alzai dal divano mettendo in pausa la tv, Gabriele si era addormentato, faceva quasi tenerezza.
« Chi è? »
Chiesi sospirando, non ero in vena di vedere nessuno.
« Sono tua moglie, e con me c'è anche Fede. Mi apri perpiacere? »
Chi poteva essere se non Elisa? Fece un lieve sorriso divertito, aprendo la porta ai piccioncini. Dopo di che mi ributtai sul divano, facendo svegliare Gabriele, che non era di molta compagnia.
« Ditemi, chi lo sa apparte tutta la scuola di ciò che ha fatto quel bastardo? »
Il nervoso mi stava assalendo, letteralmente. Non riuscivo più a piangere e basta, non mi ero accorta che il dolore era piano piano scomparso, lasciando il posto all'odio ed al nervoso, me l'avrebbe pagata, eccome se lo avrebbe fatto.
Mi arrivò un messaggio da Simona, lo lessi e dopo scoppiai di rabbia.
" A quanto pare anche Andrea si diverte a prendere per il culo la gente. Vai da Els, consolatevi a vicenda. "
Una delle mie migliori amiche, aveva appena subito un colpo basso, e non intendevo farla passare liscia quel coglione.
« Vuoi veramente saperlo? »
Mi chiese Federico, e no, non parlo di mio fratello. La sorella di mia nonna aveva avuto un figlio in tarda età, avendo la grande fantasia di chiamarlo Federico, come mio fratello.
« No, grazie. Mi vesto ed usciamo, mi sono rotta di stare qui dentro. Voglio spaccare la faccia ad un coglione. »
Senza aspettare repliche, mi andai a cambiare, mettendoci pochissimi minuti. Una volta tornata in salotto, svegliai - senza molto tatto - Gabriele, che mi guardò come se fossi un marziano.
« Sto uscendo. Vuoi vedere anche tu come spacco la faccia ad Andrea? Se sì, sei il benvenuto. »
Presi il telefono mettendolo nella tasca dei jeans, per poi uscire di casa.
Trovai Andrea senza troppi problemi, a quanto pare stava "socializzando" con Camilla.
Mi avvicinai senza troppi problemi al ragazzo, mentre i miei amici e Gabriele mi guardavano da lontano.
« Ciao Camilla! Puoi sparire per qualche minuto? Dopo puoi anche tornare a pendere dalle labbra di questo coglione. »
La ragazza mi guardò perplessa, togliendo il disturbo dopo qualche secondo.
« Ma chi si rivede. Devo ammettere che il genere maschile sta cadendo proprio a picco, prima Mattia e poi te, dovreste farvi schifo. Punto primo lascia in pace Els, o ti giuro su me stessa che anche se scappi dall'altra parte del mondo, io ti troverò e ti ucciderò con le mie stesse mani, e fidati se ti dico che non mi faccio, né mi farò scrupoli. Punto secondo, non è la tua concubina, perciò puoi anche continuare a farti le tue amichette, che fate invidia al mondo. Ovviamente sono sarcastica, in realtà siete delle merde mai viste prima. »
Mi ero sfogata, sia per quanto riguardava me, sia per Elisa, non restava che andare a consolarla.

[ Gabriele. ]
Avevo passato le due ore successive alla sfuriata di Martina contro Andrea, a casa di una delle sue tante amichette che quel coglione aveva preso in giro. Anche se ciò era all'ordine del giorno oramai.
Stavo camminando per strada, quella ragazza mi stava facendo uno strano effetto, non avevo mai visto nessuno accasciarsi e rialzarsi nell'arco di un pomeriggio, era una cosa ammirevole.
Ma ahimè, non sono il tipo da una storia, ma neanche da una botta e via, non voglio ammetterlo, ma non voglio essere ferito.
« Sono a casa. »
Urlo per farmi sentire da mia sorella. I nostri genitori per fortuna non sono a casa, non sarebbe stato molto sicuro per Erika.
L'unica luce che accende le mie giornate mi compare davanti, i capelli neri legati in una crocchia disordinata, e gli occhi nocciola sorridenti.
« Gabri! Ma dove sei stato tutto questo tempo? »
Mi chiese Erika, osservandomi attentamente. Non avevo mai fatto quelle azioni prima di oggi, apparte per mia sorella.
Nostra madre ci aveva lasciati a nostro padre appena mia sorella era nata, e mio padre non reggendo il colpo aveva cominciato a bere, diventando un alcolista. All'inizio non ci faceva del male, ma con il passare degli anni, aveva cominciato a picchiarci, soprattutto me, perché ero identica a lei, e gliela ricordavo troppo.
« Niente, ho aiutato una persona. Cosa mi hai preparato per cena sorellina? »
Chiesi divertito, rinchiudendola in un abbraccio.
« Fettuccine al ragù, la pasta l'ha fatta nonna ovviamente. »
Non sapevo come facesse ad essere così felice, dopo quello che ci era successo in diciassette anni di vita.
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Presi il telefono tra le mani, e senza accorgermene digitai il nome "Martina" sulla rubrica. La chiamai, senza neanche sapere il perché, fatto sta che dopo il terzo squillo mi rispose.
- Pronto?
Ehy Fiorini, come ti va la vita?
Come mai mi chiami a quest'ora Muzzi? Ti manco?
Non fare del sarcasmo con me Martina, che mi da fastidio.
Allora lo farò più spesso. Comunque la vita mi va male, stavo andando a dormire, buona notte Gabriele.
Buona notte Martina. -
Era stata la conversazione più imbarazzante della sua vita.
Meglio dormirci sopra. Mi misi sotto le coperte, attendendo che Morfeo mi prendesse tra le proprie braccia.

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