𝘾𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤 17

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Pensieri aggrovigliati tra di loro;
Ma che riconducevano sempre ad una persona: Draco.

Non smettevo di pensare a Pansy che lo chiamava amore.

Amore, pff.

Guardavo un punto fisso sdraiata sul letto, «t/n, scendi in giardino comune?», domandò Hermione, mettendosi un cappotto pesante grigio perla, «stiamo andando tutti lì e poi andiamo a cena»

«Mhmh», accennai senza rivolgerle uno sguardo, «vi raggiungo tra qualche minuto»

Rimasi immersa dal silenzio di quella stanza vuota, finché non mi alzai dal letto con l'intenzione di andare a fare una passeggiata per i corridoi, da sola.

Tenevo le mani in tasca, guardavo per terra i miei piedi che si muovevano lentamente sul pavimento. Arrivai in un angolo di corridoio in cui era presente un bivio. Una leggera luce trapelava dalla finestra, un raggio di sole che colpiva i miei occhi fino a farli brillare.

Alzai il volto, non feci a meno di notare che la gabbia era vuota.

Ci misi un frammento di secondo a ricordare quanto fosse tempo fosse passato da quando provò l'armadio, e la visione vacua di ciò che vi era all'interno di quelle sbarre mi aiutò a capire che non stavo facendo abbastanza;
Qualcosa battè contro la lampadina dei miei pensieri, un'idea azzardata quasi la fulminò.

Era il momento. Non avevo altra scelta.

«Voglio tornare a casa Evans.», pronunciai decisa, a pugni stretti.

Aprii gli occhi lasciando che un sussulto mi avvolgesse il petto, un rumore assordante mi tamburellava le orecchie finché non mi voltai e spensi la sveglia.

Velocemente mi alzai dal letto, feci cadere goffamente le lenzuola per terra che per poco non inciampai, e mi diressi verso la scrivania, cercando tra i vari libri quel piccolo quaderno.

La porta della mia stanza si spalancò, lasciandomi pietrificata mentre con occhi sbigottiti osservavo l'orlo dell'entrata, «non ci vai a scuola, oggi?.», il tono severo di mio padre si espanse nel mio sangue fino a farlo raggelare, mi guardava con un'espressione di disappunto, come se con un semplice sguardo mi stesse rimproverando.

«I-io stavo-...», tentennai, «cercando una cosa.», tirai fuori quelle parole con fermezza, avvelenandolo con lo sguardo.

«Muoviti, o farai tardi. La cercherai dopo, sbrigati che devo accompagnarti io.», sputò nervosamente e si allontanò senza chiudere la porta.

«Fanculo.», sibilai a denti stretti continuando a cercare, ma non trovai nulla.

Un tonfo provenne dal salotto, «t/n, che cazzo, ti sbrighi!?», urlò mio padre, «ti aspetto fuori, se non esci entro cinque minuti giuro che me ne vado e te ne vai a piedi!», sbattè la porta d'ingresso.

Sbuffai rumorosamente, se non fossi stata in ritardo, probabilmente me ne sarei fregata di dover andare a piedi. Presi lo zaino da terra e lo misi su una spalla, dirigendomi in macchina con lo sguardo aggrottato.

Il silenzio dominò lungo tutto il tragitto, l'aria era tesa e la puzza di sigaretta si espandeva dentro l'auto, mentre mio padre non smetteva di fumarla ad ogni battito di ciglia.

Arrivai a scuola, scesi dalla macchina senza neanche degnargli di un saluto, presi lo zaino dal sedile e feci per chiudere la portiera, «non si saluta?», domandò rigoroso, «neanche un grazie per averti accompagnata?»

Mi morsi le guance guardando altrove, non riuscivo ad incrociare i suoi occhi, lo detestavo talmente tanto che ogni volta che avevo a che fare con lui era come se dentro di me si espandesse dell'acido, «grazie.», accennai con indifferenza, per poi chiudere lo sportello e dirigermi velocemente vero l'entrata.

You saved my life | Draco Malfoy (+16)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora