Capitolo 3.

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POV GILDA

Mai avrei detto che un'uscita tranquilla si trasformasse in questo modo e soprattutto mai avrei giurato di vedere Ania impallidire e tremare per qualcuno che nemmeno conosce.

Arriviamo in ospedale e la noto guardarsi intorno con sguardo impaurito, infatti, ha la fobia dei medici e delle siringhe e mi si stringe il cuore a vederla così, sembra una leonessa ingabbiata, le metto una mano sulla spalla e ci dirigiamo al pronto soccorso.

Sentiamo delle voci e lei accelera il passo, spalancando la prima porta che le capita a tiro, delle volte la sua frenesia mi fa paura.

<<Ragazzina e così tu e la tua amica ci avete salvato la vita.>>

Le arrivo alle spalle e guardandola la noto arrossire, fissare inviperita il ragazzo del ristorante e andarsene sbuffando.

Continuo a fissarla scioccata, per quale motivo si comporta così?

Mi giro verso i due ragazzi divertiti dal comportamento di mia sorella e dico:

<<Di solito è molto più simpatica di così ma oggi pare non riesca a non fissare male qualcuno. State bene?>>

Noto il ragazzo con gli occhi azzurri fissarmi con una certa insistenza e subito dopo schiarendosi la gola dice:

<<Non che Enea abbia fatto qualcosa per apparire simpatico agli occhi della tua amica, comunque si stiamo bene. Posso sapere il nome delle fanciulle che ci hanno salvati?>>

<<Io sono Gilda, la ragazza che è uscita fuori è mia sorella e si chiama..>>

vengo interrotta dall'altro ragazzo, Enea se non sbaglio, che termina al posto mio la frase dicendo

<<Anastasia>>

con uno sguardo strano e perso nei suoi pensieri. Che si sia preso una cotta per Ania? Lo fisso stranita e lui scuote la testa.

Occhi azzurri mi sorride e dice:

<<Felice di conoscerti Gilda, io sono Tommaso e come ho detto prima lui è Enea, mio cugino. Ringrazia tua sorella da parte nostra e per sdebitarci vorremmo invitarvi a cena, decidete voi dove e quando.>>

A conferma di ciò Enea si alza e gli da un biglietto che lui porge a me dicendo:

<<Questo è il mio numero, aspetto vostre notizie.>>

Dopodiché entrambi se ne vanno lasciandomi lì, imbambolata a fissare i letti vuoti. Ma vanno via così? Nemmeno un'ammaccatura? Un graffio? Un osso rotto? Niente di niente, com'è possibile.

L'ultima volta che sono caduta mi sono rotta la rotula del ginocchio, questi sono rimasti bloccati in un'auto e si sono alzati come se nulla fosse. Forse sono io paranoica.

Mi riprendo e vado da mia sorella che parla con un suo amico, quando mi vede e lo saluta dirigendosi verso la macchina.

Decido di guidare io e dopo un po' sgancio la bomba:

<<Enea e Tom ci hanno invitate a cena fuori.>>

<<E chi sarebbero?>>

Dimenticavo che a una certa ora i suoi neuroni vanno in stand-by.

<<Occhi grigi e il suo amico.>>

Mi fissa sconcertata e risponde:

<<Assolutamente no. Non mi convincono quei due e non ci vengo.>>

Decido di fare leva sulla sua umanità e me la raggiro per bene:

<<Fammi capire non ti convincono e mi fai andare da sola? E se mi succede qualcosa?>>

Mi fissa a occhi sgranati e dice

<<Oddio va bene vengo con te.>>

Sorrido vittoriosa, si rende conto di cosa ha appena fatto e mi addita dicendo:

<<Sei una stronza, non devi giocare con la mia bontà così non è giusto!>>

Le rispondo ridendo

<<Taci, ti sto facendo un favore occhi grigi si è innamorato di te.>>

<<E chi se ne fotte.>>

<<Tu e probabilmente dopo un po' di tempo lui a te.>>

Arrossisce e mi fissa malissimo. Rido. È adorabile quando si arrabbia.

<<Ti odio.>>

Oh sorellina mi amerai, fidati. Le rido in faccia e mi fermo a prendere due cornetti alla nutella sperando di addolcire il limone che mi ritrovo per sorella.

𝐈𝐥 𝐛𝐫𝐚𝐧𝐜𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐢𝐥𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora