♫ 𝐴𝑥𝑤𝑒𝑙𝑙 /\ 𝐼𝑛𝑔𝑟𝑜𝑠𝑠𝑜 - 𝑅𝑒𝑛𝑒𝑔𝑎𝑑𝑒

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Un rombo di un potente motore si levò nell'aria arrivando fino al cielo, quasi a squarciare le poche e sottili nuvole presenti. Nuvole tinte di ambra a presagire un imminente tramonto sulla città che incominciava a spegnersi lentamente. Un cielo caldo dalle più svariate tinte di arancione stava osservando una moto sfrecciare di corsa sul suo obbiettivo prestabilito, preimpostato.
Dall'altra parte della città un ragazzo invece era appena uscito dal posto di lavoro. Alzando la testa ammirava lo splendido spettacolo che la natura gli stava offrendo quel giorno. Sembrava proprio l'inizio di un tramonto speciale, diverso dagli altri, ma soprattutto di un crepuscolo ancora più suggestivo.
«Ma che cavolo!» Imprecò spaventato dal forte rumore nato dietro di sé. Assorto completamente dal telefono, nella speranza di vedere un messaggio da una persona in particolare tra le varie notifiche, la paura del rombo lo fece sussultare doppiamente. Stizzito, pronto ad inveire contro la fonte del rumore sconosciuto, si voltò. Tutto lo spavento e la paura mutarono rapidamente in ansia e incredulità. Il Destino non gli aveva fatto ricevere nessuna notizia dalla persona tanto desiderata ma bensì aveva fatto di meglio!
«M-ma che ci fai tu qui?» Borbottò con un tono che lasciava trasparire limpidamente tutto il suo sgomento. Afferrando con entrambe le mani protette da spessi guanti neri, si apprestava a togliere il casco del medesimo colore ancora in sella al suo veicolo.
«Beh!? Mi dici solo questo? Che bella accoglienza» Sarcastico, sfoggiando la sua arma vincente il suo sorriso, si stava aggiustando i capelli scompigliati come poteva.
«È che non mi aspettavo di vederti» Gli disse dopo un abbraccio in forma di saluto.
«Si chiamano sorprese per un motivo» Enfatizzò la parola concludendo la frase con un rapido occhiolino.
«Ricordo che ti piacevano le moto, giusto?» Durante le varie conversazioni, messaggistiche o reali a tu per tu, era saltato fuori spontaneamente l'argomento essendo una cosa in comune tra i due.
«Ricordi bene», si pronunciò in una risatina «e comunque non li hai aggiustati per nulla i capelli». Continuò con quella leggera risata. Avvicinandosi mise una mano tra quei corta chioma castana, leggermente mossa. Muovendola tra di loro diede un senso a quei ciuffi. «Tanto devo rimettere il casco» Si ritrovò a guardarlo negli occhi per la vicinanza. In quei occhi azzurri, particolari, che lo contraddistinguevano. Occhi cristallini. Occhi tendenti al grigio. Un iride intensa non solo per il suo innato colore.
«In realtà...» dalla moto prese un secondo casco di colore bianco, «che ne dici di metterlo anche tu e di andare a fare un giro?» Tornò a guardarlo speranzoso di un sì.
«Devi solo aiutarmi ad allacciarlo. Non riesco mai ad azzeccare la chiusura!» Ribadì dopo averlo preso e indossato.
«Vieni qui, ci penso io» Sorrise a quella risposta affermativa sottintesa. Prendendolo dalla vita lo aveva avvicinato estremamente alla moto, a sé, azzerando quasi del tutto le distanze tra loro. Le sue dita a salsicciotto stavano stranamente avendo un po' di difficoltà con la chiusura.
Occhi curiosi di vedersi ad una distanza così ravvicinata, giocavano a guardare altrove per poi ricongiungersi e trovarsi di sfuggita. «Fatto!» Esclamò rimanendo nella stessa posizione, nella stessa vicinanza.
«È della misura giusta. Lo sento ben saldo in testa» Disse portando entrambe le mani sull'oggetto.
Una frase di circostanza per spezzare il rumoroso silenzio impregnato di imbarazzo. Decise di mettersi anch'esso il casco avviando poi il motore. Con il tallone sinistro, facendo di conseguenza peso sull'altro piede spostando la moto, ripose il cavalletto.
«Salta su!» Lo invitò porgendogli una mano mentre con l'altra abbassò la visiera davanti agli occhi. Afferrandola, dopo una piccola spinta partita dal piede poggiato sulla pedana sinistra, si mise in sella alla moto anche lui. Lasciandogli la mano, poggiandole dopo entrambe sulle sue grosse e larghe spalle, si posizionò meglio al suo posto passeggero lievemente rialzato.
«Mi fai vedere come ti tieni?» Voltandosi verso destra gli pose la domanda con fare interrogatorio ma divertito.
«Io preferisco tenermi in questo modo» Si mise in posizione. «In primis con le gambe unite a te ma non troppo da essere un peso. Poi una mano l'appoggio sul serbatoio mentre con l'altro braccio afferro te. Così sia per le frenate» batté la mano sul serbatoio, «che per le accelerate» strinse il braccio al suo addome, «ho una presa salda in modo da non darti fastidio con il mio corpo addosso al tuo. Poi inverto le braccia quando le sento indolenzite o un po' addormentate» Concluse la sua spiegazione rialzandosi a schiena dritta.
Quello del passeggero non è per nulla un ruolo facile! Bisogna stare sempre attenti a non recare fastidio al guidatore con la propria presenza. A non essere un peso scomodo. Bisogna assecondare i movimenti della moto, lavorare di gambe, di braccia e prestare attenzione alla strada. «Ovviamente se c'è una strada in totale discesa uso entrambe le mani per fare peso sul serbatoio, oppure se c'è una strada tutta in salita o un rettilineo con entrambe le braccia mi tengo a te per l'accelerazione» A mo' di professorino rettificò la sua precedente spiegazione prima che l'altro potesse proferire parola. «Allora è vero che sei andato in moto svariate volte»
«Non mi credevi? Questa me la lego al dito» Ridendo entrambi la moto iniziò il suo corso immettendosi nella carreggiata sotto uno splendido cielo che assumeva sempre di più dei toni freddi ed intensi di arancio. Si godevano l'incanto di quel tramonto percorrendo la strada su due ruote. Lo zig zag tra le macchine. Le luci delle vetture che riflettevano sulle loro visiere. I lampioni che da poco si erano accesi erano pronti ad illuminare lì dove la notte a breve sarebbe scesa col suo freddo manto. «Tutto bene?» Gli poggiò una mano sulla coscia.
Con i piedi ancorati al terreno teneva in equilibrio la moto. Fermi alla brillante luce rossa del semaforo aspettavano lo scattare di quella verde.
«Sì, tutto bene. Sei davvero molto bravo come guidatore» Di poco si era esposto al lato destro con il capo per risponderlo.
«E tu sei un ottimo passeggero, so che non è semplice» Muoveva il pollice a destra e sinistra con la sua mano ancora incollata alla coscia guardando il semaforo.
Era la prima volta che il contatto era così serrato tra i due. I corpi quasi attaccati, schiena al petto. Le braccia che stringevano quel suo forte e massiccio busto. La mano calda che gli aveva provocato un brivido dalla coscia sfiorata continuando verso la schiena.
Di verde si illuminarono i loro visi, segnale che era il momento di ripartire. Dal lato passeggero ammirava non solo il cielo sovrastante ma una visuale ben più lieta e ricercata. La schiena possente, enorme, di lui lo quasi rassicurava. Un giubbotto nero la riempiva in modo tale da sembrare ancor più grossa. Forte, la giacca sbatteva sui fianchi per la velocità della moto tra i sorpassi nel traffico. Il paesaggio scorreva rapido, come una pellicola vista girare su di un nastro. Dinamiche le immagini tendevano a sbiadirsi per la velocità.
«Tieniti!» Poggiandosi una mano all'addome, da una carezza vellutata dal guanto, gli sfiorò la mano presente. Fulmineo scostò l'altro braccio finendo per tenersi completamente a lui. In un baleno arrivarono una serie di sorpassi. Curve tra rientri e uscite in corsia. Finalmente arrivò il vero brivido della velocità! Il brivido che solo una moto può darti. L'adrenalina rilasciata dall'euforia. L'adrenalina di sentirti invincibile su di un mezzo così potente! Ascoltare il rumore del motore che chiede sempre di più. Ascoltare la moto che ti dice: "Vai, andiamo liberi verso un nuovo orizzonte di una nuova strada". Ascoltare il fremito interiore dell'eccitazione che supremo comanda tutto il corpo. Un brivido inspiegabile e impagabile!
«Ci sei?» Urlò per farsi sentire viaggiando ancora ad alta velocità, ad alte marce.
«Sì!» Esclamò quasi in un grido dettato dall'enfasi e dall'entusiasmo del momento.
Aggrappato totalmente a lui riusciva ora a sentire tutto il suo massiccio corpo addosso. Abbracciando quelle linee , quei muscoli, scolpite dalla palestra. Contento, sotto quei baffi castani, nacque uno spontaneo sorriso. Allora riprese costante ad accelerare.

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