Il viaggio durò altri cinque minuti circa, non parlammo quasi più se non fosse per qualche sguardo fatto di nascosto, la situazione iniziava a piacermi, sapeva coinvolgermi, interagiva e rispondeva bene agli spunti.
Probabilmente l'avevo giudicato male.
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Aggiunsi il tag del ragazzo in una parte poco visibile della foto e continuammo a camminare indisturbati, nonostante la pioggia. La brezza mista alla pioggia aveva fatto abbassare le temperature, in più non avevo né una giacca né un ombrello e soprattutto non avevo la minima idea di dove mi stesse portando, portai le mani sulle braccia per scaldarmi un po' fin quando il ragazzo non porto lo sguardo sulla mia figura tremante, «prendila» disse mentre si sfilò la sua giacca, scossi la testa in segno di negazione, «tranquillo, fa niente», mi rivolse uno sguardo contrariato, «non accetto un no» quasi rassegnata, o meglio lo apparivo solo al suo sguardo, accettai la giacca, «grazie» dissi mentre mi riavvicinai a lui. «Guarda che puoi venirmi più vicino, non mordo mica» proruppi mentre continuavo a camminare, «non volevo invadere il tuo spazio, magari ti convincevi dell'idea che hai di me» non dissi più niente, probabilmente l'avevo ferito, ma comunque si avvicinò a me, mi sentivo legata a lui ma non capivo come o meglio cosa ci legava.
Dopo altri minuti a piedi mi portò nella Galleria Vittorio Emanuele II, era meravigliosa, non ci ero mai stata, rimasi a fissarla per un po', ne ero rimasta estasiata: le mille luci che rifletteva o in ogni angolo, le miriade di negozi che ci circondavano.
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«Non c'era bisogno di portarmi qui, mi sarei accontentata di tutto» parlai mentre gli presi una mano incrociandola con la mia, lo feci senza accorgermene ma lui non me lo fece notare, anzi, sembrava compiaciuto, «ma figurati l'ho fatto con piacere, ma comunque se vuoi andare da qualche altra parte dimmelo pure, senza vergognarti» mi sorrise, solo in quel momento mi accorsi di quanto bello fosse. «Magari facciamo un giro e poi andiamo in un posto che senti tuo, dove ti senti a casa, così che possa capire chi sei veramente» annuì e continuammo la passeggiata.
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«Comunque questa cosa che tu non mi abbia permesso di pagare mi dà fastidio» disse lui puntando il suo sguardo nel mio, «e a me da fastidio non sapere il tuo nome ma mica mi lamento» enunciai con fare ovvio, «giusto, me ne sono dimenticato, Aziz» parlò porgendomi la mano, «Flora, ma penso tu lo sappia già» gliela strinsi. «Per quanto riguarda la questione di prima, mettiti in testa che non dovrai mai pagarmi niente di quello che io voglio, sono miei capricci e me li soddisfo da sola, se vorrai dopo mi offrirai qualcosa», riprese la mia mano, «continuo a non accettarla», «fattene una ragione» gli sorrisi e continuiamo a camminare per le vie milanesi.
