If I could fly

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"Ti prego Scar, giuro che non è una festa, è una semplice serata con musica dal vivo, nient'altro, ci saranno anche gli altri."
Sbuffai esasperata all'ennesima richiesta della mia migliore amica, anche se era buffa mentre mi faceva gli occhi dolci solo per convincermi.
Avrei anche voluto andarci, ma spesso diceva che non erano feste solo per farsi dire di sì, ritrovandomi poi tra gente ubriaca, corpi sudati e ammassati che ballavano reggendosi a stento in piedi.
"Ah-ah, no honey, non stavolta."
"Ma lo giuro Scarlett! C'è anche la locandina fuori al pub!"
Sobbalzai quando alzò il tono con la sua voce stridula, mettendomi poi a ridere.
"Bene, quando la vedrò, ti dirò di sì. Ora devo scappare Em, ma aspetto con ansia tue notizie." Ammiccai, sapendo quanto la stessi stuzzicando con le mie risposte.
"E va bene, ci passo prima di andare a casa, fanculo, tanto ci vediamo stasera."
Risi ancora e uscii dal bar, salutandola con la mano mentre lei mi guardava irritata ma anche divertita.
Emily Peters era la mia compagna di vita, la mia spalla forte, la mia salvezza.
Il mio spiraglio di luce in quei tre anni di totale oscurità.
Il rapporto tra me ed Em era sempre stato così intenso da tenerci insieme anche quando fuori ci crollava il mondo addosso, e l'amerò eternamente per questo.

Appena misi piede in casa, c'era il solito silenzio assordante.
Non che mi aspettassi dell'altro, abitavo da sola.
Posai le chiavi all'entrata, notando come sempre quella foto di famiglia in vacanza a Parigi. C'ero io che baciavo la guancia di mia madre ed Eve che faceva lo stesso con mio padre.
Una delle mie foto preferite, una delle più dolorose, scattata qualche settimana prima della fine di tutto, e mi sembrava quasi di non riconoscerci, come se non fossimo mai stati noi quelli felici a sorridere davanti all'obbiettivo. Mi veniva quasi da ridere, pensando all'ironia della sorte.
Una lacrima stava minacciando di uscire ma la raccolsi prima che potesse farlo, prima che l'ennesimo attacco di panico prendesse il sopravvento.

Corsi velocemente in camera, riparandomi nel mio letto.
Probabilmente gli attacchi di panico erano la seconda cosa peggiore che mi fosse capitata.
Le mani mi iniziavano a tremare, avevo i brividi e allo stesso tempo goccioline di sudore iniziavano a formarsi ovunque, la gola sembrava restringersi sempre di più e il cuore mi martellava nel petto, come se lottasse per uscire da un momento all'altro, costringendomi a boccheggiare per trovare un po' d'aria, le gambe cedevano, diventando molli come gelatina, ma grazie alla dottoressa Kohl avevo imparato a gestirli, non sempre, ma quando erano lievi sembrava che ce la potessi quasi fare.
Ero stanca di essere così debole, così vulnerabile, scappavo da ogni cosa, persino da me stessa.

Riaprii gli occhi quando sentii la suoneria del mio cellulare.
"Pronto?" Risposi sbadigliando, notando che erano le sette di sera.
"Vai a prepararti, honey, andiamo al Macey's stasera, ho vinto ancora!" Ricalcò la parola honey, come la chiamai io quella mattina, per farmi il verso. Sorrisi e notai che chiuse la chiamata senza darmi neanche il tempo di rispondere.
Quando sbloccai il telefono, vidi che mi aveva inviato la fatidica foto della locandina e ahimè, aveva detto la verità quella volta.
Questa sera dalle 21:00 alle 22:00 il Macey's ospiterà Harry Styles, cantautore emergente, con un live dei suoi inediti.

Arrivai fuori al pub a piedi, avevo voglia di camminare e non ci misi molto. Mi avvolsi nel mio cappotto e nella mia sciarpa mentre aspettavo i ragazzi, che come sempre erano in ritardo, e mi maledissi mentalmente per aver messo un vestitino e delle semplici e leggere calze nere a coprirmi le gambe nude, stavo gelando.
Decisi così di iniziare ad entrare e mi incamminai all'entrata a testa bassa stando attenta a non inciampare nei miei stivali col tacco, ma mi resi conto presto che fu una pessima idea quando andai a sbattere contro qualcosa, anzi, qualcuno.
"Dio, scusami non ti avevo visto." Borbottai imbarazzata, le mie guance si dipinsero di rosso mentre mi sistemavo la sciarpa, sentendomi subito in colpa per non aver guardato davanti a me e finendogli addosso.
"Non importa, sta' tranquilla. Ti sei fatta male?" E quando alzai lo sguardo, mi pentii di non averlo fatto prima.
Bastò un attimo per dimenticarmi del freddo, del ritardo dei miei amici e dell'imbarazzo che provavo.
Mi guardava allarmato, con quegli occhi che sembravano degli smeraldi con il bagliore della luna, preoccupati e apprensivi. Sembrava quasi disumano, con quei capelli ricci perfettamente ordinati, le mascelle ben scolpite, le labbra piene e rosa, e ancora i suoi dannati occhi.
"Oh, no sto bene, grazie e scusami ancora."
Annuì e mi sorrise appena, rivelando così una graziosa fossetta che fece sorridere anche me, sparendo poi dalla mia vista.

Lonely souls 》 H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora