Capitolo 3

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Quando, dopo tutta la fatica che avevo fatto per addormentarmi, qualcuno bussò pesantemente alla mia porta, io non avevo voglia di vivere, ma mi convinsi ad alzarmi sentendo la signora Rosfe, sicuramente mi avrebbe detto che aveva fatto uno strano sogno in cui la salvavo da una scala assassina con la telecinesi, ne sono sicura...

-Ho parlato con i dirigenti-
Mi disse invece tutta felice e allegra, no, magari stavo sognando io - Eh? -
Lei sbuffò - Su ragazzina, ti ricordi, non fare finta-
Se devo descrivere il momento in cui lei confermò che era tutto vero direi: confusione se non panico.
Io mezza intontita mi feci trascinare al piano terra, dove facemmo una colazione, io zitta e lei che parlava come le fangirl in preda a una crisi isterica (vi piacciono le mie similitudini?😎😏)
- Ho detto ai direttori che questa famiglia era interessata a fare un mese di prova prima di adottarti-
Disse mentre mi ingozzavo di fette biscottate -Li ho convinti dicendo che lì c'è un orfanotrofio, gestito da un mio amico che poteva assicurare la cosa- sogghignò - Mi hanno detto che si fidavano di me, lavoro per loro da 20 anni ormai, inoltre sono amica della cara signora dirigente, quindi domani si parte per la Colombia! - esultò facendomi sobbalzare.
Rimasi lì come un pesce lesso ad elaborare la cosa.

I bambini, non so con quale forma di stalckering, sapevano già la cosa e mi subissarono di domande, erano triste ma felici per me, volevano sapere chi era questa famiglia, e se li avrei mai rivisti, mi faceva male il cuore a pensare che dovevo lasciarli.
Sperai con tutta me stessa che in Colombia ci fosse il Wi-Fi.
Così mi feci dare il numero di telefono dell'orfanotrofio: lo scrissi su un foglietto.

Tornai in camera mia a fare le valigie, misi dentro tutto il mio guardaroba, la mia biblioteca e tutto quello che giudicavo indispensabile: tutto quello che c'era in quella stanza. Mentre chiudevo la valigia, mi travolse un dubbio, così decisi che volevo vedere il fascicolo in cui c'era scritto quando e come ero arrivata all'orfanotrofio. In generale, non lo mostrano ai bambini, ma lo danno hai genitori adottivi, con la speranza che lo conservino e che prima o poi parlino con i bambini dell'argomento, abbastanza delicato direi. Così mi diressi verso l'ufficio dei direttori, quando entrai trovai la figlia alla scrivania intenta a scrivere sul computer, mentre chiudevo la porta le alzò gli occhi verso di me e sospirò -Sapevo che saresti venuta cara- disse con un forte accento locale, cosa che io non avevo -Vieni siediti- mi indicò la sedia di fianco alla sua, lei era una donna gentile dai lunghi capelli neri, si chiamava Marica e mi fidavo di lei, non da dirle che io avevo dei superpoteri, ma in generale mi fidavo. Mi sedetti dove aveva indicato, sperando che fosse lei a iniziare la conversazione -Margarita, sei una persona molto gentile e intelligente, sono sicura che avrai successo nella vita, in quanto alla tua nuova adozione, sono molto felice per te, anche se, naturalmente, mi mancherai, spero che questa sia una buona famiglia per te e ovviamente ti ho preso il fascicolo, non c'è scritto molto, non aspettarti gran che- attimi di silenzio interminabili -Decidi pure se vuoi leggerlo qui, o preferisci stare un po' da sola- mi porse i fogli, che io presi con un groppo alla gola -Grazie signorina, credo andrò in camera mia- mi alzai e mi diressi alla porta -Grazie di tutto- dissi -Grazie a te cara- mormorò lei.

Entrai in camera mia e mi buttai sul letto, aprì il fascicolo e fissai i caratteri:

"Margherita Darkghits: nata il 5 Dicembre 2006                                                                                                         Genitori: Herman Mils e Johanna Darkghits, lasciata all'orfanotrofio per motivi economici il 29 gennaio 2007                                                                                                                                                                             Originaria del Galles, genitori in Spagna per lavoro . . ."

E il foglio continuava così, ma non ero per niente convinta che i miei mi avessero abbandonato per problemi economici.

Encanto: Camilo MadrigalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora