Cap.9

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- E' arrivato il momento che ti dica la verità – fece Manuel. Tergiversò per un istante, rimando con le braccia conserte sul petto ad osservare la mia espressione apparentemente vacua. Benché ai suoi occhi potessi sembrare priva di reazione, nella mia mente si rincorrevano le immagini più catastrofiche a cui potessi pensare; le vedevo chiare e limpide come se mi si stessero riproducendo difronte, ma davanti a me c'era solo il suo volto colpevole e in un istante compresi che tutte le mie più grandi paure stavano per avverarsi.

Lo capii dal linguaggio del suo corpo, che contratto e schivo mi si avvicinava a fatica per poi sedersi di fronte a me e tradiva completamente il distacco che dapprima aveva deciso di mantenere.

Tra di noi c'era un abisso, una lastra fredda e spessa che distorceva le nostre figure in quelle di due sconosciuti impacciati in presenza dell'altro.

Mi sedetti a mia volta, prendendo posto alla scrivania e storsi il naso quando realizzai che qualsiasi cosa stesse per accadere era ormai diventata ufficiale.

- Bene – cominciai, cercando d'ignorare il ritmo incalzante del mio cuore che deliberatamente mi si stava stingendo in gola – sono qui, parla –

Manuel si schiarì la voce e serrò i pugni sul tavolo. Le sue pupille somigliavano a due pozzi scuri e profondi di cui non riuscivo a scorgere la fine, tanto erano fluide e arrossate, quasi come se stesse reprimendo un'emozione buia e tanto forte da tormentarlo.

- Non sono stato onesto con te – dichiarò – non ti ho detto tutta la verità. C'è un motivo per cui mi sto comportando così e se potessi farei di tutto per cancellare gli ultimi due mesi – pigolò, portandosi le dita tra i ricci castani.

Tutti i miei dubbi stavano venendo a galla, comprimendosi contro lo stomaco, difatti percepii una forte fitta lungo il diaframma e temetti di perdere fiato – Manuel mi stai spaventando – piagnucolai.

Lui serrò lo sguardo e abbassò il mento, disegnando un'ombra grigiastra sulla sua maglia bianca – quando eri in America c'è stato un momento in cui ero sicuro che non saresti più tornata, e come biasimarti? La tua vita è lì e credevo non appena saresti stata di nuovo inghiottita da quel mondo avresti deciso di rimanere –

Annuii – sì, mi ricordo, ma pensavo fosse un capitolo chiuso –

Manuel scosse la testa, piano, come se stesse cercando di riordinare le idee per rendere il colpo che lì a poco avrebbe sganciato il meno doloroso possibile. Ma certi mali non possono essere evitati, arrivano e ti colpiscono come un fulmine a ciel sereno, scalfendo tutti i tuoi punti deboli.

- Ci eravamo presi una pausa – mormorò, riducendo la voce ad un mero sussurro – lo so, ci sentivamo ogni giorno e ribadivo in continuazione quanto mi mancassi, quanto volessi che tu tornassi da me, ma...- s'interruppe poi. Fu solo allora che la sofferenza esplose lungo il mio corpo, giacché capii dove la sua storia sarebbe culminata.

La fitta più acuta mi colpì al centro del petto, simile ad uno squarcio che prese a sanguinare in brividi lungo le braccia, le quali fui costretta a stringere contro i fianchi per evitare che il tremolio che le lambiva si trasformasse in spasmi veri e propri.

La stanza si fece in un istante più stretta, non abbastanza capiente per contenere il tumulto che stava per divampare lungo le sue pareti. Sbattei le palpebre più e più volte ancora, per assicurarmi di non essere vittima di un sogno brutale o di uno scherzo crudele.

- Sei stato con un'altra, non è così? – balbettai, prosciugata da qualsiasi tipo di emozione. Non riuscivo a razionalizzare alcun tipo di sollecitamento, così rimasi immobile, in balia di vuoto che trascinava con sé qualsiasi tipo di reazione rendendomi passiva.

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