Cap. 17

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Manuel mi guardò stranito. Probabilmente non era ancora riuscito a processare il mio invito, giacché quest'ultimo era arrivato del tutto inaspettato- come un fulmine a ciel sereno- sulla soglia della porta di una casa che stava per lasciare con me al suo interno.

Dal canto mio, io stessa non sapevo come mai avessi insistito affinché rimanesse, rimangiandomi ancora una volta il discorso che con tanta fatica ero riuscita a mettere in piedi solo pochi minuti prima. Come avrei potuto sostenere il mio punto di vista se bastava così poco perché cambiassi ogni volta le carte in tavola?

- Beh? – lo esortai, non avendo ancora ricevuto una risposta. Quando questa tardò ancora ad arrivare però, mi rassegnai.

Non potevo di certo pretendere di portelo soggiogare a mio piacimento e nemmeno avrei richiesto che stesse perpetuamente alle mie regole, fidandosi ciecamente di qualsiasi idea decidessi di condividere con lui.

Ovviamente il suo silenzio mi ferì, ma non mi sentii nella posizione di gustarmi il piacere masochista di quel dolore semi-autoinflitto, così mi allontanai dal portone e camminai verso il corridoio, poi mi appoggiai all'ampio arco che lo separava dal resto del soggiorno e inclinai il busto per ritrovare lo sguardo assente di Manuel – io vado a farmi una doccia – annunciai – spero di trovarti ancora qui, ma se così non fosse ti ringrazio per essermi stato accanto – chiusi gli occhi per un istante e poi li riaprii lentamente, sforzandomi di stringere le labbra in un piccolo sorriso – e per rispondere alla tua domanda: no, non ti meriti questo trattamento –

Non gli diedi tempo per rispondere e mi diressi in bagno in fretta, chiudendomi repentinamente a chiave. Per una volta avrebbe avuto lui le redini del gioco e per far sì che questo avvenisse sarebbe stato del tutto controproducente avermi attorno.

Mi spogliai di tutti i vestiti che indossavo ormai dal giorno prima e mi buttai velocemente sotto il getto dell'acqua che nel frattempo si era fatto tiepido, decorando lo specchio di un leggero velo di vapore; non ci avrei impiegato molto, mi ripetevo, tanta era la voglia di recarmi in ospedale al più presto e di scoprire se effettivamente sarei stata sola oppure no.

Realizzai che avevo speso così tanto tempo a rimangiarmi l'errore commesso che non avevo davvero considerato cosa avrebbe comportato rimanere di nuovo senza Manuel: certo, ero stata io stessa la fautrice del mio sdegno, ma la prospettiva che lui fosse ormai troppo esausto per continuare a combattere per noi mi faceva accapponare la pelle.

Mi avrebbe dato una seconda, terza, chance quando sarei tornata anche io a Milano? O mi avrebbe lasciata andare, libera di esplorare nuovi orizzonti e di perdermi in una possibile relazione con Thomas?

Mentre graffiavo delicatamente il capo con la punta delle dita pensai anche a quest'ultimo. Sin dal principio mi ero ripromessa che non lo avrei utilizzato come una distrazione, una nuova presenza che potesse colmare la sagoma vuota di Manuel, e per un po' mi ero persino illusa che mi piacesse a tal punto da poter premere talmente forte sui miei punti deboli da poterli quasi risanare; ma potevo sul serio giurare di non averlo fatto?

Non sembravo venire a capo di nessuna questione, così mi costrinsi ad abbandonare la cabina e avvolgere il mio corpo nell'ampio accappatoio rosa che avevo sistemato vicino al lavandino, poi tamponai velocemente i capelli con un asciugamano e li appuntai con un fermaglio di modo che potessero asciugarsi con l'aria umida di casa.

Mi diressi verso la mia stanza e recuperai un paio di jeans e un maglione verde scuro che dovevo aver dimenticato nella cabina armadio all'ultima visita dopodiché, infilate le scarpe, percorsi il corridoio e mi avviai verso il salotto.

Fui piuttosto stupita di trovare Manuel ancora lì, proprio dove lo avevo lasciato. Era in piedi di fianco al portone ma con il viso e gli occhi volti verso di me; questi ultimi erano spalancati, come quelli di chi era stato colto in flagrante e non sapeva come retrocedere.

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