02 - Persa

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EDEN

REBY: Ciao, tesoro! Come stai? È da un po' che non ci sentiamo e mi manchi tanto. Magari un giorno di questi organizziamo una videochiamata? Fammi sapere, mi raccomando. ❤️

Rileggo per l'ennesima volta il messaggio di Rebecca, la mia migliore amica da sempre, prima di scagliare il telefono ai piedi del letto, lontano dal mio sguardo.

Sono giorni che me l'ha inviato, esattamente il giorno dopo il mio insediamento a casa di Queeny, e ancora giace privo di risposta.

La verità è che mi vergogno come una ladra a dirle che sono tornata in Italia, ma non ho la minima intenzione di andare a farle visita.

Non voglio perché so che le basterebbe guardarmi per capire che qualcosa non va, e ovviamente vorrebbe sapere, mi riempirebbe di domande, ma io non credo di essere pronta a risponderle.

Presa da uno scatto di frustrazione, mi colpisco ripetutamente sul capo.

Da quando sono diventato il tipo di persona che scappa dalla propria migliore amica? E perché lo faccio poi?

Mi pongo queste domande e mi sento una persona orribile, perché solo una persona orribile si comporterebbe così. Tuttavia, credo che questi quesiti rimarranno insoluti ancora per un bel po'. Non ho la minima intenzione di trovare le risposte perché queste, quasi certamente, paleserebbero il fatto che qualcosa non va per davvero, e io non sono pronta a riconoscerlo. "Occhio non vede cuore non duole", si dice così, no?

La mia è una bella vita. Ho tutto quello che ho sempre desiderato. Ciò che ho minuziosamente pianificato si sta avverando. Ho tanti amici, sparsi un po' in tutto il mondo. Il mio lavoro come volontaria presso il Bible College mi dà gioia. E ho pure trovato chi sa amarmi di un amore puro, genuino e romantico. Ripeto: ho tutto ciò che ho sempre desiderato.

E allora perché - perché dico io - a un passo dal realizzare uno dei miei sogni più grandi, sono scappata via?

Sono una fessa. Non c'è un'altra spiegazione. Sono una stupida fessa patentata.

Un deciso bussare alla porta mi fa sussultare, strappandomi via dai miei tormenti.

«Ehi, sei pronta?».

Trasalisco. «Che?».

A questa mia richiesta di spiegazione la pazienza di Queeny deve avere avuto una violenta fase di arresto, perché la ragazza irrompe nella stanza senza troppi preamboli e, alla vista di me ancora stesa nel letto, inveisce: «Ancora così stai? Forza, su! Hai soli 10 minuti per darti una riassettata, che dobbiamo andare».

«Andare dove?».

Se fosse possibile gli occhi di Queeny le uscirebbero dalle orbite. «Ma come dove? È domenica!», annuncia allargando le braccia per evidenziare l'affermazione, «E dove vanno la domenica Queeny e Eden? In chiesa, ovviamente!».

Notando il mio palese spaesamento, con tono sforzatamente cauto aggiunge: «Ne avevamo parlato...».

«Sì, sì. Hai ragione. Ne avevamo parlato e voglio venire in chiesa, ma...», aspetto qualche secondo prima di terminare la frase, «davvero è già domenica?», chiedo esterrefatta, perché se è così questo vuol dire che sono quattro giorni che non esco di casa e più o meno gli stessi che indosso la stessa tuta che ho convertito in pigiama.

«Sì, Eden. E il fatto che tu lo realizzi solo ora mi fa fare due domande sul tuo stato di salute mentale».

I modi di Queeny sono indubbiamente privi di tatto, ma le due domande me le faccio anche io.

Come Fossimo al Terzo CieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora