Prologo:

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La storia contiene scene violente e sessuali!!
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AVVISO IMPORTANTE: la storia non sono riuscita a revisionarla! Perciò chiedo scusa in partenza per eventuali errori.
Buona lettura❤️

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ESME:
Due mesi prima.

"Non capirò mai i tuoi gusti sul vestire Esme!" Dice mamma, prima di tingersi le labbra sottili con un rossetto rosso fuoco.
Si volta e mi esamina in silenzio, spegnendo la lucina del bagno con fare scocciato
È una donna davvero bella, merita molto, tuttavia il suo abbigliamento assurdo e provocante rovina ogni cosa. Per non parlare del suo carattere.
"Sempre questa maledetta felpa nera." Replica per la trentesima volta in una giornata.
"E tu sempre questo maledetto rossetto rosso. Fa schifo accidenti."
La sua bocca prende la forma di una O.
Afferro i miei anfibi neri e con poche falcate raggiungo la mia cameretta, il mio nido, imprecando a bassa voce.
Questa donna è talmente egoista e acida da non rendersi conto che questa felpa, è l'unico indumento più caldo che ho nell'armadio, oltre al vecchio cappotto verde che mi regalò anni fa un suo presunto 'amico'.
"Il mio rossetto non fa schifo! Sei tu che non sai essere femminile mia cara. Mi chiedo tu da chi abbia preso, beh in realtà lo so. Da quel cane bastardo di tuo padre. Sei tale e quale a lui."
Chiudo gli occhi infilzando i denti nel labbro superiore.
Mantieni la calma Esme.
La voce di mio padre mi rimbomba nella testa come un temporale. È ancora chiara costatando il fatto che sia morto cinque anni fa, quando avevo solo quattordici anni.
Nemmeno un tono più basso né uno più basso.
Mi sembra di averlo qui delle volte.
Afferro il borsone nero e percorro il corridoio spoglio piombando in sala.
Casa nostra è piccola e davvero misera. Né un colore acceso né un dettaglio che la faccia sembrare realmente una casa anziché un vecchio manicomio abbandonato.
Ma è tutto ciò che possiamo permetterci.
"E tu perché non sei a scuola?" Domando riferendomi a mio fratello minore Emanuel che si limita ad alzare le spalle, tenendo sempre gli occhi puntati sul televisore.
"Mamma ha detto che posso stare a casa."
"Beh mamma sta perdendo la testa ultimamente quindi vestiti, ti accompagno io a scuola."
"Lasciami in pace Esme, non sei nemmeno mia sorella."
Faccio un passo indietro come se le sue parole fossero realmente degli schiaffi in pieno viso.
Non mi ha mai detto una cosa del genere.
Ultimamente non sembra lui.
Emanuel è sempre stato un ragazzino dolce, molto affettuoso ma adesso sta cambiando.
Da quando ha iniziato a frequentare le compagnie sbagliate risponde male, torna a casa tardi la sera, gli ho persino trovato delle sigarette nel borsello.
"Il fatto che siamo figli di un padre diverso non significa che non siamo fratelli. Io sono tua sorella, che tu lo voglia o meno quindi alza quel sedere dal divano o ti ci porterò con la forza a scuola!"
Emanuel mi fulmina regalandomi un'occhiataccia mattutina e si precipita velocemente in camera nostra.
Sbuffo seccata.
Mentre attendo il suo arrivo, afferro l'unica mela presente al centro della tavola e l'addento, gironzolando per casa.
Sento mia madre canticchiare dal bagno.
Poi all'improvviso mi fermo di colpo.
Osservo il mio riflesso tramite la finestra che affaccia alla strada e mi prendo del tempo, esaminandomi.
Ho due occhiaie profonde sotto gli occhi, i capelli mossi e biondi che si fermano disordinatamente all'ombelico e le guance piene.
Porto una mano sul viso.
-
"Sei bellissima Esme."
"Anche tu papà e sei il mio principe!"
-
"Possiamo andare." La voce di mio fratello mi fa sobbalzare.
Annuisco semplicemente tornando alla realtà  e stringo il borsone sulla spalla, uscendo di casa.
Ecco che l'odore di plastica bruciata, umidità e tante altre cose schifose invade le mie narici.
Attraverso la strada senza badare ai ragazzi tossici e spacciatori che occupano questo quartiere e continuo a camminare.
Secondigliano è il degrado.
"Ei Esme!"
Non mi volto.
So bene di chi si tratta.
"Ciao Tony!" Mio fratello lo saluta sorridendo.
Lo afferro violentemente dal gomito e lo trascino con me.
"Tony? Come lo conosci?"
Arriccia il naso a patata adirato.
"Fatti i cazzi tuoi Esme!"
"Emanuel stai alla larga da queste persone, sono cattive e fanno cose.. uhm.. brutte."
Non risponde, mi strattona sfuggendo alla mia presa e rincomincia a camminare.
"Vado da solo a scuola!"
Sospiro chiudendo gli occhi.
È uno stupido.
Non riesce a comprendere il pericolo che corre frequentando certa gente. Tuttavia alla sua età tutto sembra bello ed elettrizzante, a quattordici anni anche io vedevo il mondo con occhi diversi.
Mi dirigo verso la fermata dell'autobus e una volta arrivata attendo il mezzo che mi porti al Joia's Club.
Durante il viaggio infilo le cuffiette nelle orecchie. Ascolto le solite hit dell'estate perché è l'unica cosa che mi trasmette un briciolo di allegria, prima che torni tutto lo stesso schifo di sempre.
In meno di venti minuti raggiungo il Club.
Spalanco la porta rossa che mi conduce al corridoio dove trovo la solita guardia del corpo che controlla i nominativi prima di lasciarmi passare.
Mi saluta con un cenno di testa e mi liquida subito.
Nemmeno il tempo di entrare che Achille si precipita da me, avvolgendo il suo sudicio braccio intorno la mia spalla.
Trattengo un conato di vomito.
È grassoccio, con i capelli rossi e il suo solito completo del cazzo, nero e ingessato.
"Ciao Esme! Ti stavo aspettando!"
"Sono così importante per te?" Ironizzo.
"Sei tu che mi fai guadagnare maggiormente qua dentro."
È un viscido.
"La ragazza che si doveva esibire prima di te si è sentita male, indovina un po'?"
"Uhm.. overdose?" Tiro le somme e lui annuisce fingendosi dispiaciuto.
Immagino anche chi gliel'abbia fornita la droga..
"Tutti stanno aspettando te! Forza va a cambiarti!"
"D'accordo." Mi armo di coraggio e faccio capolino in camerino, dove trovo altre cinque ragazze già cambiate e truccate, pronte per la loro esibizione.
Sfilo i vestiti dal borsone e inizio a prepararmi.
Indosso delle parigine bianche, un body anch'esso bianco e mi trucco leggermente proprio come desidera Achille, il capo di tutta questa merda.
Liscio i capelli, con l'aiuto delle altre ragazze, che ora sembrano ancora più lunghi di quanto già non lo siano.
Mi osservo allo specchio dinanzi a me.
Qua dentro sono trattata bene. Ballo solamente. Nessuno può toccarmi, nessuno può immortalarmi, solo guardare.
Sono una 'cubista'.
Ma l'unico motivo è perché Achille è un grande amico di mia madre, altrimenti non avrei questo tipo di trattamento. Sarei alla pari con tutte le altre ragazze.
Lui mi obbliga sempre ad indossare completi bianchi, sostiene che si addicano alla mia personalità. Dice che il bianco è simbolo di purezza e che la gente impazzisca per questo.
Personalmente trovo che sia tutto una grande cavolata.
Questo club è una sorta di discoteca. Infatti non appena metto un piede fuori dal corridoio blu e rosso, intravedo le luci colorate e la gente che balla e prende posto ai divanetti.
La musa è alta.
Salgo sul palco accanto alle altre ragazze e inizio a ballare muovendo semplicemente i fianchi, mentre le ragazze accanto a me ormai sono completamente nude.
Mi sento a disagio e credo che questa sensazione non svanirà mai, potessi lavorare anche dieci anni in questo Club.
Tutti questi occhi puntati mi danno fastidio, io non sono fatta per questa vita, non sono una ragazza così, ma al momento questo lavoro è tutto ciò che ho.
Osservo dei ragazzi fissarmi quasi impietositi. Uno di loro scoppia a ridere. L'altro invece, quello con i mille tatuaggi sulla pelle, mi osserva in silenzio.
Sbatto le ciglia con la vergogna addosso e scendo dal palco. Sento dei versi di disappunto da parte delle persone che si stavano godendo la spettacolo ma non m'importa.
Mi avvicino al bancone dei drink e ordino un the alla pesca che non tarda ad arrivare.
"Sei nel mirino di quei due ragazzoni!" Emy, la barista sorride e indica qualcuno alle mie spalle.
Corrugo la fronte e mi volto, incrociando ancora una volta un paio di occhi verdi scuri.
Il ragazzo muscoloso e tatuato mantiene un bicchiere di vodka tra le mani, mentre l'altro biondino accanto a lui che prima rideva prendendosi gioco di me, mi squadra da cima a fondo per poi avvicinarsi ad Achille e indicarmi, mentre gli sussurra qualcosa di incomprensibile all'orecchio.
"Hanno l'aria di essere importanti. Achille non presta mai attenzione a nessuno e guardali. Sembrano appena usciti da uno di quei negozi costosissimi che si vedono solo nei film!" Dice Emy.
"Già.."
Sorseggio il mio the quando all'improvviso mi sento afferrare violentemente dai capelli.
Sussulto.
"Esme ma che cazzo hai fatto?" Riconosco le voce del mio capo.
"Achille sei impazzito?"
"Hai rubato il portafoglio a Jonatan."
Scuoto la testa stringendo i denti per il dolore, quando la stretta di Achille aumenta strappandomi quasi i capelli.
Io non rubo, non sono una ladra.
"Non so chi sia questo Jonatan! E lasciami!" Urlo tentando di spingerlo.
"Vieni con me!"
"Lasciami! Ti ho detto che non centro niente!"
Nonostante continui a gridare e a dimenarmi, Achille riesce comunque a trascinarmi in camerino.
Si avvicina furioso estraendo un portafoglio dalla giacca e lo sventola davanti al mio viso.
"Questo è stato trovato nel tuo borsone. Sapevo che eri stata tu zingara di merda!"
Una scarica di rabbia mi fa gelare il sangue nelle vene.
"Sei una pezzente come tua madre!"
Mi avvicino sollevando una mano in aria pronto per colpirlo sonoramente ma una voce cattura la mia attenzione.
Sposto immediatamente gli occhi sul ragazzo dietro al grassone.
Lo riconosco.
Il ragazzo tatuato.
"Es..me?" Si acciglia facendo un cenno di testa ad Achille che si precipita fuori dalla stanza, spaventato, e chiude la porta a chiave.
Cosa sta succedendo?
Sono troppo agitata per cercare di capire cosa voglia e chi sia questo ragazzo davanti a me.
Mi precipito davanti alla porta e provo ad aprirla, inutilmente.
"Achille fammi uscire, non sono stata io!" Batto le mani contro il legno senza riceve risposta.
"Me la pagherai cara stronzo!"
Sospiro abbattuta e mi volto.
Il ragazzo davanti a me mi sta letteralmente studiando appoggiato all'armadio rosso, con le braccia conserte.
Mi si mozza il fiato.
Ha i capelli castani portati di lato e rasati ai lati, il viso liscio e depilato, le labbra rosse carnose e degli occhi meravigliosi, che prima non avevo notato realmente.
Ne ha uno nero e uno verde scuro.
Sono quasi stupita, non ho mai visto niente di simile.
Il mio sguardo scende lungo il suo copro, alto e muscoloso, fasciato da una camicia blu scura e un pantalone nero.
I suoi orecchini e il suo orologio brillante saltano immediatamente all'occhio.
Ma immediatamente ritorno su quelle due pozze diverse che mi hanno incuriosita e mi perdo a guardarle in silenzio.
È piuttosto strano.
Mi domando chi sia.
"Si chiama eterocromia." Parla e rabbrividisco osservando il movimento delle sue labbra.
Ha una voce roca.
"Cosa?"
"Il colore diverso dei miei occhi si chiama eterocromia."
"Oh.." Annuisco semplicemente.
Di punto in bianco si avvicina.
Manda le mani nelle tasche e fa scendere nuovamente lo sguardo sul mio corpo.
Arrossisco prepotentemente.
"Quanti anni hai Esme?"
"Diciannove" Sibilo con un filo di voce.
Ma che mi prende?
"Sai chi sono?" Continua e scuoto la testa perché non ne ho idea.
Sento il suo profumo di colonia buonissimo.
Quando allunga una mano dietro la mia schiena mi sento morire. Il cuore schizza in gola e le gambe tremano.
All'improvviso strappa il mio body.
Spalanco gli occhi.
"Non si ruba Esme" Solleva l'angolo della bocca divertito e con una mossa brusca mi costringe a voltarmi, spingendo la mia faccia contro la porta.
Il mondo mi cade addosso.
"Zingara di merda!"
"No.. no! Lasciami!"
Sento il rumore della sua cintura.
Inizio ad agitarmi tentando di fuggire ma le sue mani mi tengono inchiodata a lui.
I polsi dietro la schiena e il sedere in bella vista.
Mi sento morire.
Lascio cadere una lacrima sul viso scuotendo velocemente la testa ma il bastardo avvolge una mano intorno al mio collo e con una spinta secca, in un solo attimo, si prende l'unico briciolo di innocenza rimastomi.
Tiro un urlo strozzato a pieni polmoni, chiudendo gli occhi.

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