Il regno dei cimiteriali

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Eravamo scesi da poco nel regno dei cimiteriali, ma già ci stavamo dirigendo verso la meta prestabilita. Burald mi aveva chiesto se avessi preferenze per la prima tappa del tour, così avevo deciso che saremmo andati in una casa, o meglio, nella sua esatta copia del mondo sotterraneo. Burald si bloccò di fronte alla porta di legno dal pomello infuocato e, dando la sua mano in pasto alle fiamme, lo premette per entrare. Il materiale rovente circondò la sua pelle, senza bruciarla, e la lasciò libera non appena si staccò dall'impugnatura.

Il mio respiro divenne irregolare. Non riuscivo ancora a crederci: qualche minuto prima mi trovavo in un luogo normale, dove i lampioni, l'asfalto grigio del parcheggio e il cancello del cimitero non avevano nulla di strano, e ora invece dovevo fare i conti con un assurdo oltretomba tutto viola. Non assomigliava nemmeno a quello immaginato dagli uomini nel corso dei secoli. Possibile che nessuno ci avesse mai azzeccato?

La discesa nella tomba, poi, era stata scomoda e asfissiante: mi sembrava di avere ancora l'aria pesante appiccicata alla pelle come un abito troppo stretto. Burald era stato costretto ad accompagnarmi fino alla cassa e rassicurarmi, prima di convincermi a entrare: il giorno precedente era avvenuto tutto molto in fretta e forse non avevo avuto nemmeno il tempo di rendermi conto che mi stavo chiudendo in un feretro, ma questa volta era stato diverso e la paura sembrava addirittura maggiore.

Perché proprio io vivevo una storia così folle? Perché ero così legata a Burald da seguirlo in un mondo che temevo? Forse la risposta era ovvia: io mi fidavo di lui, e, nonostante la confusione e l'ansia, Burald era una roccia a cui aggrapparmi. Era spettrale, ma pur sempre reale, presente, e per questo avevo deciso di affrontare l'ignoto per lui. Per comprendere, per conoscere e far parte di un qualcosa di tanto speciale.

Varcai la soglia e mi infilai dentro: l'interno era arredato con soprammobili, disposti in fila sulle cassettiere e nelle credenze. Si trattava di burattini, modelli di automobili in miniatura, piccole scarpette di vetro, come quelle che da piccola adoravo e mettevo sempre ai piedi delle mie barbie, e fotografie in cornici di finto argento. Sulle pareti era appeso qualche quadro astratto e qualche classico quadro di paesaggi. Il porta cappotti era occupato da due o tre piumini invernali. Comodi divani, tavoli e credenze occupavano le stanze.

Era tutto disposto come in una normalissima abitazione, e ogni dettaglio degli oggetti lasciava intuire un recente utilizzo. Mi venne la pelle d'oca.

"Diamond, aiutami..." Strinsi la mano del cimiteriale. "Devo smetterla di pensare a lui, almeno quando sono con Burald. Sono due cose distinte. Separate. E così devono rimanere."

Posai il piede destro sul mio tappeto incendiato, dai colori tenui e i fiorellini ricamati, e dopo un istante lo ritrassi di scatto anche se non era accaduto nulla. Ci riprovai e fiamme di ametista inglobarono la mia scarpa sinistra, facendomi sussultare: il fuoco non era rovente, ma sembrava elettrico e mi trasmetteva una strana energia, la stessa che percepivo quando abbracciavo Burald. E pensare che stavo facendo tutto questo solo per conoscerlo meglio...

Continuai con respiri profondi, come se stessi avanzando su un campo minato e ogni mio movimento potesse innescare la reazione fatale, come se ogni passo potesse essere l'ultimo. D'altronde la vita a volte sfuggiva via all'improvviso, veniva strappata troppo in fretta, e le persone care non avrebbero più potuto stringere tra le braccia chi se ne stava andando. A Diamond era successo e, prima ancora che mi rendessi conto di quanto era importante per me, mi aveva abbandonata. Ma ora non aveva più senso aggrapparmi a lui, ora avevo un nuovo appoggio. Nonostante tutto, lui e Burald erano diversi e si trovavano in due sezioni differenti del mio cuore: ripeterlo dentro di me mi faceva sentire meglio, più in ordine, più pulita.

Forme irregolari erano sospese in aria come nuvole cadute dal cielo, sfocate e senza contorni ben definiti, come allucinazioni: in alcuni punti il loro violastro spento si confondeva allo spazio circostante.

Il giovane dei desideri irrealizzatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora