Fascino insolito

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Chiusi la porta e mi girai verso il corridoio. Era come se dentro avessi un pozzo senza fondo, o come se si fosse appena aperta una voragine sotto ai miei piedi. Il corridoio era deserto, ma dalle vetrate entrava una luce delicata che riempiva l'ambiente.

Feci scorrere le dita sulla finestra, continuando ad avanzare: la superficie scivolava sotto i miei polpastrelli, cosparsa di goccioline che riflettevano il cielo grigio. Un altro tuono. Un altro rombo violento. Mi bloccai. Sotto le mie dita c'era il materiale di un cartellone: era colorato, pieno di scritte in grassetto e immagini che avrebbero dovuto pubblicizzare il prossimo evento della scuola.

Dalle aule non proveniva altro che la voce dei professori e un gran silenzio tutt'intorno. La pioggia emetteva un mormorio continuo. A volte lo scroscio si trasformava in un ticchettio più ritmico e intervallato, come se le gocce gridassero e poi aspettassero una risposta. Lasciai cadere le braccia lungo i fianchi e mi diressi verso il bagno. Camminavo svelta: mentre attraversavo il corridoio, il mio senso di vuoto non faceva che aumentare. Il vuoto. Che schifo.

"Mi manca." Mi accarezzai i capelli, raccolti in una treccia che diffondeva profumo di gelsomino intorno a sé. Chiusi gli occhi un secondo: adesso ero protetta dagli sguardi indiscreti e dai giudizi di chi mi avrebbe definita strana o difettosa.

Arrivai di fronte al bagno e mi infilai in una stanzetta buia, con i muri spessi rivestiti di mattonelle: sembravano accavallarsi a formare strati e strati, e mi schiacciavano. Andavo in quella scuola da due anni, ma non mi era mai sembrata così strana prima di quel giorno. Forse le crepe erano destinate a venir fuori solo col tempo... Come le abitudini. Come le mie abitudini. Quelle che gli altri non riuscivano a capire.

Avanzai nella semioscurità, cercando la finestra. Dov'era quella dannata finestra? Sobbalzai e i miei piedi si incollarono al pavimento. La luce era come... catalizzata da un ragazzo al centro della stanza. Dal suo volto, poi, ancora di più.

La sua chioma biondo platino era abbracciata da quella luce che, invece di diffondersi come avrebbe dovuto, si raggruppava intorno ai suoi capelli ricci. Risaltava quel viso come la luna nel cielo.

Tantissime goccioline d'acqua scivolavano sul viso color latte, come cascate sul marmo bianco. Rimanevano intrappolate nel ciuffo fradicio e diventavano anch'esse piccole lucine. Il ragazzo teneva gli occhi chiusi e la testa inclinata verso l'alto. Le sue labbra erano dischiuse, come per bere i sentieri liquidi che gli scivolavano addosso.

Mi avvicinai di più: era bagnato anche sui vestiti, una camicia nera e pantaloni altrettanto scuri. Teneva le braccia incrociate e la schiena appoggiata al lavandino.

Feci un passo troppo rumoroso, e lui si drizzò di scatto. Rimase paralizzato un istante, poi deglutì e tenne lo sguardo puntato su di me.

- Ma come sei vestito? Sei appena tornato da un funerale? - Sogghignai. - Hai fatto anche il corteo funebre sotto l'acquazzone?

Mi piazzai di fronte a lui, ma si precipitò nell'altro lato della stanza. Era come un'ombra: fuggiva ogni volta che tentavo di raggiungerla. Mi lanciò un'occhiata gelida, ma il suo sguardo... Era spettrale.

- Non proprio. - Si mise contro il muro e si asciugò le mani nella stoffa dei pantaloni. - Sono appena stato al campo santo.

-Mi... mi dispiace. Per qualche tuo famigliare?

Abbassò lo sguardo sulla camicia e tentò di distendere le pieghette. -No.

Fissava il pavimento con occhi vitrei, attraversandomi con lo sguardo come se non ci fossi stata. Le sue iridi verdi erano incorniciate da venuzze rosse. -Qualche amico? Parente?

Scosse il capo.

-E allora?

Alzò di nuovo la testa. - Non è come credi.

Rimasi qualche istante a osservarlo, e lui a osservare ciò che si trovava dietro di me. "Impossibile che non veda i miei occhi diversi. Tutti al primo incontro chiedono perché uno è verde e l'altro azzurro. Eppure lui... lui è diverso! Forse, forse... Non bada a me perché è altrettanto strano?"

Rimasi immobile. Ogni volta la sua attenzione scivolava vicino al mio viso, indecisa se soffermarsi, e poi fuggiva via. Le pupille si spostavano con un guizzo rapido e lo sguardo cambiava rotta. "Mi ricorda qualcuno."

- Non ti ho mai visto... Vieni in questa scuola?

Corrugò la fronte. -Perché sarei qui, altrimenti?

Nel corridoio non c'erano tracce di bagnato o impronte di suole sporche di fango. Iniziai a mangiarmi le unghie: nemmeno in bagno c'erano segni del suo passaggio.

-A rubare, forse?

Un sorriso si allargò pian piano sulle labbra, e riempì almeno un pochino il vuoto dentro il mio petto. Lui... Era come se non esistesse davvero: l'intensità della vita, delle emozioni, il rumore dei movimenti... Tutto questo non lo sfiorava nemmeno, come se girasse alla larga da lui.

Agitò la testa un paio di volte. -E dimmi, cosa ci sarebbe di così interessante da rubare qui?

La sua espressione era seria, ma mi sfuggì una risatina. -Da dove sei entrato?

Si passò il viso tra le mani per asciugarlo, mentre un lungo sospiro gli usciva dal petto. Doveva per forza essersi infilato dentro dalla finestra. Non che i fantasmi avessero qualche tipo di problema nel passare attraverso i muri... Le mie mani divennero umidicce per il sudore.

-Perché sei nel bagno delle ragazze?

Le sue braccia, prima incrociate davanti al petto, gli caddero lungo i fianchi. - Dovevo incontrare qualcuno. - Si staccò dal muro per avanzare di un passo. - Qui.

Non aveva mai smesso di guardare la parete attraverso di me. Di sicuro stava ancora aspettando, io ero stata solo un ostacolo di percorso. Mi girai verso il corridoio per andarmene, però con la coda dell'occhio sbirciai la sua reazione: sulle sue labbra screpolate apparve un sorriso.

"È soddisfatto, forse? Di essersi liberato di me? O di essere riuscito a difendere il suo mistero?"

-Come ti chiami?

Mi voltai di nuovo. -Cassandra.

Il tempo rimase sospeso un istante. Le acque verdastre delle sue iridi diventarono più profonde. Uscii dal bagno fissando il pavimento e mi sforzai di avanzare, ma i miei piedi si incollarono al pavimento del corridoio.

Lui era stato in qualche modo escluso dalla vita: forse la ero anch'io, troppo intrappolata nel passato, nelle mie abitudini, nelle mie paure, forse... Stavo vivendo davvero o ero uno spettro come lui?

Feci un respiro profondo. "Forza, devi tornare subito in classe o ti daranno per dispersa."

Il giovane dei desideri irrealizzatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora