La Parigi sotterranea

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-Ehi - sussurrai, con un filo di voce. -Diamond, sei tu?

Ma il soffio di vento, le sue dita, il suo tepore e la sua presenza svanirono. Poteva essersi trattato di un'anima qualunque, eppure era lui. Era lui, era lui, era lui... Era lui perché aveva scelto un momento magico e misterioso, era lui perché mi metteva le coperte e mi coccolava solo quando stavo dormendo e non potevo vederlo, quindi anche ora desiderava farlo di nascosto. Era lui perché le altre carezze erano più pesanti, più concrete, più percepibili, ma le sue erano sempre state così leggere, anche quando era vivo.

Cercai di nuotare nella luce, per seguirlo, ma Burald mi tenne stretta e mi tirò nella sua direzione. - Non poteva essere lui. La sua anima non è stata mandata a reincarnarsi perché con il rito era diventato quasi umano, ma per punirlo gli è stato vietato di tornare sulla Terra.

Un vuoto mi si aprì nel petto, ma cercai di non darlo a vedere. Continuai a guardare nel chiarore intenso, per nascondere a Burald le lacrime tiepide che mi stavano rigando il volto: si aprì un varco e il mare biancastro si divise in due. Mi mostrò un nuovo portale, che scomparve dopo pochi istanti per lasciare il posto a un altro. Sembravano tutti simili al primo, vortici in continuo movimento, ma il loro bagliore era meno potente. All'interno si trovavano colori opachi e confusi, qualche stralcio di immagine, oggetti come candele, quadri, squarci di cielo con le nuvole, strade.

-Ma quello cos'è? - indicai l'unica figura a colori che ero riuscita a distinguere, che luccicava di toni vivaci dietro al passaggio che avevo di fronte.

-Oh, quello, beh... è un altare messicano. In quel paese oggi non è per niente triste, anzi, si festeggia con allegria in tutte le case, le piazze e i cimiteri... - Sorrise e agitò appena la testa. - I messicani sono gli unici ad aver capito cosa succede davvero. Accolgono gli spiriti dei morti con offerte di bevande e cibo e creano degli altari che rappresentano la porta tra la vita e la morte.

Una specie di tavolo a più piani reggeva pagnotte, piatti colmi di ogni tipo di pietanza, dalle banane ai biscotti, piccoli teschi di plastica sorridenti e ritratti incorniciati. Attorno a esso erano distribuiti dei fiori rigogliosi, a volte anche intrecciati in ghirlande e appesi al soffitto, il cui arancione era esaltato dalle fiamme delle candele. L'insieme mi feriva la vista con le sue tonalità accese, ma mi trasmetteva un'insolita energia.

-E in quell'altare si trova... Il portale?

-Sì, ma loro non lo vedono.

-Capisco.

L'immagine variopinta sbiadì all'improvviso e si dissolse, seguita dal vortice di luce, che con un risucchio svanì nel nulla. Al suo posto ne apparve un altro, al cui interno spuntava un muro composto da mattoni strani, molto piccoli e tondeggianti, di un colore in alcuni punti più biancastro, in altri marroncino, in altri ocra o quasi giallo.

-E questo?

Burald sussultò e mi spinse dentro il portale, rimanendo aggrappato alla mia schiena in modo da seguirmi: era incredibile come riuscissi con facilità a scivolare nell'aria, come se invece di galleggiare nella luce galleggiassi in acqua.

-Questo è il posto dove dobbiamo uscire.

Annuii. Presto avrei potuto stabilire con certezza cos'erano quegli strani mattoni.

❤❤❤

- "Arre^te! C'est ici l'empire de la mort" - lessi ad alta voce. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dall'architrave d'ingresso su cui, a caratteri cubitali, era scritto quel versetto. - Cosa significa?

- Ehmm... - Si grattò la nuca. - Significa "Fermati! Questo è il regno della morte. "

Burald aveva un sorrisetto soddisfatto stampato in viso e la sua pelle era diventata smagliante. Mi sfregai il mento. - Sai addirittura il francese?

Il giovane dei desideri irrealizzatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora