Capitolo 22

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"Avete saputo?", ci chiede Lucas raggiungendoci al tavolo della mensa. "Cosa?", domanda Mark.

"La prof Springs oggi non c'è, quindi oggi facciamo due ore di studio in biblioteca".

"Beh, non so se è una bella o brutta notizia", dice Abbie. "Ma poi non mancava anche la settimana scorsa?", dice Kat ricordandosi.

"Si, ma quel giorno è dovuta andare via perché suo figlio ha fatto un casino a scuola", interviene Lucas come per difenderla.

"Ma cos'è che ha fatto, scusate? Martedì è entrata in classe e ha iniziato a raccontare i fatti suoi, ma io non ci ho capito una mazza", dico io.

"In poche parole il figlio ha lanciato una bomba di vernice addosso alla sua insegnante colorandola di blu", mi risponde Kat mettendosi a ridere: "Devo dire che facevo fatica a trattenere le risate".

"meno male che oggi non c'è, così abbiamo più tempo per la schifosa ricerca sulla genetica dei patrioti che ci ha assegnato", commenta Mark alzandosi: "Andiamo a fare queste due ore interessantissime".

"Ragazzi, un attimo di attenzione per favore", ci urla il prof Jackson alla fine della sua ora: "Non so se avete letto in bacheca, ma la professoressa di biologia non ci sarà neanche oggi e quindi visto che voi siete tutti degli scansafatiche io mi sono offerto di coprire la sua ora, quindi preparatevi dopo il pranzo a sporcare i banchi con il sudore".

Al suono della campanella usciamo dalla classe per dirigerci a mensa e Abbie chiede: "Non potevano farci uscire prima?"

Anche oggi, venerdì, la professoressa Springs è assente, ma almeno hanno acconsentito a farci uscire un'ora prima.

Cara, noi stiamo per andare via. Ti portiamo a casa noi, va bene? Siamo nel parcheggio sotto. Ti aspettiamo.

"Ho guardato il bus e non c'è. O ci facciamo venire a prendere o Kat, tu potresti portarci a casa?", chiede Abbie mettendo via il telefono e Kat annuisce. "I miei sono da queste parti, quindi mi vengono a prendere", dico io iniziando a mettere via le cose: "Ci vediamo settimana prossima". Esco dalla biblioteca e controllando che nessuno mi segua prendo l'ascensore per il parcheggio.

Aperte le porte vedo che praticamente tutti i posti sono occupati. Un paio di luci a led si accendono e si spengono in modo irregolare. Mi sollevo in punta di piedi cercando l'auto rossa di Antony. La vedo su un lato a sinistra e quando la raggiungo i miei zii non ci sono, quindi li aspetto appoggiandomi a una portiera.

"Emma!?". Alzo lo sguardo dal mio album e mi ritrovo davanti Jake. Chiedo cosa ci faccia qui sotto. "Sto andando a casa. Tu invece? Non hai lezione? E non dirmi che hai un'auto perché se no penso che hai scroccato tutti i passaggi che ti ho dato". "La prof non c'è, quindi ci mandano a casa prima e no, non ho l'auto".

Jake mi guarda in modo obliquo, come se avesse lo sguardo verso di me, ma non stesse guardando me. "Perché sei appoggiata a quell'auto?", mi chiede.

Io mi stacco subito non rispondendo. "È il parcheggio riservato ai presidi", continua Jake: "Quindi perché sei appoggiata a quell'auto?".

Guardandolo il suo volto ha lo sguardo di chi vuole una risposta. "Ora ti spiego tutto, ma non arrabbiarti, okay?"

Veniamo interrotti dall'ascensore che suona.

"Vai!", esclamo cacciandolo con la mano: "Vai! Prometto che ti spiegherò tutto, ma ora vai!"

Jake rimane per una frazione di secondo immobile, ma poi sparisce tra le auto del parcheggio.

"Ciao cara, come è andata la scuola?", mi chiede zia Rosalie raggiungendomi.

"Bene", rispondo io automaticamente e in modo frettoloso salendo in auto.

Lo sapevo. Sapevo che non sarebbe durata. Sapevo che i segreti che stavo nascondendo non sarebbero rimasti sepolti a lungo. Però non mi sarei mai aspettata che il primo a scoprirlo sarebbe stato Jake. E soprattutto non in questo modo.

Arrivata a casa mi barrico in camera, facendo su e giù per la stanza cercando di pensare ad altro. Faccio i compiti, pulisco il bagno, mangio quasi due pacchetti di patatine per via dello stress e praticamente ogni dieci minuti lancio uno sguardo al telefono per vedere se Jake mi ha mandato qualche messaggio.

Verso le sei di sera penso fortemente che mi stia ignorando, quando mi arriva un messaggio da parte sua:

Sono alla fermata.

Nient'altro.

Solo tre parole. Prendo velocemente chiavi di casa insieme al telefono ed esco dicendo a Rosalie che uscivo a fare due passi.

La temperatura è diminuita fortemente rispetto a qualche ora prima e per i brividi mi stringo le spalle. Guardando i prati dei vicini noto che sono tutti bagnati. Ero così concentrata a distrarmi che non mi sono accorta che ha piovuto.

Nel momento in cui la fermata compare alla mia vista vedo Jake con il cappuccio della felpa grigia in testa e le mani nelle tasche. Mi avvicino lentamente, aspettando che sia lui a parlare. Quando alza la testa ha le guance arrossate e un leggero fiatone, come se avesse corso per chilometri. "Tutto okay?", chiedo. "Sì, benissimo. Allora, mi dici che storia è mai questa?".

Inizio a raccontare la storia dall'inizio, che non avevo scelta se non venire in questa scuola, che i presidi sono i miei zii, e tutto il resto. Finito di parlare mi siedo sulla panchina coperta della fermata e Jake si siede dopo qualche minuto di fianco a me. "È per questo che non ti sei mai fatta riaccompagnare alla porta?". Annuisco. "Ma perché anche la prima volta, quando non sapevi ancora chi ero?". "Non volevo rischiare", rispondo: "E dopo decisamente non potevo presentarmi alla porta con te di fianco".

Jake si alza: "Grazie per avermi detto tutto. Non c'è altro vero?". Io scuoto la testa iniziando a ridere. "Bene. Domani ho lezione, ci vediamo nel pomeriggio?". Rispondo che va bene e dopo un veloce bacio sulla guancia ritorno verso casa.

Sono felice di aver risolto la questione e mi sentoanche più leggera ora che anche qualcun altro è al corrente di tutto. Ma sonoanche terrorizzata che tutto questo porti alla catastrofe. Solo un segretoconosciuto da una sola persona rimane un segreto, mi diceva mia nonnaquando ero piccola.

Amore oltre il confineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora