CAPITOLO 17

417 20 7
                                    

Bisogna stare attenti a tuffarsi nei ricordi, spesso, ci si fa male cadendo di cuore.

“Adesso vado a parlarci.” Sibilò Joe, dirigendosi verso la porta.
“Cosa? No!” Quasi urlai, alzandomi di scatto e tirandolo per un braccio. “Non lo fare, ti prego.”
“Perché no? Qualcuno dovrà pur mettere a posto la testa a quel ragazzo, no?!” Lui non sapeva che tutto quello lo avevo creato io, da sola, con le mie stesse mani.
“Harry non ha colpe.” Sussurrai, tenendo lo sguardo basso, incapace di guardarlo negli occhi.
“Come sarebbe a dire?”
Sospirai, facendo spallucce. Come avevo potuto cacciarmi in quel casino?
Era vero: gli errori più gravi li commetteva il nostro incoscio.
“Taylor, ascoltami bene. Ti ha appena tradita. Ha baciato un’altra ragazza davanti ai tuoi occhi. Non puoi fingere che non sia colpa sua.” Continuò Joe, che, era evidente, non sapeva come erano andate le cose. Scossi la testa, in rassegnazione.
“Come fai a tradire una persona se non vi hai nessun legame?” Sussurrai, interrompendo il suo blaterare senza senso. Avevo smesso di ascoltarlo dopo un po’.
“Eh?” Alzai il volto verso di lui. La sua espressione confuse mi fece sorridere. Sembrava un ragazzo carino, disponibile e altruista, ma non mi conosceva.
“Io e Harry non eravamo niente, quindi non mi ha tradito. E’ per questo che dico che non ha colpe.” Dissi, lentamente, trascinando le parole.
Joe scosse la testa incredulo. “Ma come? L’altro giorno eravate usciti insieme e…”
“Non era importante!” Sbottai improvvisamente, guardandolo duramente negli occhi, stupendo entrambi per il mio tono di voce così alto. Il silenzio che seguì mi fece sentire in colpa, così abbassai lo sguardo per terra. “Scusami, non volevo alzare la voce.”
Improvvisamente, le sue braccia mi avvolsero, facendo nascondere il mio viso nel suo petto. Rimasi ferma per qualche secondo, per il gesto inaspettato,  e poi appoggiare delicatamente le braccia intorno alla sua vita.
Mi accordi che Joe era molto più alto di me, che ero 1,72, e per essere una ragazza, ero molto alta.Era strano per me essere così tanto più bassa di una persona, ma non ne ero intimidita, stranamente.
“Taylor, penso che tu debba parlarci.” Disse Joe, quando si staccò da me, prendendo le mie mani nelle sue grandi. Scossi la testa.
“No… Passerà. Non sono mica innamorata. E’ solo una stupida cotta, passerà davvero.”
“Sei sicura?” Chiese dubbioso.
Annuii, cercando di sembrarne convinta. Lui ci credette. Dovevo solo convincere me stessa.
“Senti, che ne dici se saltiamo scuola?”
“No, Joe, io…”
“Voglio farti un regalo, non puoi dire di no!”
“Non puoi farmelo più tardi?” Cercai di trovare una scappatoia. Nonostante mi sentissi male per ciò che avevo visto poco prima, morivo dalla voglia d vedere Harry. Continuavo a pensare che fosse tutto uno scherzo, di pessimo gusto. Magari, da un momento all’altro, sarebbero saltate fuori le telecamere con un presentatore che mi avertisse che era tutta finzione.
“Su, su, non protestare. Adesso andiamo!” Mi trascinò letteralmente fuori dal campus fino ad arrivare alla sua macchina.
“Almeno, puoi dirmi dove stiamo andando?” Chiesi, mentre allacciavo la cintura di sicurezza nel posto del passeggero e Joe accendeva il motore.
“Ehm…” Mi rivolse uno sguardo fugace. “No.”
Durante tutto il viaggio Joe parlò al telefono con qualcuno, ma non ascoltai la chiamata. Preferii immergermi nella musica degli Imagine Dragons che ci accompagnò per tutto il tempo.

Dopo diversi minuti di viaggio, Joe accostò l’auto in un parcheggio, dicendomi di scendere.
Mi guardai velocemente intorno ma non notai niente che potesse catturare la mia attenzione.
“Dove siamo?” Non ricevetti risposta, anzi, il ragazzo moro cominciò a camminare velocemente, tanto che dovetti correre per raggiungerlo e mantenere il suo stesso passo.
Cominciavo a chiedermi cosa stesse facendo in quel momento Harry. Forse lui e Bryony avevano saltato scuola per fare qualcosa come una bellissima coppietta… Scossi la testa: non dovevo pensarci.
Ci muovemmo attraverso diverse stradine secondarie, senza che io avessi una minima idea di dove ci trovassimo, fino a che non sbucammo sulla strada principale.
Dal lato opposto in cui ci trovavamo, si trovava una porta in legno chiaro aperta, preceduta da una decina di scalini. Sopra di essa un insegna: Abbey Road Studios.
Mi voltai incredula verso Joe, che mi stava già guardando, sorridendo.
“Vuoi entrare?” Mi chiese, nonostante la risposta fosse ovvia.
Battei le mani come una bambina piccola, e corsi verso l’edificio.
Davanti a noi si trovava uno degli studi di registrazione più famosi di Londra, e io ci stavo per entrare. Non potevo crederci.
“Posso fare qualcosa per voi?” Chiese una donna sorridendo, appena entrammo dal portone. Era abbastanza bassa e cicciottella, i capelli erano rosso fuoco con qualche ciuffetto più chiaro, e le labbra erano ricoperte da un rossetto uguale ai suoi capelli. Indossava un vestito scuro, che le arrivava alle ginocchia tozze.
Non sapendo cosa dirle, mi voltai verso Joe.
“Si, ho chiamato prima per…”
La donna battè le mani, producendo un forte rumore che mi fece sussultare.
“Ma certo! Ho risposto io al telefono. Prego, venite, seguitemi ragazzi.”  Disse, prendendomi un braccio e trascinandomi dietro di lei, mentre Joe ci seguiva. Era piccola, tanto che dovetti tenere la schiena leggermente piegata, ma abbastanza veloce da farmi inciampare un paio di volte sui miei stessi piedi. “Eccoci qua! Guardate, ma non toccate.” Parlò velocemente, andandosene subito, lasciando me e Joe nella stanzina.
“Oddio!” Sussurrai incredula, coprendomi la bocca con le mani.
Mi aveva portato dentro un vero studio di registrazione. Nella stanza c’erano diversi strumenti, sparsi nella stanza: una chitarra acustica, due chitarre elettriche, un pianoforte a coda, una tastiera elettronica, un banjo, un violino, una batteria e, a centro della stanza,  un microfono con un filtro antipop, davanti al quale era posizionato un leggio, vuoto. Dietro di me vi era un vetro, che ci separava dalla stanza in cui venivano registrate le melodie.
Era tutto così bello. Ma purtroppo, quel posto fece tornare nella mia mente i ricordi più brutti del mio passato.
Mi voltai verso Joe, con espressione grave.
“Non ti piace?” Mi chiese, preoccupato. “Scusami, pensavo che ti sarebbe piaciuto… Io… Andiamo, dai.” Parlò così velocemente che feci fatica a seguirlo.
“No, no, Joe! E’ assolutamente fantastico questo posto. Lo amo, davvero. E’ solo che mi ricorda…” La mia voce tremò leggermente fino ad essere bloccata da un singhiozzo. “Oddio, scusami.”
Le lacrime cominciarono a rigarmi il viso, di nuovo.
“Taylor, c-che hai?” Joe fece qualche passo verso di me, indeciso se avvicinarsi del tutto o scappare via.
Mi guardai di nuovo intorno, prima di riposare gli occhi su di lui. Il volto sorridente dei miei genitori comparve nella mia mente, facendomi sorridere tra le lacrime.
“Grazie per avermici portata!” Dissi, tra una lacrima e un sorriso. Joe avvolse la mia vita con le sue braccia muscolose, e appoggiò il mento sulla mia testa.
“Prego.” Dalla sua voce, capii che anche lui stava sorridendo. “Vuoi dirmi cosa ti ricorda?”
Scossi la testa, asciugando le lacrime con la manica del maglioncino scuro: indossavo ancora la divisa scolastica. Sorrisi.
“La mia famiglia.” Dissi, sussurrando, continando ad abbracciarci. Mi accarezzò la schiena, come se volesse spronarmi a continuare. Presi un gran sospiro e parlai: “Sai, io, fino a qualche anno fa, vivevo in Italia. Con i miei genitori, e mio fratello. Li adoravo, erano la mia famiglia, la cosa più vera che avevo.” Feci una leggera pausa, asciugando altre lacrime dale mie guance. “Come immagino tu abbia capito, amavo anche il canto. Ero bravina, sai? Mi ricordo bene, il giorno della mia prima audizione, per entrare in un coro. Ero tesissima e mio fratello, insieme a mio padre, per farmi tranquillizzare, mi svegliarono mettendomi della panna montata sulla faccia. Ovviamente ciò mi fece innervosire tantissimo. Oddio, mi incazzai davvero tanto. Ero piccola, avevo solo sei anni, ma volevo farmi rispettare. Avevo già la testa sulle spalle, insomma. Nonostante ciò, l’audizione andò bene, molto bene. Da lì cominciai a cantare, quasi ogni sera, dopo aver studiato, andavo a cantare. A tredici anni facevo piccoli concerti da solista. Un giorno, però, decisi che dovevo dare una svolta alla mia vita. Non volevo più cantare canzoni di altre persone. Volevo cantare le mie canzoni.” Le lacrime cominciarono a scorrere di nuovo sul mio viso, ma non le asciugai. Chiusi semplicemente gli occhi e continuai. “Me lo ricordo bene, quel giorno. Era il 27 maggio. Avevo quindici anni. Era il giorno del mio concerto. Era solo mio. Il mio primo concerto. Molti esponenti delle case discografiche erano presenti. I miei genitori  sarebbero arrivati nel tardo pomeriggio, mentre mio fratello, Austin, era già con me, e insieme a loro, a fine giornata, avrei firmato sicuramente un contratto, e avrei iniziato la mia carriera. Ma ciò non fu possibile.” Venni interrota ancora una volta da dei forti singhiozzi, che ignorai. “Un incidente. Un camion viaggiava ad alta velocità. Il guidatore non si accorse del semaforo rosso. B-Beh… L-Lo scontro è… E’ stato inevitabile… I miei g-genitori…” Un singhiozzo piò forte degli altri mi costrinse a fermarmi. I ricordi esplosero nella mia mente come dei colpi di pistola: veloci, brutali, assordanti, dal dolore accecante.
Joe mi strinse forte tra le sua braccia. Non sapevo come avevo fatto a raccontargli tutto ciò, non lo avevo mai fatto con qualcuno che non conoscevo bene e di cui non ero sicura al cento per cento di potermi fidare.
“E tuo fratello?” Sussurrò, accarezzandomi i capelli. Mi allontanai da lui, ma non lo guardai negli occhi. Non avrei retto il suo sguardo. Ne ero sicura.
“Lui era molto più piccolo di me, aveva appena dodici anni. Inizialmente non voleva nemmeno capire ciò che stava succedendo, non lo voleva ammettere.” La mia voce era roca.
Dopo un momento di silenzio, Joe parlò di nuovo.
“Dov’è adesso?” Un singhiozzo irruppe nella stanza. Le lacrime ricominciarono a correre spietate sulle mie guance.
Odiavo sentirmi così vulnerabile, solo Kristen mi aveva vista –anche se pochissime volte– in quello stato. Far vedere agli altri quel mio lato così fragile era come andare di mia spontaea volontà verso la bocca dello squalo.
“E’ rimasto in Italia. Non lo vedo da quando me ne sono andata, sono quasi due anni.” Non avevo più energia per continuare a raccontare tutto quanto. L’avrei sicuramente annoiato. Tirai su col naso. “Era questo il regalo?” Chiesi, cacciando via dalla mente i ricordi, e stampandomi un bel sorriso in faccia.
Joe scosse la testa, non capendo il mio improvviso stato d’umore. Purtroppo ero fatta così, ero particolarmente lunatica.
Corrugai a mia volta la fronte: allora, qual’era il regalo?
“Questa è solo una parte. Che ne dici se andiamo in un bar? Così ti spiego una cosa...” Disse, mettendo una mano sulla mia schiena, spingendomi verso la porta.
Diedi un ultimo sguardo allo studio, mentre asciugavo il viso dalle lacrime che avevano rigato il mio viso: probabilmente non sarei mai più tornata in quel posto, per cui volevo memorizzarlo il meglio possibile, era così meraviglioso!
Entrammo in un bar poco distante dall’Abbey Road Studios e ci sedemmo in uno dei tavolini laterali, vicino ad una finestra.
Joe cominciò a parlare solo quado la cameriera ci portò due cappuccini. La ringraziai a bassavoce, non negandole un sorriso smagliante.
“Dunque, come ti dicevo prima, quella breve visita nello studio era solo un assaggio della tua sorpresa.” Disse, mentre io sorseggiavo il mio cappuccino, senza staccare gli occhi dai suoi marroni. Sorrideva, anche gli occhi spruzzavano felicità, mista all’insicurezza. Vista la mia reazione alla vista dello studio, probabilmente, temeva di ricevere una risposta simile, di nuovo. “Non sono sicuro, però che ti possa piacere. Sai, non vorrei forzarti a fare qualcosa che… per te, insomma… possa essere difficile da fare… credo”
Sembrava così in difficoltà, e sentivo che era tutta colpa mia. Mi ero fatta sopraffarre dai ricordi, e adesso lo avevo spaventato. Ero un vero disastro.
“Joe, ti prego, sto bene. Ti prometto che cercherò di contenere le emozioni, però parla.” Dissi, mettendo una mano sopra la sua, poggiata delicatamente sul tavolino.
“Non voglio che tu stia male, tutto qua.” Rispose, stringendomi la mano, come se io fossi quella in difficoltà. Ma io stavo benissimo. Avevo superato tutto, già da un po’. Ero una ragazza forte, lo sapevo. Non avevo bisogno di aiuto.
Questa volta fui io a stringere la mano al racazzo, per rassicurarlo, prima diallontanarlalentamente, portandola sotto a tavolo, poggiandola sulle mie gambe.
“Non preoccuparti.” Dissi, fissandolo negli occhi intensamente. Lui sospirò.
“Beh… D’accordo. Per farla breve: stanno cercando un artista, al quale dare la possibilità di incidere un proprio album musicale. Ho saputo da diverse persone che eri sempre stata apassionata al canto, quindi ho pensato che ti avrebbe fatto piacere provare ad essere quell’artista.” Disse, sussurrando, mantenendo una punta di insicurezza nella voce.
I miei occhi si illuminarono immediatamente. Era riuscito a sorprendermi un’ennesima volta, nel giro di qualche ora. Era un ragazzo magnifico, anche se lo conoscevo da così poco, l’adoravo già. Sapevo –lo speravo, vivamente– che non sarebbe stato un’altra delusione, come era successo con Harry.
Improvvisamente, un dubbio si insinuò nella mia mente.
“Perché stai facendo tutto questo per me?” Chiesi, guardandolo di sottecchi, confusa.
I suoi occhi tremarono per un secondo, spostandosi velocemente tra me, il tavolo, la sua mano ancora sul tavolo, soffermandovi lo sguardo. Un lieve velo rossastro coprì le sue guance chiare. Era imbarazzato?
“Mi sei sempre interessata molto.” Una risata nervosa fuori uscì dalle sue labbra. Sorrisi, di rimando, involontariamente. “Anche prima che ci incontrassimo, ti vedevo spesso a scuola e… non saprei, sembravi così diversa da tutte le ragazze del King. Ti consideravo interessante, volevo conoscerti così tanto.”
Questa volta, fui io a ridere nervosa. Non avevo mai pensato che qualcuno potesse notarmi in mezzo a una massa di ragazzi. Mi ero sempre considerata ‘una delle tante’, nessuno mi aveva mai detto cose del genere.
“Ora, non vorrei che tu mi prendessi per... uno stalker, ma se devo dirti tutta la verità…” Continuò, lasciando la frase in sospeso. Attesi che proseguisse. “Ho chiesto in giro di te.” Ammise, lasciandomi un attimo interdetta. Sul momento un velo di paura si impossessò di me, anche se cercai di non darlo a vedere. Joe alzò furtivamente lo sguardo verso di me, come per provare a capire i miei pensieri, attraverso la mia espressione, che cercavo di mantenere neutrale, nonostante ciò che mi stava dicendo.
“A chi hai chiesto?” Chiesi, sussurrando, cercado un contatto visivo con Joe, che manteneva lo sguardo basso.
“Principalmente ai professori, poi a qualche amico in comune.”
“Amici in comune?” Non avevo molti amici che mi conoscessero a fondo, solo Kristen e Jamie. Loro non avrebbero ma detto niente di me, a uno sconosciuto. Ne ero estremamente sicura.
“Si.”
“Chi?” Chiesi, corrugando la fronte. Ripetei la mia domanda, cercando di sembrare tranquilla, per calmarlo.
“Harry…” Sussurrò, così piano che faticai a sentirlo.
Ero sbalordita. Harry non mi conosceva. Ci eravamo parlati per la prima volta la settimana prima.
Solo in quel momento, mi accorsi di quanto i fatti fossero accaduti velocemente. In una settimana, Harry era riuscito a destabilizzarmi, mi aveva fatto perdere la testa in così poco tempo. Ci eravamo baciati, senza amarci davvero, era inconcepibile per me.
“Harry non è affidabile.” Sibilai duramente, a denti stretti."Non mi conosce."
“Credimi, me ne sono accorto.”
La tensione tra di noi era palpabile, e mi sentivo molto imbarazzata. Decisi che dovevo fare qualcosa per distruggere quel momento di nervosismo.
Certo, ero intimorita dalla sua rivelazione, ma sentivo che avrei dovuto sentirmi lusingata dal suo comportamento. Nessuno aveva mai fatto qualcosa di simile per me.
Di slancio, mi alzai, sorprendendo Joe, che mi fisso stranitò.
“Beh, immagino dobbiamo andare a parlare con qualcuno!” Dissi, dirigendomi verso la cassa per pagare, sorridendo.
“Parlare? Con chi? E di cosa?” Chiese. Risi di gusto, osservando la sua espressione preoccupata.
“Non hai detto che stanno cercando un'artista alla quale fare incidere un disco? Beh, ce l'hai davanti a te, in carne ed ossa.” Risposi, sorridendo, indicandomi con l’indice della mano sinistra.
"Tu sei più pelle e ossa, ragazza." Disse serio, riferendosi, probabilmente, alla mia eccessiva magrezza.
Sbuffai, senza dar peso alle sue parole.
Uscimmo dal bar, sorridendo, dirigendoci verso lo studio in cui pensavo non sarei mai tornata.
Ma qualcosa, o meglio, qualcuno ci impedì di tornare sui nostri passi.

SPAZIO AUTRICE:

Sorpresaaa! Ecco qua un nuovo capitolo, abbastanza corto, di nuovo.
Come avrete notato, Taylor parla finalmente del suo passato con qualcuno, e questo qualcuno è proprio Joe. Ve lo aspettavate? Infondo non si conoscono per niente bene, anzi, non si conoscono proprio. Avrà fatto bene ad aprirsi con Joe?
Chi avrà impedito ai due ragazzi di proseguire il loro cammino verso lo studio?
Vi lascio con un paio di interrogativi, ai quali risponderemo nei prossimi capitoli.
Inoltre, voglio chiarire qualche dubbio...
In primis: Taylor ha ancora 16 anni, li compie il 13 dicembre (come nella realtà) e i suoi capelli sono lunghi e ricci, quelli che aveva ai tempi di Fearless, Speak Now.. insomma, agli inizi.
Harry, invece, ha 17 anni, li compie sempre a febbraio, e lo immagino ai tempi di Take Me Home.
Joe, che è interpretato da Joe Jonas, ha la stessa età di Taylor.
Kristen è interpretata da Kristen Stewart, ha un anno in meno di Taylor. Sta uscendo con Zayn (nei prossimi capitoli si parlerà molto di loro.)
Jamie è interpretato da Jamie Campbell Bower, ha 18 anni ed ha un rapporto moolto complicato con Kristen. Non stanno insieme ufficialmente, sono amici di letto, ma gelosi l'uno dell'altro.
Questi sono i personaggi principali. Se avete altri dubbi, tartassatemi pure di domade. Sono su facebook, come Amemipiaceilcocco Lela, oppure potete scrivermi per email: amemipiaceilcocco@virgilio.it
Ciau belle ^^

YOU DESTROYED ME {Haylor Italian FF}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora