𝐈𝐕: 𝐭𝐡𝐞 𝐰𝐫𝐨𝐧𝐠 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧?

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"𝐌𝐞𝐧..."
|𝐒𝐎𝐍𝐆 𝐅𝐎𝐑 𝐓𝐇𝐄 𝐂𝐇𝐀𝐏𝐓𝐄𝐑:|
|𝐅𝐎𝐑𝐌𝐔𝐋𝐀 𝐁𝐘|
|𝐋𝐀𝐁𝐑𝐈𝐍𝐓𝐇|

𝐎𝐜𝐭𝐨𝐛𝐞𝐫 𝟏𝟎𝐭𝐡 𝟐𝟎𝟏𝟕
𝟎𝟕:𝟑𝟒 𝐀.𝐌.
𝐒𝐚𝐧𝐭𝐚 𝐁𝐚𝐫𝐛𝐚𝐫𝐚, 𝐂𝐚𝐥𝐢𝐟𝐨𝐫𝐧𝐢𝐚, 𝐔𝐒𝐀

Aprii gli occhi, sentendo le calde labbra di Justin baciarmi dal collo in su

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Aprii gli occhi, sentendo le calde labbra di Justin baciarmi dal collo in su. Il suo fiato era sul mio orecchio, mi solleticò la pelle. "Buongiorno piccola" sussurrò, stringendomi di più a se. "Juss..." bruscamente mi fece voltare dalla sua parte. Mi fece avvolgere le gambe al suo bacino e passo la mano per tutta la lunghezza della mia coscia.
"Come stai bellissima?" pressai le labbra, stranita da quel suo comportamento così...
"Bene, che ti prende?" finalmente lo potei guardare negli occhi, che avevano una strana luce. In volto aveva uno strano ghigno, un aria piuttosto maliziosa.
"Nulla, piccola. Ti va se oggi salto?" si buttò sopra di me lasciando una scia di baci per tutto il mio viso. "Ieri pomeriggio neppure sei andato" a stento riuscivo a parlare, mentre lui continuava a stringermi, stavo per arrivare al limite. "Tesoro...così mi schiacci" cercai di non ferirlo e misi le mani sulle sue spalle.
"Sai ci sono tante persone..tipo, tipo il mio vice, i miei dipendenti..." iniziò a divagare rotolandosi assieme a me sul letto. Mi teneva a se e a ogni movimento mi schiacciava sempre di più.
"Ok...ok basta che non mi schiacci più" sorrise come un bambino piccolo e mi baciò ripetutamente sulle labbra. "Possiamo rimanere a letto?" sospirai sorridente. "Non ti senti bene per caso?" si accucciò con la testa sulla mia spalla, gli accarezzai i capelli. "Amore, ho solo voglia di stare con te" ero molto stranita dai suoi continui sbalzi d'umore, cambiava praticamente sempre personalità.
"Stiamo sempre insieme" mi alzai scostandolo di poco, allacciai la vestaglia in procinto di scendere di sotto. "Ma piccola..." mi voltai verso di lui, appoggiato alla spalliera del letto. "Potrei...avere un mio momento?" non volevo essere troppo rude con lui, allo stesso tempo non concepivo quella libertà quasi negatami.
"Oh...uhm, certo" era una domanda retorica, si sentiva anche in dovere di rispondere si o no?
Uomini...
Lo ignorai, scendendo al piano di sotto. Trovai già Dolores intenta a pulire casa, pensavo fossimo soli...
"Salve signorina, qualcosa non va?" presi una tazza dallo scaffale e la riempii fino all'orlo di caffè, già pronto da un bel pezzo.
Sapevo non mi facesse bene, ma in quel momento non sapevo cosa fosse meglio per me.
"Niente, Dolores" l'ennesima bugia, in quei tre giorni avevo perso il conto di quante ne avessi dette.
Bevvi tutto d'un sorso quella roba, neanche mi piaceva il caffè...di quel comportamento così strano ne avevo di motivazioni.
Mi sdraiai sul divano guardando quei due o tre libri sul tavolino del soggiorno.
Mi mancava la mia vita...come avevo già detto, amavo Justin, ma la vita...o meglio, questa vita non faceva per me. Non potevo neanche frequentare una scuola o perlomeno studiare da casa.
Grattai il braccio, lo facevo sempre per il nervosismo o per non piangere.
Sentii una sostanza, qualcosa tipo una pallina o una cosa del genere. Grattando meglio riuscii ad afferrare il fastidioso oggetto.
Lo presi tra il pollice e l'indice, più che altro era una quadratino dagli angoli arrotondati. Avevo già visto una cosa del genere. Poi mi venne in mente...un chip?
Iniziai a tremare, un chip sotto pelle chi mai me l'avrebbe messo?
Un solo nome, purtroppo, mi venne in mente.
"Dolores, ho trovato questo ehm...nel divano, sai dirmi cos'è?" feci la finta tonta mostrandole la piastrina.
"Oh..fammi vedere" mise gli occhiali da vista che teneva sempre nel taschino della divisa.
"È un microprocessore...sarà del sig.Bieber" disse con fermezza, avevo l'impressione che conoscessero alla perfezione tutti gli arnesi di quel pazzoide.
"Meglio toglierlo da qui" me lo levò bruscamente dalle mani, facendomi intuire che centrasse qualcosa. Ma come...quella donna così simpatica?
Sarei fuggita, quella stessa notte.
"Va bene, io...vado in bagno" feci un falso sorriso salendo di nuovo per l'ascensore.
Ingoiai il groppo in gola per poi scoppiare in un pianto disperato. Nonostante ciò, io davvero provavo dei sentimenti per quel mostro.
Sapevo mi conoscesse da molto più tempo, ne ero certa.
"In che guaio mi sono cacciata..." sussurrai.
Mi venne uno spavento quando trovai Justin fuori la porta dell'ascensore.
Entrò e mi spintonò fortemente alla vetrata, baciandomi con violenza, rimasi impassibile non rispondendo neanche al bacio, la cosa sembro non importargli.
Lo conoscevo abbastanza da sapere che gli uomini come lui, cercavano solo qualcosa da possedere e neppure gli importava di ciò che io
dicessi o pensassi. Fece su e giù con il bottone, gravando sul mal di testa che avevo già da un po'.
"Justin..."provai a parlargli. Mi morse il labbro cercando poi di alleviare la situazione succhiandolo, fece per chiedere l'accesso che gli negai...era troppo.
"Perché fai la stronza?" Aveva sempre le mani ai lati della mia testa, era cambiato, il solito colore caramello fece spazio a delle agghiaccianti iridi nere.
"Non ti ho mai...mancata di rispetto, mai detto qualcosa di male. Ti ho dato il tuo tempo anche se ti amo da una vita e tu, tu non capisci io come mi sono sentito respinto. Ora che anche tu senti ciò che sento io, perché mi tratti come se non mi volessi?" Mi carezzò il volto, ancora paonazzo per tutto ciò che era successo quel giorno. "Se hai bisogno di qualche giorno
l-lontana da me potrai uscire o dormire nella tua camera, ma non trattarmi come se avessi fatto la cosa peggiore al mondo" mi spostai uscendo da quel maledetto ascensore, lasciandolo senza risposta.
"E si...fin quando le acque non si saranno placate, dormirò nella mia stanza" mi voltai un'ultima volta, notando uno sguardo perso.
Corsi nella mia stanza, non appena entrai dentro diedi voce al mio pianto di prima, disperato e distrutto. Sembrava un vicolo cieco quello dove mi trovavo, le emozioni erano incasinate e forse davvero provavo solo pena per Justin. Un'anima così sola e confusa, in cerca disperatamente di una persona.
Decisi di fare una doccia per schiarire le idee, i continui tormenti che facevano presente da tre giorni.
Le calde gocce d'acqua mi ricordarono lacrime amare e salate che più frequentemente in quel periodo si facevano vedere, non era un bene, ovvio.
E quelle parole che mi avevano sempre condizionato, mi avevano guidato in quel sentiero che a poco a poco, lo sapevo, mi avrebbe distrutta. Ogni dannata notte, ricordavo quelle urla, seppur sfuocate, di un uomo adulto contro una povera moglie, sua moglie. E adesso tornava tutto. Tutte quelle affermazioni, quelle cose fasulle a cui mi ero legata.
Diventava molto più nitido il mio pensiero. Non era giusto dirlo, non potevo confermarlo perché non ero a conoscenza delle mie vere emozioni ma...se davvero non amavo Justin, illuderlo era l'ultima cosa da fare. In ogni caso, sarei fuggita. Il mio pensiero su di lui, sulle cose che m'impedisse di fare, le mie condizioni di vita, quel dannato chip.
Sarei impazzita da lì a breve.
Uscii dalla doccia e avvolsi l'asciugamano al mio corpo.
Ero pallida, ultimamente lo ero sempre. Le labbra rossastre, i numerosi nei e gli occhi blu, tutti sbiaditi.
Anche i miei capelli biondi, da un caldo biondo color del grano, erano divenuti ben diversi.
Quella permanenza lì doveva finire al più presto.
Indossai intimo e semplici vestiti da casa con calzini in cotone bianco. Sentii qualcuno bussare, mi affrettai ad uscire dal bagno. "Hey, sono Justin ehm...vado a lavorare" aprii la porta, fino ad adesso mi aveva detto tutto dietro ad essa, non ne capivo il perché.
Fatto sta che dovevo essere presente, dovevo stare bene attenta al codice della porta.
"Hey, ti accompagno di sotto" indossava un sofisticato completo blu notte, gli stava alla perfezione come sempre.
Indossò gli occhiali da sole neri prendendomi sotto braccio, mi spiaceva così tanto abbandonarlo, ma dovevo.
Arrivammo fino al piano di sotto, dove mi accostai accanto al soprammobile, vicino alla porta d'ingresso. "Fa' la brava e buona giornata" nonostante tutto, gli posai un bacio sulla guancia, facendolo sorridere leggermente.
"Buona giornata" gli diedi un ultima carezza sulla spalla, attenta a quel dannato codice.
09 07 02
09 07 02
Cosa, la mia data di nascita o il caso?
Direi la prima opzione.
Fatto sta che l'avrei ricordata facilmente.
Come di consueto, mi misi ai fornelli, cercando dal ricettario qualche idea per il pranzo di quel giorno.
Il primo e l'ultimo.

- - -

𝐎𝐜𝐭𝐨𝐛𝐞𝐫 𝟏𝟎𝐭𝐡 𝟐𝟎𝟏𝟕
𝟏:𝟎𝟑 𝐏.𝐌.
𝐒𝐚𝐧𝐭𝐚 𝐁𝐚𝐫𝐛𝐚𝐫𝐚, 𝐂𝐚𝐥𝐢𝐟𝐨𝐫𝐧𝐢𝐚, 𝐔𝐒𝐀

Misi a tavola il primo, notando lo sguardo affamato di Justin. "Bolognese" dissi soddisfatta, mentre lui afferrava sempre più pasta dalla pirofila. Feci lo stesso, gustando il delizioso piatto.
Il pranzo fu abbastanza silenzioso, di ciò mi dispiacque, ma tenni la mente più concentrata sul piano di quella notte.
"Io rimango qui, ho delle faccende da sbrigare..se succede qualcosa non esitare" si stese sul divano, afferrando il computer lì vicino. Mi tenni in equilibrio alzando la gamba a mezz'aria e mi allungai per baciargli la morbida guancia.
Salii di sopra, facendomela a piedi: i ricordi di stamane mi offuscavano il cervello.
Cacciai dalla rella appendiabiti i vestiti giusti da indossare, non avrei destato sospetti.
E mi sarei anche truccata tanto, non da me.
In ogni caso, rimisi tutto a proprio posto, se fosse entrato qualcuno si sarebbe chiesto il perché di quegli abiti preparati sul letto.
Mi accasciai sul letto, stanca per quella giornata piena d'emozioni, proprio come la precedente.

*

Justin concluse il bacio con un casto schiocco di labbra, facendomi sorridere. Eravamo in soggiorno e come al solito, era indaffarato per lavoro. "Promettimi, Isabelle, che non mi abbandonerai mai" sussurrò piano, come una dolce ninna nanna, sulle mie labbra ancora rosse. "Noi ci amiamo, vero?" continuò ancora, facendomi sentire una...menzognera.
Una stupida farsa era quella mia, lo prendevo in giro. "Non mi ami piccola? Mi stai illudendo?" per la prima volta vidi le lacrime bagnargli il volto, tutto a causa mia.
"Hai ragione sai? Nessuno potrebbe amare un essere come me. Che rapisce le ragazze, delle minorenni" perché diceva così? Dovevo far qualcosa. "Non ha importanza, vado..ciao" non ebbi il tempo di ribattere. Così spaccai quel che trovai, qualcosa di abbastanza profondo e appuntito da ferirmi.
Presi il coccio del vaso e guardai il mio riflesso davanti allo specchio del bagno. La carne che veniva tagliata dal potente arnese, il sangue che colava dalla ferita...
*

Diedi un urlo, mettendo una mano sul cuore mentre cercavo di alzarmi di busto. "Isabelle, amore?" sentivo l'eco della voce di Justin per tutta casa, finché non spalancò la porta.
"Piccola, tesoro mio, che succede?" venne in ginocchio accanto al comodino, prendendo la mia mano. "Ho..fatto un incubo, meglio non parlarne" ciò che avevo sognato era ancora ben impresso nella mente, ricordavo ogni singola immagine.
"Ok, come vuoi tesoro" senza il mio consenso, si mise nel letto al mio fianco, non prima di togliere le scarpe.
Mise un braccio attorno alle mie spalle e mi indicò di poggiare la testa sul suo addome.
"Mi hai terrorizzato" ammise, io alzai appena lo sguardo sui suoi occhi nocciola.
"Sta tranquillo, non capiterà più" davvero, perché non ci saremo più visti.

𝐮𝐧𝐝𝐞𝐫 𝐫𝐞𝐯𝐢𝐞𝐰 ✔︎
𝟏𝟖𝟓𝟗 𝐰𝐨𝐫𝐝𝐬

𝐦𝐲 𝐬𝐩𝐚𝐜𝐞:
Salve! Capitolo pieno d'imprevisti, ci ho messo praticamente tutta me stessa per scriverlo. Stiamo per giungere all'inaspettata svolta di Isabelle. Come sempre spero che il capitolo sia piaciuto, un bacio...ciao♥︎!

il quinto capitolo lo trovi qui☟︎

 𝑾𝒉𝒂𝒕 𝒍𝒐𝒗𝒆 𝒅𝒐𝒆𝒔- 𝒋𝒃Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora