Ho buttato via l'amore.

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Quanto pesa la città se le togli la gente?

Quanto tempo resterà se dividi per sempre?

Se il passato è un errore, ho buttato via l'amore

Manuel non scriveva più poesienperché si era ritrovato a scriverne così tante per Simone che ad un certo punto aveva pensato di impazzire. Gli era venuta la nausea solo a guardare la carta e si era giurato, poco dopo la maturità, che non avrebbe mai più toccato un foglio o una penna. Lo giurò anche a Simone, una notte che l'aveva raggiunto a casa abbandonando il suo appuntamento con Gianni il dottore, il bel fusto che gli aveva conquistato il cuore, quel cuore che avrebbe potuto essere suo - se avesse saputo maneggiarlo.

La manualità era il suo forte, in realtà, ma i cuori? Dei cuori non sapeva niente. Battevano da soli e se li avesse toccati probabilmente avrebbe combinato un casino, avrebbero smesso di battere. E lui non avrebbe mai voluto essere artefice di cotanta crudeltà. Manuel era bravo in tante cose, ma non nel dire la verità quando ce ne fosse bisogno. Non nel tenersi strette le persone quando ne aveva bisogno. Non nel chiedere aiuto.

«Io non sono buono a niente, manco a vive'».

Manuel quella sera aveva bevuto più del solito, e non solo. Si era fermato, precedentemente, nei pressi della scuola per spacciare quel poco che gli era rimasto - ordini di un amico a piede libero di Sbarra che aveva roba da smaltire, per cui Manuel rappresentava una sicurezza. Tanto è roba che me levo subito dai coglioni, si convinse, e invece quasi l'avevano menato. Aveva deciso di festeggiare la sua mancata morte in un pub lì vicino, bevendo fino all'inverosimile e trascinandosi a casa con la voglia di svenire e vomitare ad ogni passo. La vista annebbiata e la testa in un altro universo, non aveva neanche un minimo di lucidità. Per questo aveva chiamato Simone. Di solito era Simone a preoccuparsi per lui, a chiamarlo sempre, ad interessarsi della sua salute fisica e mentale, ma non quella volta.

Da quando Gianni il dottore era apparso nella vita di Simone, lui semplicemente aveva smesso di esistere. Non per Simone, ma per sé stesso. Non sono depresso si ripeteva. Semplicemente era costretto a vedere la propria vita scorrere e lo faceva in silenzio e con disinteresse totale, in parte ringraziando che Simone lo vedesse di meno, perché di dargli spiegazioni non gli andava per niente. Erano settimane che non si chiamavano né messaggiavano, e andava bene così.

In altre situazioni si sarebbe mozzato le mani piuttosto che far partire la chiamata al moro, ma a fargli compiere quel gesto, quella notte, fu una forza immensamente più grande di lui a cui cercò di ribellarsi quasi immediatamente quando la sua stanza, dopo un'oretta, si riempì delle sue urla.

«Tu non capisci quante cose potresti fare, Manuel. Non lo capisci. Perché se lo capissi non ti ridurresti così e staresti su sta cazzo di scrivania a scrivere poesie, storie, quelle che ti piacciono tanto. Invece sei tu che stai scegliendo di essere la persona che vedi allo specchio quando ti alzi la mattina. Lo stai scegliendo tu, Manuel.»

Simone e la sua immensa fiducia in un rottame come lui.

Ma perché? Che ho fatto di così speciale per meritarmi un tale dono nella mia vita?

«Simo ', più urli più non capisco che cazzo dici, abbassi il volume?»

«Ti stai permettendo anche di fare lo spiritoso? E non t'abbiocca'!»

Simone gli diede uno schiaffetto sulla guancia, notando gli occhi socchiusi di Manuel, segno che si stesse addormentando mentre discutevano - o meglio, mentre Simone faceva il suo monologo.

«Statte tranquillo Simo' sto 'na favola»

«Eh, 'n fiore a primavera. Ma si può sapere dove cazzo stavi?»

Regno Animale - SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora