Parte 5

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Lorenzo uscì dal negozio con due borse piene in mano. Non era felicissimo di dover passare il pomeriggio in casa da solo e, se non avesse dovuto studiare, di certo non ci sarebbe rimasto.
Sospirò, facendo la strada a passo svelto con la spesa che gli batteva contro le gambe.
Non ci mise molto ad arrivare, sistemare le cose e, controllato che tutto fosse a posto, che nessuna lampadina fosse esplosa, si fece la doccia.
Una volta finito si guardò bene allo specchio, cercando di studiare i segni attorno al collo. Erano già meno marcati, più verdi che viola, con i contorni giallastri. Non facevano un cerchio attorno alla gola, ma spuntavano solo delle macchie e poteva spacciarli per succhiotti un po’ strani, magari. Almeno lo sperava.
Appoggiò la fronte al vetro umido di condensa, sospirando.
Se qualcuno avesse scoperto che lui ed Enea… stavano insieme?
Cosa poteva fare in quel caso? Non si vergognava, non era quello il punto. Ma aveva paura che la sua vita diventasse impossibile. Sospirò; sapeva che, in realtà, gli sarebbe importato relativamente poco di tutti quei problemi, se Enea fosse rimasto con lui: era abbastanza onesto con se stesso da capire che era l’ipotesi di rimanere solo a spaventarlo di più.
Finì di asciugarsi, decidendo di accantonare quei pensieri nello stesso angolo dove aveva messo quelli sull’amore.
O meglio, le domande sull’amore che lui provava, forse, per Enea.
Si mise una vecchia tuta, facendo poi partire la lavatrice e andando a studiare. Era nella stessa situazione dell’amico, forse peggiore, e solo un miracolo poteva salvarlo l’indomani perché non sapeva davvero nulla degli argomenti della verifica.
Aprì il libro, fissando con astio le pagine, e iniziò a leggere, prendendo appunti.
Non si accorse dell’ora, fino a quando il mal di testa non lo costrinse a fermarsi e solo in quel momento diede retta al suo stomaco, che sembrava cercare di mangiarsi da solo.
Si alzò, preparandosi la cena e accendendo la televisione in sottofondo, per poi mangiare guardando il telegiornale.
Non c’erano stati episodi soprannaturali di nessun tipo in casa, anche se era stato da solo fino a quel momento, e si sentiva abbastanza tranquillo; ma non fece in tempo a esprimere il pensiero che, nell’angolo della cucina, dove la stretta finestra dava sul cortile interno del palazzo, una rosa di brina si disegnò sul vetro.
La forchetta gli scivolò di mano, producendo un rintocco contro il piatto e lui si alzò di scatto.
L’ombra sembrò acquistare forma e sostanza e un verso di terrore scaturì dal ragazzo, ma apparentemente il fantasma non sembrava riuscire a materializzarsi del tutto. Come se qualcosa gli impedisse di prendere sostanza al contrario delle altre volte.
Si fermò, osservando quelle spirali di tenebre in movimento, notando come si assottigliavano sempre più e, infine, ogni ombra svanì. Non si era manifestato.
“Funziona…” Mormorò sorpreso, quasi più sconvolto da quello che dalla manifestazione in sé. “Funziona davvero…” Si lasciò cadere sulla sedia, guardando la televisione con sguardo attonito.
Appoggiò la fronte sulle braccia incrociate sul tavolo, sentendo un filo di euforia scorrergli nel corpo. L’avevano tenuto lontano, ce l’avevano fatta!
Iniziò a ridere, sentendosi leggero, permettendo alla gioia di manifestarsi.
In quel momento il campanello della porta suonò e, ridacchiando, dopo aver guardato dallo spioncino, aprì.
Enea lo guardò, sorpreso, la sua espressione stupita si accentuò quando Lorenzo lo afferrò per il bavero della giacca facendogli cadere lo zaino dalla spalla, chiudendo poi la porta alle sue spalle e sbattendocelo contro, stampandogli un bacio decisamente focoso sulle labbra. Staccandosi con un sorriso degno dello stregatto si mosse verso il centro della cucina, quasi ballando.
“Funziona!” Esordì, con la voce piena di gioia, fissando l’amico. “Ha provato a materializzarsi, tipo, ma non c’è riuscito! La salvia ha funzionato, ‘Nea!” Dopo un attimo di smarrimento, causato anche dall’accoglienza, l’altro sorrise. Un’espressione di gioia e vittoria gli si disegnò  sul viso. Si tolse la giacca, lasciandola sulla spalliera della sedia, andando incontro all’altro.
“Te lo dicevo che trovavamo il modo! Te lo dicevo!” Scoppiarono entrambi a ridere, euforici, ebbri di gioia, e Lorenzo in uno slancio tornò a baciare Enea, intrecciando le mani dietro la sua nuca.
Ma questa volta non era più un bacio rapido, per quanto focoso, era un contatto più deciso. La sua bocca sembrava volerlo divorare, lo cercava decisa e dolce allo stesso tempo.
“Vieni.” Lorenzo prese la mano di Enea, andando verso la camera e buttandolo sul letto. Gli si mise al fianco, infilando le mani sotto la maglia e accarezandogli la schiena con i palmi, assaporando la sensazione tattile di quel contatto. Era felice e, in qualche modo, era grato.
“Come..?” Enea, sorpreso da quell’iniziativa, ne fu però lieto. Era sempre lui che cercava Lore, e questo cambio di rotta lo stupiva piacevolmente.
“Grazie.” La voce di Lorenzo, bassa e morbida, accarezzò la pelle del collo di Enea, facendolo rabbrividire. “Grazie, ‘Nea… senza di te, io…” Ma non concluse la frase, preferendo mordicchiare il lobo dell’altro, sentendolo inarcarsi appena e rabbrividire di piacere. Con movimenti un po’ goffi spogliò l’amico, togliendosi a sua volta gli indumenti.
“Certo che se ti fa questo effetto, sono quasi felice del fantasma…”
“Idiota!” Lorenzo arrossì, bloccandosi. Sì, era nudo, anche il compagno, e improvvisamente si sentiva lui l’idiota.
“Non dirmi che hai cambiato idea…” La voce di Enea, allarmata, riscosse Lorenzo che lo fissò.
“No.” Disse infine, riprendendo a baciare l’altro che si era girato per stringerlo a sé comodamente. Era meno massiccio di Enea, la muscolatura definita ma sottile, le ossa che, qua e là, a seconda dei movimenti, quasi sembravano tendere la pelle. Le mani di Enea che lo stringevano gli premevano contro la schiena, quasi togliendogli il fiato, e Lorenzo dovette spingere le mani sul petto dell’altro per avere spazio.
“Fammi respirare.” Sorrise e l’altro annuì.
“Scusa, è che non mi sembra vero. Ogni volta non mi sembra vero.” La voce si abbassò, e gli occhi di Enea sfuggirono, quasi timidi, da quelli dell’altro. “Ogni volta che ti tocco, mi sembra di sognare… tu non sai quanto lo volevo e quanto sono felice adesso. Anche se è successo solo per colpa di... quello. Tu sei qua, non te ne andrai quando mi sveglio, come i sogni.”
“Mi sembri un libro di Moccia.” Venata di divertimento, la voce di Lorenzo bloccò Enea, che arrossì. “Quelle cazzate che legge Greta. Scusa, ma non me le puoi dire…”
“Già.” Brontolò il moro, fissandolo. “Sai che hai rovinato un momento romantico?”
“Si mangia?” Lo sguardo di Enea fulminò l’altro, che rise.
“Lore, un po’ mi stai sul cazzo.”
“In molti sensi, immagino.” Il ragazzo scese con le dita lungo il fianco del compagno, fino a sfiorargli il sesso. “Molti molti.”
Enea rabbrividì, decidendo di accantonare il discorso sull’assenza di romanticismo di Lorenzo. Avrebbero avuto tempo più tardi. Le dita del compagno si chiusero delicatamente sulla sua carne, giocando con la pelle, sfiorandone ogni parte con malizia, eccitandolo senza mai però decidersi a fare quello che lui aspettava, a terminare quei movimenti e concedergli il culmine.
Gemette di piacere, ma i tocchi continuavano a essere irriverenti e a bloccarsi prima di portarlo al vero apice, accompagnandolo sulla soglia per poi ritirarsi, ancora e ancora, in un gioco dalle sfumature quasi diaboliche.
“Lore!” Protestò a un certo punto, ancora una volta abbandonato sul più bello.
“Sì?” Il tono era malizioso e giocoso, ma il moro decise di averne abbastanza. Sgusciò da sotto l’altro, invertendo con un guizzo le posizioni e portandosi sulla sua schiena con un unico movimento, che Lorenzo non si era aspettato. Seduto sulle cosce dell’altro, Enea gli diede uno schiaffo violento sulla natica.
“Che fai!” La veemente protesta strappò un sorriso malizioso a Enea.
“Questo è perché non si tortura la gente, mai sentito parlare di convenzione di Ginevra?”
“Non penso tocchi questo argomento, sai?” Lorenzo torse il busto come poté, arrivando a guardare l’altro che, chino su di lui, gli accarezzava la schiena con i polpastrelli. Il tocco si spostò al centro, lungo la colonna vertebrale, e iniziò a scorrere verso il basso, piano, fino ad arrivare tra i glutei e scendere ancora di più, toccando l’entrata di Lorenzo che si irrigidì.
“Non dovevamo fare un po’ per uno?” Cercò di districarsi, di liberarsi dal peso dell’altro ma la posizione, e soprattutto Enea, glielo impedirono.
“Hai perso il turno.”
“E cazzo, no!” Lorenzo protestò, cercando rigirarsi, inutilmente. “Non fare lo stronzo!”
“Dai, hai cominciato te!” L’erezione di Enea lo sfiorava e il ragazzo s’incupì. Sentì che si allungava e recuperava i suoi pantaloni, ma non capiva cosa stesse facendo. Dopo un attimo un dito, coperto da una sostanza fredda, iniziò a entrare in lui.
“Cosa..? ‘Nea, non ho voglia di…” Il dito però sgusciò senza problemi dentro di lui e, anche se non era esattamente ferrato sull’argomento, il biondo capì cosa l’altro avesse preso. Sentiva che si muoveva in lui, impacciato, come se cercasse qualcosa.
Aspettando solo il momento giusto per ribaltare le posizioni, in attesa, l’ondata di piacere che si scatenò improvvisa lo colse del tutto impreparato. Inarcò la schiena, la bocca spalancata e il respiro di colpo accelerato.
Notando la reazione, Enea insisté su quel punto appena trovato.
I brividi di piacere si scatenarono in Lorenzo, che non si aspettava nulla del genere. La volta prima era stato come minimo spiacevole, doloroso, e per nulla gradevole.
Non pensava fosse possibile provare a quel modo una sensazione simile. Sentiva il proprio respiro farsi sempre più accelerato e il cuore battere all’impazzata, mentre ondate di sensazioni si inerpicavano lungo i suoi nervi, strappandogli ansiti pieni di lussuria.
“Sicuro che vuoi che smetta?” Non ebbe neppure la forza di rispondere a quella provocazione; sentì una punta di qualcosa di freddo, probabilmente altro lubrificante, e un secondo dito si unì al primo. La mano libera di Enea si portò sul sesso di Lorenzo, massaggiandolo delicatamente, con movimenti lenti, e un gemito roco uscì dalla gola del compagno. Un suono pieno di desiderio che chiedeva appagamento.
Tolse le dita, cospargendosi di lubrificante, e Lorenzo sentì la carne dell’altro iniziare a entrare in lui. Il dolore ci fu, si lasciò scappare una bestemmia, ma ben presto il piacere riprese a essere intenso e a coprire il resto. La mano libera di Enea si mosse, e Lorenzo, guidato da essa, si trovò con il bacino alzato e la schiena inarcata verso il basso, il compagno tra le sue gambe che si muoveva in lui lentamente, al ritmo dei movimenti con cui si occupava del suo sesso.
Gemette e si morse il braccio, sentendo lo sfregamento causargli un piacere che non si aspettava. Un’ondata di sensazioni che lo accecava, immergendolo in un biancore in cui esisteva solamente quella voluttà avvolgente. Il ritmo andò aumentando e così il volume della voce di Lorenzo, fino a quando, sotto quella doppia stimolazione, non si svuotò nella mano di Enea. Si sentì completamente appagato, come se per un attimo ogni sensazione fosse stata sospesa nel tempo. Si accorse solo vagamente che Enea continuava a muoversi in lui e che solo dopo altre spinte raggiungeva a sua volta l’apice. Alla fine l’altro, semplicemente, si lasciò cadere di fianco a Lorenzo.
“Allora?” Gli chiese, accarezzandogli la schiena.
“Rimani un bastardo.” Disse aprendo un occhio dello stesso colore dei fiordalisi, illuminato da una luce appagata. “La prossima volta cosa ti inventi per non stare sotto tu?”
“Posso sempre legarti al letto.” La risposta, detta in tono assolutamente serio, riscosse il biondo che si girò verso l’altro, attento.
“Scherzi, vero?”
“Chi lo sa…” Dopo quelle parole, però, Enea rise tanto forte da farsi mancare il respiro. “La tua faccia!” Riuscì solo a dire, a stento, con le lacrime agli occhi.
“La mia faccia cosa?!” Lorenzo diede un pugno al braccio dell’altro, che si strinse l’arto ammaccato senza che quel dolore intaccasse la sua ilarità.
“Quando ho detto che potevo legarti!” Con un paio di respiri Enea si calmò. “Quindi, Lore…”
“No. Non so cosa vuoi dirmi ma no. Anzi, lo so. Ma rimane no, anche se stavolta è stato meno peggio, no.”
“Capito.” Si limitò a dire l’altro, sospirando e stringendosi a Lorenzo. Dopo un attimo aggiunse, come in un ripensamento: “Però dobbiamo fare qualcosa per la tua mancanza di romanticismo, io ti stavo dicendo una cosa bella.”
“Dille a Martina. O a Greta. O alla svedese. Ma non trattarmi come una ragazza solo perché… beh. Hai capito.”
“E che c’entra quello?” Il tono del moro era perplesso. “Mica sei una ragazza, guarda che la differenza la vedo. Ti amo, mi piace che… stai con me, che stiamo assieme. Tutto lì.” Lorenzo sospirò e diede una pacca sulla fronte all’altro.
“È che mi fa strano, ancora.” Un sorriso un po’ impacciato comparve sul volto del biondo. “Tu hai passato un anno a pensarci, io ho avuto meno di un mese, e non sono mai stato romantico. A prescindere da te, e lo sai.”
“Già.” Enea diede un rapido bacio all’altro e uscì dal letto. “Vado a darmi una pulita.”
Quando tornò nella camera, Lorenzo russava. Con un sorriso si infilò nel letto e spense la luce, felice.

La solitudine delle OmbreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora