Avevano passato il resto del giorno a cercare su internet come tenere un fantasma fuori dalla casa. Avevano scoperto un sacco di cose, ma, a dire il vero, a nessuno dei due sembravano davvero affidabili.
“Se in Supernatural usano il sale, magari funziona davvero.” Sbottò a un certo punto Enea, esasperato.
“Certo, e il Dottore con il Tardis verrà a salvarci… poi quello matto sono io.” Disse con una buona dose di acidità Lorenzo, mentre controllava, al pc, l’ennesimo sito. “Abbiamo letto le cose più stupide e assurde di questo mondo, tipo di parlargli per convincerlo a lasciarci in pace, mostrandosi determinati.” Lo sbuffo irritato del ragazzo mosse i capelli chiari dal viso. “Le uniche cose che sembrano sensate sono gli esorcismi, ma il prete non ci ha creduto. Poi ci sono queste cose con le candele, e poi dicono di bruciare la salvia bianca, te sai cos’è?” Enea annuì.
“Sì, mia sorella maggiore ce l’ha. Ha anche altra roba, magari funziona…”
“Intanto io direi di fare quello che dice qua e di mettere del sale agli angoli. Almeno qua…” Enea annuì e aiutò Lorenzo a sistemare i bicchieri pieni di sale, poi li misero anche nel corridoio. Nel mentre il temporale si era quietato e avevano sostituito le lampadine scoppiate, pulendo dai vetri rotti.
“Ho fame. Lore, e se uscissimo? Tanto fuori non ci può fare niente, no?”
“È quasi ora di cena.” Il ragazzo sospirò, non avevano neanche pranzato e, a quel pensiero, il suo stomaco protestò rumorosamente. “Guardo quanto ha lasciato mamma. Pizza?”
“Sì.”
Aprendo un cassetto della cucina Lorenzo prese una banconota da venti euro, mettendola sul ripiano. I due si guardarono e uscirono, scendendo le scale del palazzo e percorrendo la via fino alla pizzeria da asporto all’angolo, dove mangiarono appoggiati al tavolino, l’unico, nel locale.
“Se ti va andiamo subito a prendere la salvia.” Lorenzo annuì, e uscirono nella serata piovosa, andando a casa di Enea che, fortunatamente, era poco lontano, in una traversa. Salirono le scale del palazzo e ad accoglierli trovarono la nonna del ragazzo che guardava il telegiornale, sferruzzando. Lorenzo, a ogni Natale, riceveva da Adelaide una sciarpa o un cappello fatto da lei e si sentiva un po’ adottato da quella anziana donna, che lo trattava come un nipote.
“Oh! Non pensavo venissi a casa, Enea!” Sorrise a entrambi e si alzò. “Avete cenato? Vi faccio un piatto di pasta?”
“Siamo a posto, nonna, abbiamo mangiato una pizza.” La donna annuì.
“Sicuri di avere la pancia piena? Ho fatto la crostata oggi. Lorenzo, ne vuoi una fetta?” Il sorriso che gli rivolse, così caldo, gli ricordò quello della sua, di nonna. Di quando ancora la malattia non l’aveva resa quello che era. Si sentì stringere il cuore per un solo momento mentre scuoteva la testa.
“No, signora Adelaide, grazie. Sono a posto.” La donna lo fissò scettica, ma tornò a sedersi sulla poltrona, riprendendo in mano i ferri. Nel mentre Enea era ricomparso, andò dalla nonna e la baciò sulla guancia.
“Dormo da Lore. Sua mamma è via.”
“Va bene, lo dico io.” L’anziana sorrise e in quel viso si poteva notare lo stesso tipo di bellezza, sfiorita dal tempo, che dominava i tratti del volto del nipote.
“Grazie, che se glielo dico io non la finiscono più.”
“Buona serata!” Lorenzo, trascinato fuori dall’amico, salutò da sopra la spalla e ricevette in risposta un cenno, mentre la porta si chiudeva.
“Ce l’ho, ora vediamo se funziona.”
“Lo spero.” Si limitò a borbottare.
Corsero sotto la pioggia fino a casa di Lorenzo, entrando e trovando tutto apparentemente in ordine. Andarono in camera e nelle mani di Enea comparve un mazzetto di salvia secca, legata strettamente con un filo di cotone bianco, e un accendino.
“Credo che, da quello che ho capito, dobbiamo darle fuoco e girare per casa con questo affare fumante.”
“Perché adesso mi sembra così stupido?” La voce nervosa di Lorenzo fece sorridere Enea.
“Più stupido di credere nei fantasmi? Perché direi che ora ci crediamo.” Lorenzo sorrise, il viso più rilassato. Passarono ogni stanza della casa, mentre l’odore di salvia bruciata riempiva l’aria. Quando finirono, in qualche modo, sembrava che l’atmosfera fosse più leggera.
Lorenzo sospirò, sentendosi davvero come se un peso gli fosse stato tolto dalle spalle.
“Dici ha funzionato?”
“Sì.” Enea sorrise, sentendosi a sua volta sollevato, pulito. Scostò il collo della felpa del compagno e accarezzò i segni violacei. “Mi spiace…” Mormorò. Lorenzo fece un passo indietro scrollando le spalle.
“Non eri tu.”
“Fossero almeno succhiotti…”
“Idiota. Ti ho detto che non li voglio e tu me li hai lasciati lo stesso, e ridevi pure come un coglione quando in classe la Greta mi ha fatto la mezza scenata. Neanche fossimo ancora assieme! E tu, cazzo, te la ridevi!” Lorenzo, arrabbiato a quel ricordo, diede le spalle all’altro che lo raggiunse, spingendolo sul letto e sedendosi su di lui. Iniziò una lotta violenta, anche se infarcita di risate, che terminò con Enea seduto sulle gambe di Lorenzo, che gli bloccava i polsi sopra la testa, conto il materasso.
“Ti arrendi?”
Con il fiato grosso, entrambi si fissavano. Lo sguardo di Lore si assottigliò, cercò di liberarsi ancora una volta, poi sbuffò.
“Mi arrendo. Ma tu non lasciare più succhiotti, ‘Nea.”
“E cosa ci guadagno?” La voce dell’altro divene maliziosa, ma lo sguardo irritato che ricevette non prometteva nulla di buono.
“Mi sa che ci guadagni abbastanza a prescindere.” Borbottò infatti l’altro, ma Enea lo ignorò, scendendo a baciarlo con delicatezza sulle labbra strette.
“Non lo so. A me non sembra.” Gli disse sogghignando dopo un momento, fermando il bacio, per poi riprendere ad accarezzare quella bocca con la propria finché l’altro non lo assecondò.
Lorenzo, i polsi ancora bloccati sopra la testa, chiuse gli occhi. Il senso di oppressione che si sentiva addosso da quando era stato nella cripta era praticamente svanito, ma il terrore di essere abbandonato era ancora presente, anche se meno invasivo.
L’irritazione si fece largo tra le sue emozioni, mentre Enea lo baciava, tenendolo bloccato sotto di lui. Certo, stava rispondendo e sentiva una certa eccitazione serpeggiare, ma quegli atteggiamenti dominanti dell’altro, in quel campo, iniziavano a dargli molto fastidio.
“Mollami, ‘Nea.” Disse a un certo punto, muovendo come poteva le mani.
“Devo proprio? È divertente…” Enea scese verso il collo, mordicchiando la pelle setosa sotto l’orecchio e sentendo un gemito incontrollato scaturire dalle labbra dell’altro. Dopo un attimo, però, gli lasciò i polsi. Più che accontentarlo, però, voleva poterlo spogliare.
Amava sentire la pelle dell’altro sotto le dita, i muscoli guizzare e il suo calore. Con un gesto rapido gli tolse la felpa e scese a baciare il petto nudo, mordicchiando i capezzoli e passandogli le mani in ampie carezze lungo i fianchi. Sentiva la voce di Lorenzo, venata di piacere, sussurrare il suo nome mentre scendeva lungo la linea degli addominali, disseminandola di baci, fino ad arrivare al bottone dei jeans.
“Enea…” Le dita del ragazzo slacciarono la chiusura con destrezza, scendendo poi in una carezza lungo la stoffa, premendo appena contro l’erezione imprigionata dalla tela.
“Sì?” Ma non ebbe risposta se non un mugolio e uno sguardo talmente intenso da farlo rabbrividire. Giocò ancora per qualche istante, poi fece scivolare l’indumento oltre le caviglie e si sfilò a sua volta i vestiti con rapidità. Le sue mani circondarono i sessi di entrambi, uno vicino all’altro, stringendoli delicatamente assieme e iniziando a muoverli in sincrono, chiudendo gli occhi e ansimando appena, mordendosi le labbra per trattenere il volume della voce.
Le dita accarezzarono e sfiorarono e, alle sue, si unirono quelle di Lorenzo. Quell’intreccio di sensazioni divenne prepotente e le movenze sempre più serrate, tanto che il culmine arrivò quasi inaspettato e improvviso. A distanza di un respiro l’uno dall’altro il loro piacere si palesò, ed Enea si lasciò cadere, con il volto improntato al piacere appena provato, accanto al compagno.
Con un gesto pigro, Lorenzo prese i fazzoletti dal comodino e ne diede uno a Enea, pulendosi le dita e la pelle dai residui, sospirando soddisfatto.
Il corvino lo imitò, per poi tirare su le coperte e stringere a sé il compagno, baciandolo delicatamente all’angolo della bocca.
“Ti amo.” Gli disse con un sussurro a malapena udibile, e Lorenzo, a quelle parole, si sentì gelare.
Amore? Amava Enea, lui? Non lo sapeva, ma l’altro aspettava una risposta.
“Anche io.” Gli disse piano, felice che non lo stesse guardando.
Non sapeva se stava mentendo o dicendo la verità, e quello, di per sé, rendeva la sua dichiarazione una menzogna.
Sentì l’altro stringersi di più contro di lui, abbracciarlo e, pur essendo alti uguali, si sentì avvolto da quelle braccia.
La colpa iniziò a roderlo: aveva mentito a Enea? O, se aveva detto la verità, perché era così confuso?
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La solitudine delle Ombre
ParanormalUn'ombra che infesta le strade di Genova è pronta a versare sangue, vuole riavere quello che gli è stato portato via. Ed è sulla gola di Lorenzo che si stringono le sue morte dita di spettro. Lorenzo, che si ritrova addosso il segno di peccati comme...