3. Leah

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«Aspetta... tu conosci quel tipo?» Gin ride, incredula e alticcia. È una bomba a orologeria quando è così sovraeccitata.

Non so dove trovo la forza di annuire silenziosamente col capo, visto che l'istinto mi impone di restare immobile come una preda che teme di essere notata, nella speranza che, restando ferma abbastanza a lungo, nessuno possa vedermi.

Lui compreso.

E invece, come calamitato da una forza magnetica, Liam lascia il suo tavolo per avvicinarsi a noi.

«Cazzo, è un figo pazzesco.» commenta Gin in un mormorio, una mano a coprire il labiale neanche ce l'avesse un pudore lei, che nel frattempo lo squadra come farebbe un topo con una forma di formaggio. Il calcio che le sferro sullo stinco per intimarle "discretamente" di smettere di fare la molesta serve a ben poco, se non addirittura a peggiorare la situazione visto che scoppia a ridere, incapace di trattenersi.

Nonostante l'ambiente brulichi di gente chiassosa, festaioli e ubriachi, mentre Liam si fa strada verso di noi mi sembra quasi di vedere tutto il contorno muoversi a rallentatore, come se lui fosse l'unica cosa a spostarsi in una stanza immobile.
E l'unico colore in mezzo a una scala di grigi è il verde muschio dei suoi occhi puntati su di me.

«Ciao, Leah.» le mie dita si stringono inconsapevolmente attorno al bicchiere di birra ormai a metà quando il ragazzo si ferma a un passo da me, con quel suo sorriso splendente che per un attimo mette in stand by la mia capacità di respirare. La camicia blu notte che indossa gli aderisce perfettamente alle spalle larghe, il modo disinvolto in cui affonda le mani nelle tasche dei jeans fa guizzare la muscolatura al di sotto del tessuto sottile. Sono passati due mesi dall'ultima volta che ci siamo visti, ha accorciato i capelli sui lati e i suoi occhi verdi sembrano risplendere sotto il ciuffo tenuto alto e spettinato sulla testa.

«Come stai?» esordisco, maledicendo mentalmente il tono stridulo con cui le parole mi escono dalla bocca e il sorriso tirato che mi straccia gli angoli della bocca.

Mi chiedo quanto possa essere disgustosa la mia espressione in questo momento.

Di tutta risposta, Liam allarga le braccia, abbassa la testa come per esaminare il suo corpo per poi rialzarla e affondare di nuovo il suo sguardo nel mio. «Come mi vedi.» afferma sardonico.

Segue una pausa di imbarazzato silenzio in cui la lingua mi rimane incollata al palato. E Liam deve essersene accorto eccome, perché è lui a fare una mossa per uscire dall'impasse, dimostrando di aver intuito che sono talmente agitata da avere perfino scordato le buone maniere. Allunga la mano in direzione di Gin e le si presenta, rivolgendole un sorriso affabile. «Giuro che non volevo darvi l'impressione di essere uno stalker che vi fissava.» si giustifica con lei. «È solo che sono sempre più miope e già mi è capitato di scambiare qualche altra ragazza per Leah. Una collezione invidiabile di brutte figure, ve lo assicuro!»

Si strofina la nuca, tradendo una punta di imbarazzo, e mi osserva di sottecchi attraverso il pizzo delle ciglia. Gin lo esamina con la testa piegata, sorretta dalle dita intrecciate sotto al mento. Lo scruta come se fosse un esperimento da laboratorio. «Hanno inventato una cosa chiamata "occhiali", sai? Servono proprio ad evitare quel genere di situazioni spiacevoli

«Gli danno fastidio.»
«Mi infastidiscono.»

Okay.
Abbiamo appena risposto all'unisono.

Gin sgrana gli occhi divertita, con la bocca aperta e uno sguardo furbo che saetta a intermittenza tra una me raggelata e Liam, che imprigiona un labbro tra i denti per trattenere un risolino.
«Wow. Vi conoscete bene voi due.» prorompe con ironia mefistofelica e alza appena il sopracciglio con fare provocatorio nell'attimo prima di voltarsi verso il bancone e richiamare l'attenzione del barista.

Vanno via Tutti, resti con me?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora