11. Leah

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Mi ha piantata in asso.

La musica sovrasta le voci a ondate, mi urta pulsante senza ferirmi.

Se ne è andato, non posso crederci.

É una tattica già collaudata la sua, mettere ogni cosa sottosopra e poi andare via, come se restarmi accanto anche solo un attimo in più potesse compromettere tutto. Ma non si rende conto che è troppo tardi, ormai: le parole non si possono eliminare, non importa quanto le rimpiangi. Restano dette, che ti logori o meno per aggiustare le cose.

Axel mi ha lasciata da sola con la mia rabbia liquefatta e, nonostante ci siano almeno un centinaio di persone attorno a me, nessuno sembra accorgersene. Con l'eco delle sue false promesse a rimbombarmi nella testa - dobbiamo solo festeggiare e divertirci, certo, come no - inizio a vagare per la sala, profanando la festa a passi ruggenti di delusione e tristezza, germogliate come ortica sugli strascichi del risentimento.

Mi ha voltato le spalle.

Senza voler sapere le mie ragioni, quando invece io sono sempre pronta a sentire le sue. Tutta questa situazione ha rivelato un qualcosa di difficile da metabolizzare: lui, Axel, non si fida di me.

Io gli metterei la mia vita in mano, senza esitazione, nonostante il suo passato, nonostante i non detti, nonostante tutti i suoi sbagli, mentre lui... lui non mi concede nemmeno il lusso della sua fiducia.

Come se non la meritassi.

Ferita, come mai aveva fatto così di proposito fino ad ora, attraverso la sala decisa a raggiungere il bar. È difficile non restare incantati dalla meraviglia stellata che si muove, vibra e illumina le teste dei presenti. Mi viene quasi voglia di esprimere un desiderio ogni volta che la scia di una stella cadente squarcia il nero del soffitto fendendolo con la sua luce, nonostante io sia ben consapevole di quanto sia stupida come cosa, che tanto è tutto finto.

Provo a concentrarmi su cosa mi accade attorno, tentando di ignorare la bellezza del planetario e cercando una faccia amica tra la folla informe di gente che beve, balla e si diverte sotto la volta artificiale di questo posto magnifico. Nessuna traccia del ciuffo biondo di Ricky, sparito praticamente non appena abbiamo messo piede qui dentro. Tutto quello che riesco a vedere è una massa di gente estranea e senza volto che si muove attorno a me e non smetto un attimo di maledirmi per non essere rimasta a casa.

«Non è stata per niente una buona idea.»

Beh, almeno su una cosa io e Axel siamo d'accordo: avrei dovuto attenermi ai miei piani, Netflix e gelato a profusione, invece di stare qui come una cretina, senza neanche le mutandine addosso.

Già. Sono una stupida, lo so.

Ma avevo immaginato che sarebbe stato divertente. Ed eccitante. Invece è solo una cosa patetica, come me.

Raggiungo quello che sembra essere stato improvvisato ad angolo bar, una posizione strategica: nessuno bada a me, troppo occupato a riempirsi di nuovo il bicchiere, e io posso passare inosservata e godermi i dettagli di un mondo a cui sento di non appartenere. Inoltre, la gola secca e la possibilità di tenere un bicchiere tra le mani per evitare di continuare a contorcerle dal nervosismo, rendono allettante l'idea di testare la qualità dello champagne.

Le bollicine dorate gorgogliano lungo la gola quando svuoto il flûte quasi tutto d'un fiato, in un improvviso bisogno di stordimento che mi fa strizzare gli occhi.

«Nessuno dovrebbe bere da solo a una festa come questa.»

Il suo fiato è compatto contro il lobo del mio orecchio, caldo, umido. Va a cozzare sulla pelle. Non levo lo sguardo verso il mio interlocutore, mi travolge un improvviso moto d'inerzia, un tentativo d'indifferenza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 05, 2023 ⏰

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