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Quella mattina alzarsi sembrava un'impresa eroica per Simone. Aveva solo cinque ore di sonno sulle spalle e la giornata sarebbe stata molto intensa.

Innanzitutto alla seconda ora avrebbe avuto il compito di matematica - non aveva studiato troppo, tuttavia non era troppo preoccupato -, mentre nelle ore successive avrebbero interrogato altri professori. Per pranzo aveva fissato con Riccardo per andare a mangiare il sushi in un locale che lui diceva fosse stra figo e, infine, nel pomeriggio avrebbe avuto anche gli allenamenti di rugby. Nella borraccia al posto dell'acqua sarebbe stato meglio mettesse del caffè: lo avrebbe seriamente aiutato.

Cercando di non perdere troppo tempo si diresse in bagno facendosi una veloce doccia, si vestì e scese giù per fare colazione. Dalla finestra vide nonna Virginia intenta ad innaffiare i fiori, alzò una mano per salutarla. Chissà con quale forza era così attiva di prima mattina, bho.

«Buongiorno Simone - Dante lo salutò mentre si stava versando il caffè della moka nella tazzina - Vuoi?»

Simone annuì e poi prese posto «Buongiorno anche a te.»

Simone scorse sul volto di Dante l'espressione che aveva quando la sua intenzione era fare discorsi paternalistici alla gente: non questa mattina - pensò. Per favore, non avrebbe proprio avuto le forze per seguirlo.

«Perché mi guardi con quella faccia?»  domandò Simone così da annullare tutto quel mistero che, già, stava diventando estenuante.

«Simone, sai cosa devono fare gli amici nel momento del bisogno?» Dante assunse un'espressione seria e, un briciolo, Simone quasi si preoccupò.

«Immagino aiutarsi - suppose lui - Ma che c'entra?»

«A te piacerebbe non essere aiutato dagli altri?» al ragazzo si formò uno strano nodo alla gola. Scosse la testa ripetutamente e si preoccupò davvero.

«Non capisco di cosa tu stia parlando - biascicò lui - Non fare giri di parole, dimmi dove vuoi andare a parare.»

«Invece hai capito benissimo Simone perché, per tua fortuna, non sei stupido. Lo so - rispose secco Dante - Comunque, dato che non vuoi giri di parole, te lo dirò chiaro e tondo: Manuel sta male, ma non so per cosa o per chi. L'altro giorno era venuto qua per parlarti, ma tu non c'eri. Anita mi ha chiamato ieri sera dicendomi che è da sabato sera che le dice di sentirsi male e non vuole uscire dalla sua stanza.»

Manuel sta male, ma non so per cosa o per chi.

Le parole uscite dalla bocca del padre sembravano eternizzarsi all'interno della mente di Simone.

Tirò su col naso prendendo un sorso della bevanda fumante all'interno della tazza.

«Io non - non so che gli succede .. non me lo dice."»

«Tu nemmeno glielo chiedi però.»

Ogni parola aveva una conseguenza, ogni silenzio pure.

«Simone non ti scordare quanto Manuel è stato importante per te l'anno scorso. Anzi, nonostante i trascorsi, lui è ancora importante per te. Vuoi davvero buttare tutto all'aria? Tu, dentro di te, hai una parte speciale che hai deciso di mostrare a Manuel e lui, a modo suo, l'ha accettata. Magari adesso è lui che vuole mostrarla a qualcuno solo che non si sente capito da nessuno.» le parole di Dante suonarono come sottili lame che, andando in profondità, scavavano nell'anima di Simone, portando in superficie una carrellata di emozioni e ricordi che avrebbe preferito non far riaffiorare. «Gli amici vanno aiutati, non ci se ne deve approfittare. Si deve dare alle altre persone la stessa importanza che queste danno a te.»

«Lo capisci che non è facile? Non lo è, proprio per niente. Prima di uscirtene con queste storielle dovresti sapere quali sono le vere dinamiche tra le persone - sbottò Simone alzandosi - Tu lo sai che io sono settimane che lo chiamo, che cerco di aiutarlo? No, non lo puoi sapere perché preferisci sempre fare il professore invece che il padre. Come sempre. È più facile puntare il dito e farmi sentire un idiota, dovresti ascoltarmi ogni tanto papà. La situazione non è una passeggiata nemmeno per me. Non lo sarà mai se si tratta di Manuel: mettitelo in testa.»

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