Un'altra settimana era passata e i risvolti della mia permanenza si fecero insoliti. In maniera alquanto bislacca iniziai a soffrire di insonnia e la visita di Serge mi lasciò abbondantemente stranito. Quando gli mostrai il remo e prese consapevolezza di quella abnorme sostanza si irrigidì come per una forma di paralisi e dopo qualche momento, atto a una sorta di ridondanza cerebrale, esclamò: «Dove avete trovato questa poltiglia signor Collins? Non ho mai visto niente del genere fra queste acque e a dirla tutta, non credo che tale miasma possa appartenere al mare». Rammento che con fare lucido risposi: «Beh, qualche giorno fa, vicino al molo, ho avvertito come un ribollio e perlustrando con circospezione quel tratto, mi sono reso conto che degli sfiati sottomarini stavano infuriando tra le rocce. Quando mi sono avvicinato abbastanza ho infilato il remo come per scandagliare il fondale, ma la pala mi è sfuggita di mano e l'ho recuperata il giorno dopo fra gli scogli. Questo è quanto! Un rigurgito molesto delle correnti? Cosa mai potrebbe essere? Inchiostro?»
Dopo che Serge ascoltò con pazienza il mio concitato racconto si fermò a fissare qualcosa; lo scossi, ma come impaurito rimase impassibile. Mi voltai di scatto verso il faro, ma non riuscii a scrutare nulla. Abbastanza celermente scostò il battello e mi disse: «State attento alle ombre signor Collins, non abbandonante mai la luce nei vostri percorsi notturni, a presto, ci rivedremo il prossimo venerdì». Ricordo che mentre si allontanava gli sentii ripetere con insistenza: «Fiat voluntas dei, la vie est la somme de tous vos choix». A quell'irreprimibile isterismo accostai la consapevolezza che la triste scia del mio passato non mi avesse affatto abbandonato. A quale terribile futuro ero destinato? Dopo quei dissennati avvertimenti i mie giorni si susseguirono lenti e uno strano presentimento iniziò a perseguitare la mia mente.
Cominciai a scorgere degli strani movimenti nell'ombra e a ogni imbrunire mi munii di una lanterna, come a voler sfidare la luce stellare del cosmo. Le mie escursioni notturne divennero serie e persi gran parte della mia ingenua spensieratezza, il ribollio divenne sempre più irrequieto e le correnti sottomarine si mostrarono confuse e smaniose. I miei alloggi mi apparvero improvvisamente insidiosi e alcune strane crepe si diffusero copiose sulle mura. Una di quelli notti sentii persino un crepitio proveniente dallo specchio, così mi alzai di scatto e lo girai. Il riflesso non mostrò nulla, non accesi neanche la luce, ma quello che mi parve di vedere fu un distorto contorno umano, una sagoma più scura dello stesso buio. Lo rivoltai verso la parete e dopo quella notte lo portai al piano di sotto, nella stanza di passaggio.
Fu lì che rimase. Con grande rammarico cominciai a pensare che le terribili forze che avevo lasciato sul mio cammino mi avessero in qualche modo raggiunto. Quando fuggii dalla città di Newcastle, già all'epoca ebbi la tremenda sensazione che quegli orrori squarcianti non mi avrebbero mai lasciato in pace. Avevo visto troppo e quel mondo non dimentica le sue prede, il sapere che avevo acquisito era una condanna a morte e a poco era valsa la mia fuga. Che futuro avevo dinnanzi? Dopo quelle incongruenti elucubrazioni esasperate dal mio pesante animo, anche la luce del sole mi parve sintetica e l'aria mi divenne artificiale. Passavo lunghe ore seduto sul molo e come smarrito fissavo l'orizzonte alla pietosa ricerca di aiuto.
Il venerdì seguente arrivò Serge, depose le sue provviste e mi trovò assorto fra i miei pensieri. Fu quel giorno che gli mostrai il bulicare di quelle acque. Il ribollio era sempre rimasto lì e giorno dopo giorno si era ingrandito, come alimentato dalle mie paure. «Paix at toi, signor Collins, che cosa mirate in quella prospettiva? La brezza è aumentata e ho avuto non poche difficoltà a raggiungervi questa settimana, le masse d'aria sembrano impazzite da queste parti». Mi girai con leggerezza e alla sua domanda risposi: «Scendete dal quel battello, riuscite a vedere quel tratto laggiù? Le correnti sottomarine non sono di ordinaria provenienza, ci dev'essere qualcosa lì sotto, osservate...»
Come preso da uno dei suoi isterismi replicò: «Parbleu! Signor Collins, io non calpesto quella terra, non fraintendetemi, ma ci sono forze in questo lembo di universo che non ho intenzione di scoprire. Il signor Peters, vostro predecessore, mi parlava sempre in strano modo di questo faro, un giorno mi disse che durante una notte vide alcune creature camminare su questa sabbia, come alla ricerca di un passaggio verso la terraferma. Devo tuttavia ammettere che il vecchio Peters era molto attaccato alla bottiglia e certe volte i suoi racconti erano più frutto del suo nettare che della sua mente. State comunque in guardia, la solitudine è un'amante che consuma».
Rimasi ad ascoltare con molta attenzione, poiché senza volerlo Serge aveva rivelato degli accadimenti inaspettati ed ebbi modo di comprendere che i segreti che quel faro nascondeva avevano una reale tangibilità. Dopo che tolse l'ancora vidi il suo battello allontanarsi fra i torbi flutti innescati dal maltempo, che in concomitanza al suo arrivo si era sviluppato in tutta l'area. Mentre osservavo la scena una pioggia fredda come il ghiaccio mi sorprese verso il molo, così con passi svelti rientrai immediatamente. L'aere che quell'atmosfera formò tra le nubi mi incusse un sentimento di estremo timore e mi abbandonai a percezioni caustiche e mendaci. Fu quella notte che vidi per la prima volta le ombre.
Mi ero rintanato nei miei alloggi e il temporale sembrava insistere con prepotenza, i finestroni che davano sulla battigia a est riuscivano a mostrarmi il molo e gran parte delle rocce circostanti. Il ribollio era proprio in quella direzione, così con fare curioso guardai verso la scogliera e quel che vidi mi raggelò il sangue. Tra l'infuriare delle onde scorsi emergere dalle acque delle forme, degli insensati profili di umana fisionomia si raggrupparono sulla costa, come espulsi dalle correnti. Quegli sconcertanti sconquassi molecolari invasero tutto l'isolotto e con movimenti sbiascicanti si mossero verso la riva iniziando a perlustrare ogni dove. Potevo notarne l'aspetto a tratti più distintivi, ogni qualvolta che la luce del faro ne svelava i brutali contorni; scintilli e movimenti dal funesto agire balenarono dentro ai miei occhi in perpetua agitazione. Di quale macabro incubo ero vittima?
Non mi persi d'animo, con fare alterato scesi le scale, presi il lume e mi condussi là fuori. Quello che avevo visto non poteva essere vero, ma quando varcai la soglia mi ritrovai dinnanzi a una martoriata scena. Il buio regnava sempiterno, la pioggia distorta dal vento si schiantava sul mio deturpato volto con ferocia, il lume che agitavo nello scuro mi accompagnò oltre un confine, che da quel momento in poi mi parve nuovo. Qualche passo più in là, vicino alle rocce, avvertii degli strepiti funamboleschi, mi avvicinai e quando alzai il lume vidi quelle cose. Proprio sopra gli scogli notai delle tremende creature fatte di pura tenebra, gli arti, scintillanti e oblunghi, si annaspicavano leggeri sulla scogliera, finché in un attimo tutto rimase immobile.
Fu proprio lì che persi il senno, indietreggiai pian piano e dopo alcuni passi mi girai di scatto e corsi verso la porta del faro, sigillandola dietro di me. Durante la fuga ebbi la certezza di essere inseguito, poiché dopo che tutto si tacque per un istante, fui raggiunto da urla e stridii di agghiacciante rabbia. Rabbrividii come preda di una folle visione onirica e ogni certezza mi fu vana. Sprangai il portone con ogni cosa a disposizione e mi recai immediatamente nei miei alloggi. Quando arrivai ai finestroni, presi consapevolezza che le creature stavano ritornando in acqua, verso quel turbine sottomarino, il ribollio.
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Il Faro di Portland
Mystery / ThrillerUna volta mi chiamavano Harold Collins, ma non ne sono più così certo. Il passato e il presente adesso mi appaiono come farneticazioni del tempo. Rumori ed errori di una infinita sequenza di cruda abominazione e rifiuto, ma qual è il nostro vero pos...