Epilogo

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La consapevolezza di quei fatti mi scaraventò in un turbinio di paura e incredulità, quel giorno guardai al faro come a una creatura solitaria, portatrice di una malasorte senza età. I movimenti inconsulti di Serge mi impressionarono e con fare energico scese dal battello e piantò i suoi stinti scarponi sulla sabbia dell'isola. «Dobbiamo distruggerlo, non sapete di che male siete il custode». Quelle parole mi rimbombarono senza scampo fin dentro le membra e in balia della rassegnazione entrammo e ci dirigemmo al primo piano. Lo specchio era lì, sul finire della stanza, bislungo e desueto, quasi volto a maledire l'intero ambiente. Con il coraggio che la luce del giorno ci infuse ci avvicinammo con circospezione e con molta naturalezza lo afferrammo.

Fu a quel punto che ruppi l'aura di silenzio: «Perché volete distruggerlo? Non siete affatto curioso di quel che potrebbe svelarci? Non bramate anche voi di quella sete di conoscenza che scardina confini e soglie mai esplorate?» Arrivati all'esterno Serge mi aiutò a posarlo sulla sabbia e con caparbietà insistette: «Non siate sciocco, qualsiasi cosa sia uscita da qui dentro non è vostra amica, prendete quel sasso e non esitate». Quando alzai la pietra in aria il cielo si annuvolò e il sole si nascose fra le nubi, verso il molo l'intenso ribollio parve pronunciarsi più intensamente e i gabbiani garrirono un mormorio funebre. Il sapere che avevamo appreso ci aveva forse condannati? Ma a che cosa?

Da lì a poco vedemmo in lontananza che le creature cominciarono a uscire dall'acqua e il ribollio si trasformò in un corposo gorgoglio marino, in un frangente le scogliere furono ricoperte da ammassi informi di nero sconcerto e ogni speranza ci parve perduta. Fu lì che i nostri sguardi si incrociarono in un dissidio di estremo terrore, gli esseri si avvicinarono sempre più e nel giro di poco tempo fummo circondati da quelle ombre immateriali. Quando provammo ad allontanarci, nel tentativo di tenere stretti i nervi e far cara la pelle, le creature si accartocciarono su sé stesse e abbarbicandosi sulla sabbia si diressero con fare spasmodico verso lo specchio. Non erano interessate a noi, ma alla regione estrema che quell'oggetto celava. Dopo che tutte quelle cose scomparvero oltre la superficie, l'eremo rimase in silenzio e le nuvole ebbero a diradarsi.

«È finita!», esclamai in pace e con un estremo atto di prepotenza fracassai quel cristallo riflettente. «Non credo proprio che sia finita signor Collins, il male che oggi abbiamo vissuto non ci abbandonerà mai più, né esso si dimenticherà di noi». Successivamente a quelle parole vidi Serge allontanarsi e risalire sul battello; ricordo che con pacatezza mi voltai verso il faro e lo guardai in tutta la sua interezza. «Mon amie, aspettatemi, io vengo con voi, portatemi a Portland». Il vecchio capitano mi osservò con una vena di lietezza e in pieno bagordo urlò: «La mer est un espace de rigueur et de liberté, mon frère, salite a bordo, si parte». Fu quel giorno che abbondonai il faro. Quando levammo l'ancora al tramonto mi sedetti a poppa e osservai quel magnifico rossiccio sangue, che il sole morente lascia sul suo cammino. Era maestoso, ma trasmetteva un senso di perdizione ed estrema inquietudine, lo scoglio scomparve pian piano all'orizzonte e con esso svanirono anche gli ultimi residui della mia esistenza.

Tra le nuvole, che tristi salutarono il mio viaggio, mi parve quasi di intravedere un immensa ombra dalle imponenti sembianze velarsi oltre le nubi, ma quando quell'emozione raggiunse il mio cuore mi riappacificai subito, poiché i miei sensi già alquanto deteriorati, per nulla si smossero. Ormai sera arrivammo a Portland, ormeggiammo il battello e con fare sereno Serge esclamò: «Dove andrete adesso? Volete forse mangiare qualcosa? Proprio qui vicino c'è la Old Shark Tavern, una simpatica stamberga di mare, dove tra un boccale di birra e una buona zuppa passo le mie notti». Non ebbi molto a discutere e così lo interruppi bruscamente: «Vi ringrazio mon amie, ma non sarei di compagnia e non sarei per niente felice di accostarmi ad altri esseri ben pensanti, la mia è una vita raminga e vorrei scontare questa condanna da solo.

Chissà che non ci si rincontri, in questa o in un'altra vita». Serge se ne rimase sul ponte di prua ancora per qualche istante, illuminato dalla serenità della luna e immerso nei suoi pensieri: «Adieu signor Collins, abbiate cura di voi», gli sentii bisbigliare. Dopo un ultimo sguardo di commiato, mi incamminai verso la prima stazione e presi la prima carrozza a buon mercato verso una cittadina di nome Burlington, del resto una città valeva come un'altra.

FINE

03 Marzo 2022

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