Cap.7

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Jackline stava per fare il suo primo passo fuori dalla casa di Mark per la prima volta dopo 4 anni,quello che provava dentro poteva saperlo solo lei.
Un passo,e poi un altro,varcò completamente la soglia con un rastrello in mano scavalcando il tappeto di benvenuto dell'entrata e alzò la testa verso il cielo. Restò con gli occhi chiusi per qualche secondo  a farsi scuotere i capelli da quel leggero vento che echeggiava nella città,ma venne interrotta dalla voce roca di Mark.

"Vai nel retro ragazzina,sbrigati!"
Jackline annuì e corse nel retro non riuscendo comunque a staccare lo sguardo da ciò che la circondava. Montagne di erba grezza da rastrellare,fiori quasi appassiti e stradine cupe,ma tutto ciò non le era mai sembrato così bello prima d'ora.

"Entro in casa,ti tengo d'occhio se solo provi a fare qualcosa di anormale giuro che ti risbatto in quella catacomba per sempre !"

Jackline annuì semplicemente alle parole di Mark. Avrebbe fatto di tutto pur di non rimanere rinchiusa un altro secondo là dentro pur sapendo che sarebbe comunque tornata lì per dormirci la notte. Mark si girò di scatto e rientro dalla porta nel retro e Jackline prese a rastrellare.
Approfittò dell' assenza di Mark per riposarsi sdraiandosi sull'erba smeralda come faceva da piccola e si addormentò completamente con ciuffi di piante tra le mani.

Mark sembrava essersi quasi scordato del reato che aveva commesso,ormai Jackline per lui era quasi come una figlia,anzi come una piccola schiava. Amava l'idea che una ragazzina potesse dargli tutte quelle attenzioni e ogni giorno ne richiedeva sempre di più non rendendosi conto che così stava lasciando sempre più libertà a Jackline. Lei però si era abituata alla situazione e non ci pensava neanche più al fatto di voler scappare anche perchè le minacce di Mark l'avrebbero bloccata.

L'uomo stava come al solito mettendo apposto la casa. Pur essendo già completamente in ordine per la sua mania del pulito decise di pulire i vetri di ogni vetrata della camere posta a sud. Affacciandosi vide Jackline riversa a terra. Corse preoccupato da lei passando dal retro pensando avesse avuto un malore e accennò un sorriso quando si accorse che la ragazza si era solamente addormentata. La scosse svegliandola e ognuno riprese i propri compiti domestici.

***

Kiliman arrivò in ufficio infuriato e aprendo la porta vi trovò davanti Amy in preda al panico affamata e timorosa di notizie. Buttò la cartella marrone in pelle sullo sgabello sotto l'attacca panni,appese subito dopo la giacca e dirigendosi alla cattedra poggiò con una lieve tensione i gomiti su di essa contorcendo il viso in un'espressione altrettanto tesa.

"Non so più che Dio pregare Signor Kiliman,la prego mi aiuti,tutto questo è terribilmente straziante."

Amy non ce la faceva più a vivere con quell'angoscia che le logorava il cuore,quasi non viveva più. Afferrò le mani dell'ispettore e cadde in un pianto appena percepibile.

"Giuro che ve la riporteró a casa,fosse l'ultima cosa che faccio."

Kiliman strinse le mani di Amy calorosamente.

Si sentì bussare.

"Avanti!"
Kiliman scosse il capo allontanandosi dalle mani fragili della donna e diresse gli occhi verso la porta dell'ufficio che si aprì lentamente,questo non preannunciava nulla di buono.
Comparve il viso arreso di un informatore di commissariato che rimase in piedi nel lato sinistro dell' entrata.

"La prego di uscire Signora Amy,le farò sapere le prossime novità,ora vada."

La donna si alzò con sfacciataggine e prima di recarsi fuori dall'uffucio scontrò il suo sguardo con quello dell'informatore e continuò subito dopo a camminare verso l'uscita.

"Si segga."
Kiliman si rivolse con freddezza all'altro uomo davanti a lui.

"Ho brutte notizie signor ispettore,a quanto pare il camioncino che quel giorno di settembre rapí la piccola Jackline è stato dichiarato privo di alcuna traccia genetica e quindi riconsegnato al reciproco propetario. Ci hanno tolto l'unico indizio sicuro che avevamo sotto mano,le poche testimonianze non bastano neanche a far convincere il comandante del reale pericolo persistente a quel tempo. Inoltre non ci sono fatti ben disposti cronologicamente nelle sue pratiche,questo almeno è quello che mi ha riferito il comandate."

Kiliman replicò :
"No non se ne parla,i fatti ci sono. La ragazza si dirigeva a scuola quando si furono perse le sue traccie. Essa non è mai arrivata a scuola e un'altra alunna dello stesso istituto che percorreva la medesima strada dichiara di aver visto un furgoncino bianco appostarsi nei dintorni e che giorni prima mentre quest'ultima tornava a casa si sentì come seguita da un altro furgoncino dello stesso bianco latte. I fatti ci sono eccome,ora si alzi e li vada a riferire al comandate,e le riferisca immediatamente che anche dopo più di quattro anni non ho intenzione di abbandonare il caso."

L'informatore sfilò una carta piegata in quattro dal taschino anteriore della divisa e lo riaprì velocemente davanti gli occhi di Kiliman.

"Ecco vede? Questa è la dichiarazione del comandate nei suoi confronti e nei confronti del caso,non posso fare altro se non dirvi che quest' ultimo non vuole sentire altre ragioni e perdite di tempo,arrivederci."

L'informatore si alzò precipitoso,strinse la mano all' ispettore e scappò via dall'ufficio in un batter d'occhio chiudendosi la porta alle spalle.
Kiliman questa volta non replico affatto. Fissò  intensamente il foglio della dichiarazione e si portò le mani al viso con disperazione.

[IL CASO ERA STATO ARCHIVIATO.]

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