Cap.3

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Erano le due del pomeriggio e Jackline era ancora li sotto rinchiusa. L'uomo non si era ancora fatto vedere e quella stanza così tremendamente piccola sembrava rimpicciolirsi sempre di più,Jackline si sentiva sempre più male ad ogni respiro.

Un rumore lontano portò Jackline a girarsi di scatto,si asciugó le lacrime a fatica ma queste continuavano a scendere interrotamente. La porta si aprì di scatto e subito dopo l'uomo che stava rubando l'adolescenza ad una povera ragazza scaraventò a terra del cibo. Con un non so che di dolcezza si inginocchiò ai piedi di Jackline asciugandole le lacrime e dicendole che l'avrebbe dovuta smettere. Se l'avesse vista ancora piangere si sarebbe infuriato e Jackline sapeva che non sarebbe stato un bene per lei. "Smettila ragazzina" le ripeteva,ma a quelle parole le se stringeva ancora di piu la gola. E il cuore.

***

La zia Amy era agitata. Non vedeva tornare Jackline da scuola ma non avrebbe mai pensato che li non ci fosse mai arrivata. Pensò per un intero giorno che fosse un'altra 'scappatella' delle sue e aspettò  il suo arrivo fino a sera.

Soltanto il giorno dopo svegliandosi e vedendo il suo letto perfettamente in ordine decise di andare alla polizia. "È scomparsa mia nipote,perfavore aiutatemi."  ripeteva.Questa era l'unica frase che aveva ripetuto nelle ultime 24 ore. Consegnò foto e riferimenti vari..ma nessuna traccia di Jackline,sembrava scomparsa nel nulla. Ma le ricerche sarebbero continuate il giorno dopo,e quello dopo ancora.

***

L'unico pensiero che aveva in mente  Jackline in quel momento e in quella stanza così priva di colori era solo Amy. Era preoccupata per lei,ma soprattutto avrebbe voluto sapere se mai un giorno sarebbe andata a cercarla,o se semplicemente avrebbe ignorato la sua assenza.

Stava diventando sempre piu fragile.

Si alzò di scatto da quel minuscolo letto asciugandosi le lacrime e con tutta la forza che aveva urlò aiuto a squarciagola restando senza un filo di voce. Ma il suono della sua voce sembrava fermarsi tra quelle quattro mura.

Stanca Jackline si riprese e con tutte le sue forze e la sua rabbia,prese tutte le poche cose che aveva intorno a se è le scaraventò a terra senza pietà. Una dopo l'altra, sempre più forte,sempre peggio.

Piangeva.

L'uomo sentendo dei rumori scese a controllare,trovando Jackline in lacrime la prese per i polsi e la trascinò di sopra. Arrivò fino al bagno,disse per l'ultima volta a Jackline di smetterla di piangere ma lei non riusciva a smettere. Così le prese i capelli raccogliendoli nella sua mano e le premette la faccia contro il lavandino del bagno per farla smettere. Finché il pianto cessò. Questo accadeva ogni volta che Jackline piangeva incessantemente.

L'uomo la riprese per i polsi,attraversò le porticine e la rinchiuse di nuovo li dentro. "Se ti sento piangere ancora faccio di peggio." Le diceva minacciandola.

Appena l'uomo si chiuse la porta alle spalle Jackline si riprese in un respiro affannoso,non respirava lì dentro,voleva uscire. Stava diventando claustrofobica in quella stanza. Ma anche claustrofobica di se stessa.

Era così ogni giorno,non aveva via di uscita da quell'incubo,ma passati ormai giorni Jackline si stava maledettamente abituando.

Ogni tanto da quella specie di bunker Jackline riusciva a percepire il ticchettio della pioggia,così poteva immaginare e sapere se li fuori era una bella giornata o meno,e fantasticava. Era l'unica cosa che le restava da fare non avendo neanche il senso dell'ora.

Erano passati mesi e quella 'prigione' era diventata casa sua ormai.

Claustrophobia.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora