capitolo 2

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Le mani di Manuel chiedono pietà: sono venti minuti che se le tortura, non riesce a stare fermo. Non è mai stato in ansia per la scuola. A dire la verità non gliene è mai fregato niente della scuola. Nemmeno ci voleva andare finché non ha conosciuto...insomma, finché non ha scoperto di avere un debole per la filosofia.

È sveglio dalle sei, si è fatto a piedi tutto il tratto che separa casa sua da scuola perché gli serviva il tempo di ripassare mentalmente tutte quelle cose che si è rifiutato di studiare, e non ha idea di come tornerà, più tardi, sotto il caldo di settembre.

Resta in piedi davanti alla porta chiusa dell'aula. L'esame l'ha già fatto ed è miracolosamente andato meglio di quanto si aspettasse. Adesso dentro c'è Simone e ci sta mettendo più del necessario. Sa che sta andando bene, è così per forza, ma è assillante quest'ansia di aspettare: sperava gli passasse una volta uscito di lì.

Mo entro. pensa, e si convince che sia un buon proposito. Sa che Simone si fa prendere dall'agitazione e va nel pallone.

Non sopporta l'idea.

Muove un passo verso la porta e in quel momento si spalanca. Simone è girato ancora verso i professori, biascica un "Buongiorno, allora", poi si volta verso Manuel e gli rivolge un enorme sorriso.

"Embé?"

Simone si chiude la porta dietro e lo fissa, senza smettere di sorridere come un ebete, ma non risponde.

"Simò? Allora? Sei stato dentro mezz'ora." lo sprona Manuel.

Simone smette di sorridere per un secondo e Manuel teme il peggio, poi però gli si avvicina e, in un gesto inaspettato forse da entrambi, lo abbraccia. Manuel resta immobile. Ha le braccia di Simone che gli stringono le spalle, le mani aperte sulla schiena, i capelli che gli accarezzano la guancia, il suo profumo che gli esplode nelle narici, e lui resta immobile.

"Ao, guarda che mica ti mordo se m'abbracci pure tu" gli dice Simone, senza allentare la stretta.

Solo allora Manuel alza le braccia e vi cinge la schiena dell'altro, con una lentezza stressante. Il suo cuore ha assurdamente iniziato a battere troppo forte e nello stomaco ha un groviglio.

Dev'essere il caldo. Dev'essere la fame.

Non ha mai avuto tanta paura di un abbraccio in vita sua. Nella testa inondano pensieri, il ricordo dell'ultima volta che si sono abbracciati così, risalente alla festa di compleanno di Simone, labbra contro labbra, quando lui teneva l'altro intrappolato in una morsa assetata della sua presenza e la sua felpa stretta nei pugni, per non lasciarlo andare. 

Simone si stacca finalmente da lui e una sensazione di vuoto prende il suo posto.

"T'hanno bocciato, quindi?" riesce a dire Manuel.

"No, temo di no"risponde ironico Simone.

"Peccato"

Lo sguardo di Simone si spegne all'istante e il sorriso si capovolge: "Te non l'hai passato?" chiede con urgenza.

Manuel alza le spalle: "No, peccato perché te devo sopportà pure quest'anno."

Simone sospira rumorosamente e gli dà una spinta amichevole sulla spalla: "Ma vaffanculo va"

Manuel ride e lo guarda incamminarsi verso l'uscita, e continua a guardarlo quando Simone si gira verso di lui e gli chiede "Allora? Che, ti sei incantato?"

"No, ci sono"

"Andiamo a mangiare qualcosa?"

"Dove?"

"Dove ti pare, sto morendo di fame."

Manuel accellera il passo per raggiungere Simone e si incamminano insieme per le strade di Roma, che conoscono tanto bene. Parlano dell'esame per qualche minuto, poi si scocciano entrambi e cambiano argomento, prendendosi in giro a vicenda, dandosi spallate giocose e ridendo all'unisono. Capitano in un bar con i tavolini fuori e il clima settembrino è perfetto da godere all'aria aperta. Senza mettersi d'accordo, i due si siedono uno di fronte all'altro ad un tavolo all'ombra. Quando un cameriere si avvicina, Simone si raddrizza sulla sedia.

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