capitolo 6

990 76 97
                                    

TW: menzione di suicidio, depressione

Manuel esce dalla classe dopo aver ricontrollato tre volte che ogni cosa fosse al proprio posto, riposta dove deve. Simone lo segue pochi passi indietro.

È da qualche giorno che, per qualche motivo, non si parlano. Non che abbiano litigato o quant'altro, semplicemente Manuel ha un casino in testa e teme che parlare con Simone, con tutto quello di cui deve occuparsi adesso, possa solo incasinarlo ancora di più. Dall'altra parte, Simone rispetta il loro tacito accordo forse perché teme di ferirsi di nuovo, per l'ennesima volta.

Però, in procinto di varcare la soglia della scuola per raggiungere la moto, una mano afferra il braccio di Manuel poco sopra il gomito, costingendolo ad arrestarsi. Il ragazzo nemmeno abbassa lo sguardo per riconoscere che la mano appartiene a Simone: è la presa salda a suggerirglielo.

"Ti devo dire una cosa." gli dice Simone, senza nemmeno aspettare che si giri. Glielo sussurra all'orecchio senza farsi sentire dagli altri. Solo allora Manuel si volta.

"È successo ancora qualcosa di strano?"

"No, non c'entra niente con la storia della pistola."

"E con che?" chiede Manuel. La sua voce assume involontariamente un tono scontroso, e sì, okay, forse se l'è presa un po' per l'altro pomeriggio, quando Simone ha liberamente deciso di scansarlo come se non esistesse. Lo vorrebbe capire, davvero, ma non riesce. Non del tutto.

"È una cosa mia, possiamo parlare?"

Manuel alza le spalle, indifferente, così Simone sbuffa e aggiunge: "Vabbè, lascia perde."

"No, vabbene, parliamo."

"Vieni un momento da me?" propone Simone, e la sua voce si incrina leggermente.

Manuel alza le spalle di nuovo, ma subito dopo annuisce e sente un insolito bisogno di abbracciare Simone.

Non lo fa.

Invece, con la scusa di schiodarla dal suo braccio dove continua ad essere ancorata, poggia la mano su quella dell'altro, stringe affettuosamente il polso per un impercettibile secondo, poi la sposta e Simone se la lascia cadere lungo un fianco.

Manuel si infila il casco e sale sulla moto. Vorrebbe offrire un passaggio a Simone ma alla fine non fa nemmeno quello. Si limita a seguire Paperella, su cui viaggiano il suo professore e il suo...qualunque cosa sia, Simone.

Appena arrivano si tiene a debita distanza da padre e figlio, vede che si scambiano alcune parole e ne approfitta per sistemare il casco sulla moto e poi per sfregarsi minuziosamente i palmi per smaltire quello strano grumo di tensione formatosi alla bocca dello stomaco. Simone lo raggiunge sotto l'albero dove era appostato, gli rivolge uno sguardo e, senza dirgli una parola, prosegue dritto verso il loro posto. Manuel non ha bisogno del permesso per stargli silenziosamente al passo e compiere quella sorta di rituale tutto loro che consiste nel prendere posto sul bordo della piscina melmosa e lasciare che il frinire dei grilli riempia i loro silenzi.

Simone prende rumorosamente fiato, come se fosse pronto al monologo della sua vita, ma non parla, non ancora.

Manuel si avvicina un po', facendo toccare i lati delle loro ginocchia, coscia contro coscia. Appoggia le mani sul terreno dietro di lui, sbilanciandosi leggermente e lasciando che il sole gli carezzi il viso. Simone resta curvo in avanti, con le dita aggrappate alle ginocchia, nervosamente, poi imita la sua posizione e Manuel cerca lentamente la mano sinistra di Simone, a pochi centimetri di distanza dalla sua destra. È questione di secondi e i loro mignoli si scontrano, e Manuel li allaccia insieme come in una promessa.

IL SAPORE DEL FERRODove le storie prendono vita. Scoprilo ora