7. Simone, ti presento S. S, ti presento Simone

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Aprire gli occhi in questa casa è sempre un'esperienza straniante. Francamente credo che non mi abituerò mai a svegliarmi in una stanza che non è la mia, guardando un soffitto che non mi appartiene in un quartiere che è così diverso dalle frasche in cui sono cresciuto.
E dire che ormai mi ci dovrei essere più che abituato: sono due mesi che accade e riaccade, di svegliarmi nel mio letto la mattina e andare a dormire in uno che invece non lo è.
Eppure la mia testa non se ne convince e continua a dirmi che c'è qualcosa di sbagliato, di fuori posto in quella mia presenza.
La stronza però mica me lo dice che cos'è che non va e mi lascia in balia di quella sensazione fastidiosa a cui non so dare un nome.

Il problema è che è un problema solo mio perché la stanza non ha nulla in sé che possa mettere a disagio un persona. O meglio, non ha nulla che possa mettere a disagio qualcuno che conosce Ludovico come lo conosco io: quello che ad uno sguardo esterno potrebbe apparire stravagante per me ha perfettamente senso, dal colore della stanza al mobilio che la caratterizza.
Tutto ha un suo perché, tutto ha un suo ordine che chi ha montato la stanza conosce, costruendo un mondo che è ad immagine e somiglianza del suo proprietario, a metà strada fra una fortezza di fronte ai dolori del mondo e un Eden in cui il male, nelle forme che può assumere, non ha né diritto né privilegio di entrare.

D'istinto volto la testa, prima verso il basso e poi di lato, per vedere il ragazzo che dorme supino al mio fianco, i neri capelli che ricadono scomposti sulla schiena nuda e il braccio tatuato che sta mollemente appoggiato sopra il mio petto, in tralice, posato sulla spalla che gli è più lontana.
È così che dorme lui se è in compagnia.
Abbraccia l'altra persona, quasi che cercasse una qualche forma di contatto o di calore contro al freddo della notte, quasi che temesse che il soggetto in questione, me in questo caso, possa essergli portato via all'improvviso.
Credo di aver capito che si tratti di una cosa inconscia, lui manco se ne accorge che lo fa, e forse dipende da tutto quello che gli è successo.

In ogni caso è dannatamente bello anche in questa condizione, talmente tanto che cedo all'istinto e mi giro su di un fianco per osservarlo meglio, facendo attenzione  non fare un movimento troppo brusco che rischi di svegliarlo e spezzare chissà quale sogno che si cela dietro a quelle palpebre chiuse.
Una mano si leva e allunga due dita, appendici che prendono a scorrere con una determinazione e una sicurezza che non gli è propria seguendo il profilo di quel corpo, percorrendolo dalle spalle alla schiena e ritorno, incedendo con delicatezza su quella scarificazione che ha trasformato da deturpazione a tocco d'arte.

Probabilmente non merito questa felicità.

È un pensiero sciocco il mio, idiota per certi versi, ma non riesco a liberarmi dalla sensazione che non sono degno di una simile situazione. Probabilmente dipende dal fatto che, per quanto io stia bene con Ludovico, lui non è Manuel, non è il ragazzo per cui ho perso il sonno, la dignità e la mia proverbiale iperriflessivitá.

Certo, il moro che dorme al mio fianco ha scavato ben bene nel mio cuore per entrarvi e rimanerci, ma neppure lui è andato tanto a fondo da scalzare Manuel dalla posizione speciale che vi occupa.
Questo mi fa sentire ancora peggio però, perché Ludovico questo comportamento non se lo merita, non dopo tutto quello che ha accettato da parte mia in questi mesi che siamo stati... qualcosa.

Rispettando un tacito accordo fra noi nessuno dei due ha rivelato ad alcuno questa nostra "frequentazione stretta" anche se a lui non sarebbe cambiato nulla nel dirlo e anche se, con tutta probabilità, che fra noi ci sia qualcosa di più di una sincera amicizia è evidente a tutti, se la freddezza di Chicca nei miei confronti e gli sguardi torvi che Manuel ci indirizza da 60 giorni sono indicatore di qualcosa.

Sia come sia lui ha deciso di venirmi incontro comunque, anche se non lo capiva, semplicemente perché gliel'ho chiesto io. Certo, questo ha dato alla nostra relazione quel tocco di clandestinità che rende il tutto più eccitante, quell'adrenalina di cercare ogni luogo, anfratto e zona in ombra per rubarsi un bacio o una carezza o qualcosa di più, ma ha aggiunto anche quella zavorra di fatica che, alla lunga, sfinisce qualsiasi relazione.

Sei un perfettone. Ma il mio perfettoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora