5. Di scale, regali e pergamene

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<<Ah Simone ciao. Sei venuto per Manuel immagino.>>.

Ecco, trovarsi di fronte Anita era una cosa a cui non si era preparato. E probabilmente non lo sarebbe stato mai perché,  intendiamoci, quale essere umano nato sulla terra poteva avere la sfiga di innamorarsi del figlio della donna con cui poi tuo padre avrebbe allacciato una relazione sentimentale?
Era una situazione da Guinnes la sua ma non poteva nemmeno beneficiarne perché avrebbe significato tradire Manuel e quel patto di riservatezza che avevano implicitamente stretto dopo la loro prima volta, la sera del suo compleanno.
E lui non poteva tradire Manuel.
Non voleva farlo soprattutto.

<<Si>> si limitò a dire cercando di obbligare la lingua a fare il suo lavoro <<È in casa? Posso entrare?>>.

In realtà io devo entrare per forza perché ho bisogno di una tazza e di un fornello per scaldare il contenuto di questa boccetta quindi tanto vale che sia già qui.

<<No ovviamente.>> è la risposta che mi dà.

Perfetto. Ne andasse mai bene una. Così, tanto per vedere che effetto fa.

<<È tornato a casa sbattendo la porta e poi si è chiuso in garage. Sono sei ore che sta là dentro manco stesse costruendo una macchina pezzo per pezzo. Non penso abbia né mangiato né bevuto da allora.>>.

Zitti tutti. Forse una botta di culo nella vita è capitata anche a me.

<<Bhe allora penso che lo raggiungerò lì. Ti dispiace... Ti dispiace se entro a preparare qualcosa. Tipo un thé o una tisana con qualcosa da sgranocchiare assieme. Se davvero non tocca niente da sei ore capace che non esce perché sta svenuto per terra.>>.

<<Certo, certo. Entra.>> dice lei aprendo la porta e per farmi entrare <<Le tazze e i biscotti stanno nel mobile in cucina. Ce stanno pure dei sandwich già pronti. Se glieli vuoi portare ti do un vassoio.>>.

<<Grazie.>>.

Non è la prima volta che entro in casa di Manuel in realtà ma oggi mi fa più strano de solito.
Muovermi in quello spazio angusto è difficile, non tanto per una questione spaziale ma per una di privacy. Le cucine sono, se possibile, gli ambienti più intimi delle case: ci devi entrare almeno una volta al giorno, assorbono letteralmente tutto da coloro che ci vivono e non c'è verso di non passarci perché sono un passaggio obbligato. Per questo a maneggiare quelle tazze e quei piatti che probabilmente lui tocca quotidianamente mi sento come se stessi leggendo le pagine del suo diario, ammesso che ne abbia mai tenuto uno in vita sua.
Che poi probabilmente lo ha tenuto veramente il diario ma sarebbe troppo orgoglioso per dirmelo. Rovinerebbe la sua immagine da uomo fatto e finito.

E non gli serve nemmeno fare il macho con me. È proprio perché è complicato quasi quanto me che mi sono innamorato di lui ogni giorno più del primo.

Dopo aver fatto bollire l'acqua e messo un filtro a caso a mollo passo alla parte più complicata di quell'operazione: non farmi vedere da Anita mentre verso quella cosa rosa che Ludovico mi ha fatto portare nel secondo pentolino che ho messo sul gas, operazione non semplice visto che girovaga qua attorno come un falco predatore studiando ogni cosa che faccio.

Un altro colpettino di fortuna? Lo possiamo avere? Per favore?

A quanto pare qualche entità benevola è in ascolto perché il telefono di Anita prende a suonare e lei è costretta ad andarlo a prendere nella stanza dove lo ha lasciato.
Ne approfitto per vuotare il contenuto della bottiglietta e metterla a scaldare.
È una pessima idea però perché Ludovico, come al solito, non mi ha comunicato alcuni piccoli particolari di quella "tisana della felicità": non appena comincia a riscaldarsi un vapore rosaceo si leva dal pentolino e, in maniera piuttosto sleale se devo essere sincero, riempie la piccola cucina di un forte odore di rosa e di non so che altro.
Sarebbe molto piacevole in realtà se non fosse che rischia di farmi sgamare da sua madre in tempo zero.

Sei un perfettone. Ma il mio perfettoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora