Partenza.

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"Chissà perché certi abbandoni sono così netti e certe riconquiste così vaghe."
~Chiara Gamberale
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Simone si guardò un attimo allo specchio per studiare la sua figura.

Si concesse di osservare i tratti del proprio volto, tracciarli con gli occhi, cercando qualcosa che non andasse. Con le pupille si concentrò sui suoi ricci che risultavano finalmente un tantino domati, complice il gel che con tanta cura vi aveva applicato. Vide, collocato davanti alle sue iridi, quel muro di indifferenza che si era costruito con anni di impegno, muro che quella sera gli sarebbe certamente servito.

Curvandosi leggermente, sospirò.

Ripensò alla serata che lo aspettava e si chiese come gli fosse venuto in mente, di accettare quell'idea assurda. Si maledisse per aver seguito il fiuto per gli affari piuttosto che il cuore, perché ora il suo cervello si stava complimentando con lui, ma il cuore era più forte, e rimbombava sui suoi stessi pensieri.

Quando Domenico gli aveva proposto una cena a casa sua, in modo tale da poter conoscersi meglio prima di intraprendere qualsiasi grande trattativa, Simone non ci aveva pensato due volte ad accettare. Non gli era venuto in mente, cosa quello potesse significare.

Solo qualche secondo dopo, quando Domenico gli aveva riferito che probabilmente ci sarebbe stato anche il suo coinquilino, aveva trovato la falla in quel suo piano perfetto. Aveva completamente rimosso dal suo cervello gli avvenimenti del giorno prima, in modo tale da poter salvaguardare la sua sanità mentale; il pensiero che Manuel potesse prender parte a quell'occasione, quindi, non lo aveva nemmeno sfiorato.

E invece.

Così ora si trovava di fronte a se stesso, il petto colmo di agitazione, il labbro inferiore torturato dai suoi stessi denti. Siccome si era iniziato a preparare con un'ora d'anticipo, aveva terminato troppo presto: adesso, però, non aveva idea di come riempire quel vuoto di tempo.

Si guardò intorno, in cerca di qualcosa da fare .
I suoi occhi, allora, si posarono sul suo cellulare, che giaceva sul letto, innocuo.

Gli venne in mente un'idea.

Afferrando l'oggetto, lo sbloccò, ed entrò sulla lista dei contatti.

Poi, fece partire una chiamata.

"Simo!" la voce squillante di Giovanni risuonò tra le pareti di camera sua qualche squillo più tardi, mentre lui si accomodava sul letto. "A cosa devo il piacere? Mi sembra che non ci sentiamo da anni."

"Non ci sentiamo da due giorni, Gio," Simone scosse la testa, sorridendo. "te manco così tanto?"

Sentì l'amico ridacchiare dall'altro capo del telefono. "Oh, non hai idea di quanto. Come stai? Tutto ok lì giù?"

"Si si, tutto ok. È bello essere a Roma."

Simone diceva la verità. Nonostante le ombre dei bei ricordi che volteggiavano nell'aria, nonostante i momenti seppelliti sotto l'asfalta.
Anche se il suo tallone d'Achille era vicino, anche se rischiava il cuore ogni volta che accorciava così tanto le distanze.

Roma era bella.

Ed era bello essere a Roma.

A Roma, difatti, splendeva ancora il sole.

Scacchi | Simone e ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora