Bugie.

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"E stavo attento a non amare, prima di incontrarti."
~Tiziano Ferro, Il Regalo Più Grande
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Il sole del tramonto splendeva su Roma pallido, rallegrando la temperatura a tal punto da farla diventare mite. Qualche uccellino coraggioso cantava sui rami spogli, decorando l'atmosfera rumorosa della città, e qualche fiore riusciva persino a farsi forza e sbocciare in quel regno del gelo.

Le strade pullulavano di macchine. Il traffico era un difetto tipico di quel luogo, tutti gli abitanti lo sapevano, e tutti gli abitanti lo maledivano ogni giorno. A tratti, tale dimostrazione arrivava da qualche clacson che faceva sentire la propria voce, rimbombando tra i suoni dei motori e della natura.

Domenico, imbottigliato con Simone nel traffico e cosciente di essere in netto ritardo, aveva scelto anche lui, contento, di prendere parte a quel concerto.

Simone lo guardava imprecare e premere il pugno sul volante, vergognosamente divertito. Se proprio avesse dovuto ammetterlo, infatti, avrebbe potuto dirsi addirittura felice di non essere in orario per quello che stavano andando a fare.

Ancora si domandava quale forma di follia lo avesse spinto ad accettare quell'invito.
Era partito tutto il giorno prima, quando Domenico lo aveva chiamato per informarlo che il giorno seguente lui ed i suoi amici sarebbero andati a prendere un caffè, per cui non si sarebbero potuti incontrare.

Simone, ovviamente, non aveva fatto obiezioni. Gli aveva risposto che si sarebbero potuti incontrare un altro giorno, che non sarebbe stato un problema, che avevano tempo per accordarsi.

Tuttavia, Domenico sembrava aver pianificato diversamente.

Così, casualmente, lo aveva invitato a questa rimpatriata. E Simone aveva accettato, non solo perché non aveva voluto risultare maleducato, ma anche perché aveva promesso, sia a Giovanni che a se stesso, che per il bene di tutti avrebbe provato ad andare d'accordo con l'uomo.

D'altronde, era già stato a cena a casa sua; a quel punto, un aperitivo al bar non poteva essere così male.

C'era sempre il fattore Manuel, però. Nonostante la loro conversazione di qualche sera prima, volta a risolvere qualsiasi questione irrisolta tra loro, Simone sentiva comunque un peso gravare sul petto sapendo che lo avrebbe visto di nuovo, e certamente non sprizzava gioia da tutti i pori all'idea.

Una volta, il solo pensiero di passare del tempo con Manuel gli sembrava un sogno febbrile, l'essenza stessa della felicità.

Ora come ora, invece, gli pareva di vivere in un dolce, eterno incubo. E Manuel, maledetto, era la sua più grande fonte di paura.

Chissà cosa si prova, a non avere paura di amare.

"Che ore sono?"

Domenico sterzò con un movimento repentino, riuscendo finalmente a sgattaiolare via dall'infinita fila di macchine.

"Le sei e trenta." rispose Simone, accendendo lo schermo del telefono.

Sentì il più grande sbuffare. "Quanno arriviamo me mangiano, scommettiamo?"

"Vabbè dai, je spieghiamo che ce stava traffico."

"Io je spiego che c'è stava traffico. Te manco sanno che stai a venì—Manuel se prende n'colpo quando arriviamo, t'o dico."

Scacchi | Simone e ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora