'Amore' è una forte parola per una bambina, 'ossessione' lo anche di più, e se la bambina diventa una ragazza e non se ne dimentica, quella sì che può essere definita ossessione.
Ho sempre avuto una madre protensa per la follia, e non ho mai provato a capirla. Questo perché avevo altre persone accanto che mi aiutavano a superare la cosa e non diventare folle a mia volta. Più però andavo avanti con la vita e più ebbi paura di impazzire come mia madre, sino a quando non incontrai lei.
Un nome non lo aveva, la chiamavo semplicemente 'Lei', era un caldo pomeriggio d'autunno alla clinica psichiatrica dove mia madre andava portandomi appresso. Fumava una sigaretta davanti alla finestra, era magra come uno scheletro e aveva lunghissimi capelli neri, una carnagione pallidissima e lo sguardo perso nel nulla. Appena vide che la stavo scrutando curiosamente in un angolo mi sorrise con fare così dolce e fece cenno di avvicinarmi.
Mi disse tante cose ma quelle parole si sono perse nella memoria, tanto che per un lungo periodo pensai che fosse solo un sogno. Mi disse però "sei proprio carina." prima di stamparmi un bacio sulle labbra.
Da allora quell'odore di fumo misto a brezza marina mai lo dimenticai e ogni tanto quando giravo sola nelle strade della mia città avevo come l'impressione di sentirlo, tra una classe e l'altra ripensavo alla scena.
Fu solo alle superiori che però capii cos'era il vero amore. Non era l'affetto che provavo verso i miei due amici più cari, non era l'ossessione che provavo per 'Lei'.
Era tenero, lento e frustrante, poteva nascere e morire dal nulla, poteva mutare, complicarsi, poteva essere eterno se solo l'avessi voluto, ed'io non lo capivo per niente ma ci provavo...fino a che non divenni una fuggitiva.
In terzo superiore una mattina di settembre un largo gruppo di persone si erano radunate fuori dal cortile, tutte sussurravano della nuova studentessa straniera, io però quella mattina ero solo uscita per cercare 'quel tonto del mio migliore amico' Aoi, ma nonostante mi guardassi intorno non riuscivo a trovarlo. Quando notai la folla fui felice che per una volta non si sussurrava di me.
La nuova ragazza era figlia di gente ricca portava una collana di swarovski e i vestiti firmati. I capelli, tagliati cortissimi, avevano qualche ciocca colorata di blu, era la cosa che faceva parlare più di tutte, oltre ai suoi grandi occhi azzurri. Aveva un'espressione confusa ma sicura di sé e mentre la guardavo da lontano si rivolse verso di me, forse perché ero l'unica che non stava sussurrado a nessuno. Mi guardò per qualche secondo per poi sorridere genuinamente, incrociai le braccia e cercai di non curarmene sul momento ma la cosa ripensandoci mi diede molto fastidio senza un vero e proprio motivo.
"Che ne pensi della nuova ragazza?" Chiesi ad'Aoi durante il tragitto verso casa.
Aoi si grattó la nuca. "non l'ho vista bene, però sembra carina."
"Carina?!" esclamai leggermente offesa "Si vede che hai cattivo gusto."
Aoi rimase in silenzio, quando faceva così era perché non sapeva come rispondere oppure semplicemente voleva evitare il discorso. Come al solito lo presi in giro, era così divertente farlo un tempo.
Nei giorni successivi il prof d'inglese di cui ero la beniamina fu felice di dare il benvenuto alla nuova ragazza venuta dall'America, fu così che la mia antipatia verso di lei divenne invidia, ma era del tutto immotivata perché quel prof dava attenzioni a entrambe alla stessa maniera.
Un giorno però mi chiese di rimanere dopo lezione ed'io accettai. Fino a quel momento non mi ero mai accorta di come i suoi occhi mi guardavano, in maniera così poco pura che ne ebbi paura quando provó ad'avvicinarsi e mettermi le mani addosso, cercando di abbracciarmi e darmi un bacio, che la stima che provavo verso di lui si trasformó in delusione. Ad'un certo punto una leggera voce dalla porta si fece sentire. La ragazza straniera che aveva visto tutto o quasi cominció a sventolare i propri soldi in faccia al professore e minacciarlo di denuncia con una certa classe.
Fu così che mi trascinó via dall'aula prendendomi per mano e, una volta sedute sul prato del cortile, parlammo per la prima volta.
"Tutto okay?" mi chiese in inglese.
"Si..." risposi ancora leggermente scossa, per poi accorgermi della persona con cui stavo parlando.
La guardai più attentamente e notai la sua faccia costellata di lentiggini e le sue lunghe ciglia. Pensai 'Aoi aveva ragione, é piuttosto carina'.
"Mi chiamo Susanna, ma tu puoi chiamarmi Susie." Mi disse guardandomi negli occhi senza alcun pudore.
"Ayumi."le dissi porgendole la mano, lei la strinse tra le sue.
Susie distolse lo sguardo sorridendo." In realtà sapevo già il tuo nome." mi disse
"... Anche io il tuo."
E allora perché ci presentammo? Perché non riuscivo a guardarla per più di qualche secondo? Forse era l'antipatia o forse qualcos'altro, sta di fatto che mi ero trovata una nuova amica.
E forse sono solo le amicizie tra ragazze ad'essere così intense.
Le consigliai subito di non starmi troppo vicina, non andavo simpatica a molte persone, tant'è che l'unico vero amico che avevo era Aoi, lo stereotipo del 'perfetto studente' cui reputazione non si sarebbe mai macchiata anche stando con me.
Ma Susie era tosta, sia di testa che di cuore, sin dal primo giorno mi aveva notato e scelto come amica, non avrebbe cambiato idea in nessun modo. Ogni giorno mi aspettava all'entrata di scuola e all'uscita, si unì presto a me e Aoi per il cammino verso casa. Era caparba, locquace, portava una ventata di aria fresca a quel clima di tradizione che c'era sempre stato, e in poco tempo cominciai anch'io a sparlare delle altre persone, esclusivamente solo con lei.
E il nostro modo di comunicare era molto fisico oltre che comunicativo, spesso finivamo per tenerci per mano, ci abbracciavamo ogni mattina, ci chiamavamo in lunghi discorsi che sembravano non finire mai, ci volevamo bene. Così tanto che memorizzai il suo odore di violetta e ogni singola lentiggine, così come ogni sua caratteristica.
Un giorno eravamo nella sua stanza, la famiglia che ospitava Susie era molto gentile e discreta. Eravamo sedute a terra ascoltando qualche canzone pop americana del tempo. Non so come ma uscì l'argomento 'ragazzi'. Susie sospirò. "In America ho un fidanzato, sai?"
Rimasi sorpresa per un secondo ma cercai di non farlo percepire, la verità è che non ce la vedevo Susie con un ragazzo. "veramente?"
"Si, si chiama Marshall." disse facendomi vedere una polaroid di loro due con l'uniforme da equitazione. "Me lo avevano consigliato i miei genitori. Anche se è un po un cretino." mise di nuovo la polaroid delicatamente nel taschino. "E poi non sa baciare, o forse sono sbagliata io..."
Fu lì che mi guardó negli occhi ed'io cominciai a perdermi e diventare rosa. "Ah si? Hai mai provato?"
Susie scuoté la testa, e si sdraió col capo sulle mie gambe. Intanto continuó a guardarmi negli occhi come per chiedermi qualcosa. Le accarezzai qualche ciocca di capelli poi mi avvicinai per darle un bacio sulle labbra, molto leggero e delicato. Quando cercai di scostarmi però lei mi avvicinó la testa ancora di più alla sua, e disse "é pratica."
Fu così che mi infiló la lingua in bocca, prima da destra poi uscendo e andando a sinistra. Pensai nella mia mente 'é pratica.', ma mi faceva sentire qualcosa che non provavo da anni.
Bussarono alla porta e Susie mi lasciò la testa, entró così la signora della casa che ci aveva portato dei dolci fatti da lei, rompendo peró la magia di qualche secondo prima. Da allora non ne parlammo mai di cosa era successo ma la tensione di quel pomeriggio rimase nell'aria.
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Sarah
RomanceSarah scappa di casa ma poi succedono cose orribili e va bene così. Temi sensibili: menzioni di abuso di sostanze, assalto sessuale e malattie mentali Scene di sesso tra donne (non è un tema sensibile però se sei stronzo e non ti piace non leggere e...