Capitolo 7

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Silenzio.
Era questo che aveva sentito Luigi, quando aveva aperto la porta di casa.

Gli sembrò subito strano, perché sapeva che Mattia avrebbe dovuto essere a casa con lui, perché quella mattina aveva dato un esame e dovevano festeggiare.
Eppure la porta era aperta, quindi c'era.

Ed il suo amico, senza ombra di dubbio era rumoroso.
Quando c'era, tra le pareti aleggiava la musica latino-americana e, in più, rimbombava la voce stonata del biondo che cantava (provava a cantare, stonando) le parole di tutte le canzoni di cui si ricordava i testi.
E poi c'erano le risate, in suo continuo parlare.
E felicità.

Invece- invece quel giorno c'era silenzio, e nient'altro.

Luigi sospirò, poggiando le chiavi di casa sul mobiletto all'ingresso, dove mise poco dopo anche gli occhiali da sole con la montatura bianca.
Si sfilò il giubbotto di pelle e lo mise nell'appendiabiti, per poi passarsi le mani fra i capelli, "Matti?" lo chiamò.

Silenzio.
Sempre, sempre silenzio.

A passi svelti, si diresse verso la camera da letto del più piccolo.
E fu lì che lo trovò, raggomitolato in un bozzolo di coperte da cui si intravedevano solo i capelli biondi.

Il fotografo sospirò, sedendosi sul letto accanto a lui ed iniziando ad accarezzargli i capelli aurei, mentre con l'altra mano scostava la coperta quel tanto che bastava per scoprirgli il viso.
Gli occhi erano arrossati dal pianto.

"Matti, mi dici che succede?" gli aveva chiesto con la voce pregna di un affetto quasi paterno, "È andato male l'esame?"

Il fatto era che Luigi lo sapeva che Mattia era senza una famiglia, solo, ma che, al contempo, fosse così piccolo, e fragile.
E lui voleva dargli quel sostegno di cui sapeva che l'altro avesse bisogno.

Il biondo scosse la testa, allora il maggiore continuò a parlare, con quella voce calma e pacata, "Mi vuoi raccontare cos'è successo, mmh?"

"Lu" lo aveva chiamato piano, guardandolo per la prima volta negli occhi, "Secondo te sono una troia?"

La mano di Luigi si fermò, "Chi ti ha detto una cosa del genere?" La voce gli si indurì e la dolcezza scomparve.
"Non è importante."
"No, Matti. È importante. Nessuno, nessuno ha diritto di dirti queste cose" aveva replicato, "Ti va di dirmi chi te l'ha detto, per favore?"
"Uno con cui sono stato."

Il maggiore aveva sospirato, "Beh, sappi che questo con cui sei stato è una vera testa di cazzo."

E, mentre Luigi pronunciava queste parole, a chilometri di distanza c'era suddetta testa di cazzo, che, fino a qualche minuto prima, stava affondando dentro il corpo di Camilla, la sua ragazza, prendendola da dietro e stringendo i suoi capelli in un pugno.

In quel momento, invece, si stava rivestendo, mentre lei, distesa sul letto e con un sorriso pacifico sulle labbra, lo guardava con gli occhi castani che quasi brillavano.
"Ti va di uscire, stasera?" gli aveva chiesto.

"Stasera no" aveva risposto sbrigativo, perché davvero no, non aveva la minima intenzione di vederla due volte in un giorno, "Esco con Alex e qualche altro amico" le comunicò poi, come per giustificarsi, mentre rifletteva sul fatto che, effettivamente, non sarebbe stata una cattiva idea.
Vedendo, però, sul viso della ragazza una smorfia triste, continuò a parlare, "Potremmo fare domani, ti va?" propose, vedendola illuminarsi ed annuire freneticamente.
"Certo, amore mio. Quando vuoi, lo sai."
Christian si limitò a rivolgerle un sorriso tirato, a posarle un bacio sulla fronte e ad uscire dall'appartamento di lei.

Era a malapena fuori dal condominio quando aveva mandato un messaggio ad Alex per chiedergli se voleva uscire quella sera.

E fu in questo modo che, intorno alle dieci di sera, Christian si ritrovò ad andare in giro per i locali con Alex e Alberto, un ragazzo che sprizzava perennemente gioia da tutti i pori - in quel momento stava raccontando di come Serena, la sua ragazza, fosse assolutamente brillante e del fatto che avesse passato due mattoni all'università di chimica, dove studiava.

Alberto aveva gli occhi che brillavano ed il sorriso sulle labbra, mentre lo raccontava.
Era più che evidente quanto ogni parola fosse pregna di affetto ed entusiasmo, ed amore.
Christian non poteva fare a meno di guardarlo incuriosito, mentre un angolo del suo cervello gli sussurrava che, se solo fosse stato innamorato della sua ragazza, anche lui ne avrebbe parlato in quel modo.
Invece, c'erano delle volte in cui la tollerava appena.

La loro tappa era l'Amnesia, una discoteca in cui Serena e Cosmary teoricamente avrebbero dovuto raggiungerli, in pratica si trovavano già lì.

Loro, d'altro canto, erano sotto casa di Luca, un loro amico e niente poco di meno del figlio di Gigi D'Alessio - a Christian faceva ancora strano pensarci - che studiava economia, nello stesso indirizzo del suo coinquilino, Nunzio, un ragazzo siciliano dalla battuta sempre pronta e con una teatralità così esagerata che non poteva fare altro che causare risate a chiunque parlava con lui per più di cinque minuti.
Entrambi, disgraziatamente, erano dei ritardatari cronici e a loro, povere anime, toccava sempre l'ingrato compito di doverli aspettare.

Il moro osservò con la coda dell'occhio Alex, che si era allontanato per rispondere ad una telefonata di Cosmary.
A giudicare dalle smorfie infastidite che dipingevano il suo viso, aveva capito forse un quarto delle parole che stava pronunciando la sua ragazza.
Gli Eh?, i Parla più forte ed i Cosa hai detto? fioccavano - senza contare che alla voce pacata e bassa del castano se n'era contrapposta una decisamente più alta, quasi delle grida - tanto che anche Alberto (o, come preferiva farsi chiamare lui, Albe) non riuscì a non voltarsi nella sua direzione per guardarlo divertito, mentre i capelli color caramello, per via del vento, gli finivano sul viso.

Quando Alex tornò da loro, riportò con fare pragmatico ciò che gli era stato detto poco prima, "Cosmary mi ha detto che un po' di persone si sono unite a loro - una di queste è il fotografo dell'agenzia per cui lavora."

Alberto aprì la bocca per commentare, ma, proprio in quel momento, il portone d'ingresso si spalancò, rivelando le figure di Luca e Nunzio, con le guance leggermente accaldate ed il fiatone.
"C'è un guasto all'ascensore, tutta a piedi ce la siamo dovuta fare. Tutta a piedi" aveva esordito il primo, il marcato accento napoletano che risaltava ad ogni parola, per poi esser seguito da Nunzio.
"E pure di corsa l'abbiamo fatta. Per voi e solo per voi, eh, con la vostra mania di metterci fretta."

E Christian, davvero, non aveva voglia di ribattere che fossero in ritardo, che mezz'ora prima avrebbero dovuto incontrarsi in centro tutti insieme e che, invece, si erano ritrovati ad aspettarli sotto casa loro.
Quindi, dopo essersi fatto sfuggire uno sbuffo carico di disapprovazione, decise di non replicare, "Andiamo" si limitò a dire.

🍌🍌🍌🍌🍌🍌

Visto che non sono assolutamente permalosa, sono ancora offesa a morte con il mio ragazzo (Matti in confronto a me sei una pippa in questo senso, giuro)

Anche se ora mi sento un po' in colpa perché sto facendo la sostenuta mentre lui si è spappolato il ginocchio, mettendo troppo carico di pesi in palestra (è un coglione, lo so bene, ma alla fine lo amo pure per questo, dai)

Sono onestamente curiosa di sapere cosa pensiate succederà.

E come vi sembrano i vari rapporti che legano i personaggi della storia?

Biscottini a tuttə,
Gaia

Lollypop || Zenzonelli/Matian AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora