Capitolo 15

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Lunedì era la sera libera di Mattia, nell'infrasettimanale.
Quel giorno (qualora non lo si fosse inteso) era lunedì.

Per questa ragione, ne aveva approfittato per stare a casa. Dopo aver passato quasi l'intera giornata a studiare, chino sui libri, si era appollaiato sul divano, a guardare la televisione e sgranocchiare un pacco di patatine, che Luigi aveva aperto il giorno precedente - "Le mangio solo perché non diventino molli", si diceva, sicuro che aleggiare in quella bella illusione non fosse poi così male.

Solitamente, quando accendeva il televisore era per guardare programmi di politica o di cronaca; tuttavia, quel giorno non aveva proprio la testa per badarvi, con le tempie che parevano sul punto di prendere fuoco.
Un po' se ne vergognava, ma il Grande Fratello era la sua unica opzione.

Luigi gli aveva anche chiesto se volesse uscire con lui.
E Mattia amava uscire, andare in giro per i locali, essere guardato, ammirato (accresceva il suo ego, che era un'ottima compensazione per l'autostima calante) e parlare con le persone - come più di una volta gli aveva ripetuto Carola, lui non faceva socializzazione, lui era la socializzazione.

Però- però, di tanto in tanto, sentiva la strenua necessità di stare da solo con te stesso, in cui non parlava con nessuno e rimaneva in quello che amava chiamare uno stato vegetativo, con il pigiama ed un plaid addosso.
Anche per questa ragione aveva sistematicamente deciso di ignorare il suo cellulare che di tanto in tanto vibrava, come notifica dei messaggi.

Quando suonò il citofono, però, dal momento che non aspettava nessuno e fosse più che sicuro che Luigi avesse le chiavi, non poté che controllare che cosa gli avessero scritto e, soprattutto, chi lo avesse fatto.

Aggrottò le sopracciglia quando realizzò che fosse un suo collega con cui aveva ben poca confidenza.
Per questa ragione, fu l'unica chat di whatsapp che si preoccupò di aprire.

Marco Collega:
Guarda che ho dato il tuo
indirizzo a quel ragazzo con cui sei
andato via l'altro giorno. È carino.

Rabbrividì nel momento in cui capì di chi si trattasse.
Christian.

Gli veniva da ridere e piangere.
Tuttavia, trattenne la sua isteria, sul punto di sfociare, per dirigersi verso in citofono.
Con mani tremanti, prese la cornetta e l'avvicinò all'orecchio, "Chi è?" domandò, cercando di avere la voce il più ferma possibile.
"Sono Christian. Posso salire, per favore?"
Si schiarì la gola, "Certo" replicò, cliccando sul pulsante per aprire il portone al piano terra, "Abito al terzo piano. Però sappi che - umh - l'ascensore non funziona, devi salire a piedi o rischi di rimanerci dentro per ore, visto che l'assistenza fa sempre ritardo."
Qualche secondo di silenzio, in cui il biondo si ritrovò a trattenere il respiro. Poi, una risposta, "Nessun problema."
"Bene."
"Okay."

E, mentre Christian entrava dentro il palazzo un po' rovinato, Mattia si era fiondato a riprendere il telefono in mano.

La prossima volta che dai il mio
indirizzo a gente che non conosci giuro
su Dio che ti ammazzo.

Dopodiché, aveva cercato di riordinare alla bene e meglio la sala e di togliere le briciole dal tavolino.

Più per preoccupazione per le condizioni in cui si trovava in quel momento che per vanità, si guardò allo specchio dell'ingresso.
Quasi rabbrividì, mentre ogni parte di sé si pentiva amaramente di averlo fatto.
Aveva le occhiaie, i capelli scompigliati e, su una guancia, c'era il segno del cuscino del suo letto, che aveva spostato sul divano per potersi rilassare meglio.
In quel momento, avrebbe preferito decisamente che fosse rimasto seduto composto.
Stava giusto per cambiarsi la felpa che aveva addosso, visto che quella che indossava in quel momento aveva ben tre buchi.
Ma non fece neanche in tempo a togliersela, che Christian suonò il campanello della porta - porta che lui si affrettò ad aprire, nel più completo imbarazzo.

In qualche modo, fu rassicurante vedere il ragazzo che si ritrovava davanti a disagio quanto lo era lui.
Christian, infatti, pareva incurvato, con le mani affossate nelle tasche dei pantaloni, mentre si dondolava sui talloni.
"Ciao" esordì.
Gli occhi verdastri si puntarono nei suoi azzurri, "Ciao."
Si accostò, facendo un cenno con il capo verso l'interno dell'appartamento, "Prego, entra."
"Umh, grazie" replicò Christian, entrando. Si sfilò la giacca, "Posso poggiarla da qualche parte?"
"Lasciala pure sul divano." Poi, Mattia, prese un respiro profondo, "Posso chiederti perché sei qui, Christian?"
"Volevo sapere come stessi. Dopo quello che è accaduto, sai, mi sono un po' preoccupato."

Sospirò, "Senti, non c'è bisogno che ti preoccupi né niente. Sei stato uno stronzo, sì, ma non c'entri niente con quanto accaduto. Fatti pure passare i sensi di colpa ed ognuno andrà avanti con la sua vita, okay? Senza rancore."

Ed il moro, davvero, avrebbe voluto dirgli che, sensi di colpa a parte, era effettivamente preoccupato perché non si era mai ritrovato davanti ad una scena del genere. Che voleva semplicemente aiutarlo.
Ma non ce la fece. Perciò prese un respiro profondo, strinse le labbra fra di loro ed annuì, "Certo. Senza rancore."

🍰🍰🍰🍰🍰🍰

Hey,
scusate l'assenza, ma è un periodo un attimino complicato.
Spero che a voi tutto vada per il meglio.

Come vi sembra? Vi aspettavate un momento del genere? Sì? No?

Andrete al gay pride?

Biscottini a tuttə,
Gaia

Lollypop || Zenzonelli/Matian AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora