Capitolo 4

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Erano le cinque del mattino quando Mattia aveva messo di nuovo piede nel suo appartamento, con i piedi che gli dolevano ma un sorriso sulle labbra, nel ripensare a quel tête-à-tête avuto poco più di un'ora prima.

Quando entrò, la puzza di sigaretta gli fece storcere il naso, infastidito, e si apprestò a spalancare le finestre.
Luigi era un coinquilino eccellente, davvero, e ci aveva messo poco per guadagnarsi il titolo di migliore amico, malgrado i loro caratteri diametralmente opposti, con quella sua aria protettiva e paterna in cui Mattia ci si era avvolto come con una coperta, ma il fatto che fumasse dentro casa la notte perché, altrimenti, aveva troppo freddo, lo faceva sempre infervorare.
C'era puzza di fumo.

A passo di marcia, si diresse verso la stanza di Luigi e già da fuori si sentiva lo strimpellare della chitarra.
Spalancò la porta e lo trovò lì, il bel calabrese, che, in pigiama e con gli occhi ancora socchiusi dal sonno, suonava con la chitarra Telegraph road, dei Dire Straits, mentre mormorava le parole a mezza bocca tra un tiro di sigaretta e l'altro.

Per qualche secondo, Mattia si acquietò, perché quella canzone era un capolavoro ed il suo amico che la cantava lo era altrettanto.
Ed i capolavori sono fatti per essere ammirati.

Well a long time ago, came a man on a track
Walking thirty miles with a sack on his back
And he put down his load where he thought it was the best
He made a home in the wilderness

He built a cabin and a winter store
And he ploughed up the ground by the cold lake shore
And the other travellers came walking down the track
And they never went further, no they never went back

Then came the churches, then came the schools
Then came the lawyers, then came the rules
Then came the trains and the trucks with their loads
And the dirty old track was the Telegraph Road

Then came the mines, then came the ore,
Then there was the hard times, then there was a war
Telegraph sang a song about the world outside
Telegraph Road got so deep and so wide
Like a rolling river

Che poi, Luigi l'aveva notato.
Eccome se aveva notato il biondino, che, con la dolcezza di un generale dell'esercito, era entrato in casa producendo lo stesso rumore che avrebbe fatto un elefante in una cristalleria.

Gli aveva sempre fatto un'immensa tenerezza, quel ragazzino lì, con quegli occhioni azzurri che sembravano pronti ad avventurarsi per il mondo, quei lineamenti bambineschi, quell'aria svampita.
Non riusciva a non provare un moto di protezione nei suoi confronti.

Salvo le volte in cui lo aveva accompagnato al suo posto di lavoro, vedendo quanto Mattia non fosse effettivamente un bambino, si era sempre posto quasi in un ruolo paterno, quando si trattava di lui.
E non era l'età, no. Era proprio quella dolcezza innata nel modo in cui parlava ed in cui guardava le cose.
Era nell'affetto sconfinato e senza riserve che dava quando voleva bene a qualcuno.

Ricordava fin troppo bene il giorno in cui era entrato in crisi ipoglicemica in casa davanti a lui.
Quando si era risvegliato, lo aveva trovato piangendo disperato davanti al divano su cui era sdraiato.
Aveva balbettato, ancora terrorizzato da ciò che era accaduto, che gli aveva dato dello zucchero esattamente come gli aveva spiegato lui stesso, nell'eventualità che una cosa del genere avesse potuto verificarsi.

Lo aveva abbracciato, lo aveva stretto a sé come un bambino, malgrado il capogiro, perché non voleva farlo preoccupare.

Si era ripromesso che avrebbe fatto il possibile perché questo avvenisse il meno possibile.

Lollypop || Zenzonelli/Matian AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora